venerdì, dicembre 10, 2010
del nostro collaboratore redazionale Stefano Buso

Qualche sera fa, mentre aiutavo mia figlia a compilare “la letterina” per Papà Natale, ho ricevuto anticipatamente un regalo inaspettato. Nulla di materiale o esoso, tanto per esser chiari. Fra le varie richieste e desideri espressi nella missiva, una mi ha davvero colpito: “Mi piacerebbe dividere i miei doni con i bambini meno fortunati”. E così, il sogno di una bimba di soli sei anni diventa uno stimolo per gli adulti, spesso rapiti dalla frenesia per gli acquisti natalizi, e soprattutto dalla brama di possedere e poi… sfoggiare. Già, disponibilità e potere, nella completa noncuranza di chi – sfortunato – non può nemmeno sperare in un pasto decente nella giornata più significativa dell’anno, il Natale appunto.

Un po’ di cifre possono servire a offrire la visione di quanto capita a una parte dell’umanità meno fortunata di noi. Ogni giorno circa trentamila bambini sotto i cinque anni di età muoiono di fame, stenti e malattie di ogni genere (virosi, malattie infettive, diarrea, inedia), anche a causa delle labili condizioni igieniche che falcidiano senza pietà questi poveracci. I rapporti dell'Unicef sulla realtà dell'infanzia mondiale presentano aspetti drammatici, in particolare nell'Africa, in alcune zone del Sud America e nell'Asia meridionale, dove si verificano la stragrande maggioranza dei decessi infantili. Nascere nel Sud o nel Nord del mondo è una differenza sostanziale, poiché nel primo caso significa andare incontro ad una vita grama (se superata l’infanzia), e nel secondo avere discrete opportunità per progettare l’esistenza in modo decoroso. Oltre allo sconforto prendono il sopravvento rabbia e tanta impotenza.

Secondo stime e calcoli dell’ONU, si potrebbe raggiungere un obiettivo lusinghiero, cioè un calo consistente delle morti attuali tra la popolazione infantile dell’Africa subsahariana. In che modo? Non solo con l’invio di farmaci e medicamenti (senza dubbio fondamentali), ma anche con la formazione di medici e paramedici del luogo in modo che diventino professionalmente autonomi. Obiettivamente questa appare una strada in salita, e il quadro, già desolante, si aggrava a causa del disinteresse collettivo, poiché coloro che vivono il quotidiano senza difficoltà non hanno la percezione del disagio di quanti a stento sopravvivono. E in qualche caso, pur consciamente, continuano a far finta di nulla. Un resoconto triste, cinico, ma reale.

Le brutte notizie non sono però terminate: proprio dal continente africano giungono dati inquietanti relativi all’aumento di decessi per infezioni e complicazioni da HIV (Human Immunodeficiency Virus). Cronache che finiscono per dipingere di grigio questo Natale, e che tuttavia non possono né devono essere tralasciate. Se il sud del pianeta è afflitto da stenti ed infauste epidemie, il nord non è immune da un altro temibile morbo: l’indifferenza!

Il Natale che vorrei è in verità il desiderio di un’alba nuova: un mondo con le stesse opportunità e aspettative per chiunque. Forse un’illusione, un sogno assai difficile da realizzare. Credo che, e lo dico con profonda frustrazione, la richiesta formulata da mia figlia nella sua ingenua letterina natalizia non sarà esaudita.
Se è impossibile far comprendere a un bimbo gli intricati meccanismi che condizionano gli equilibri mondiali, nel concreto rimane la lezione di sincere solidarietà impartita da una mente acerba ma non per questo insensibile. Insegnamento da apprendere e quindi concretizzare, per pianificare il futuro e migliorare l’esistenza di ogni essere umano del pianeta. Nessuno escluso.


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