Una raccolta di firme (da inviare ad AsiaNews o direttamente al presidente pakistano) per cancellare la condanna della donna cristiana che attende l’impiccagione per blasfemia. Ma chiediamo anche di cancellare o cambiare la legge sulla blasfemia, che sta distruggendo la convivenza e lo sviluppo del Pakistan.
AsiaNews - Spinti dai nostri lettori, AsiaNews ha deciso di lanciar
e una raccolta internazionale di firme da inviare al presidente pakistano Asif Zardari perché salvi la vita di Asia Bibi, condannata all’impiccagione per blasfemia. AsiaNews chiede anche che il presidente Zardari cancelli o cambi l’iniqua legge sulla blasfemia, che uccide tante vittime innocenti e distrugge la convivenza nel Paese. Per sostenere queste richieste, vi chiediamo di inviare un messaggio a questo indirizzo e-mail: salviamoasiabibi@asianews.it
Potete anche inviare direttamente i messaggi all’indirizzo del presidente pakistano:
publicmail@president.gov.pk
La nostra campagna si affianca a diverse altre sorte in Italia (con Tv2000), in Pakistan, in India, negli Stati Uniti.
Asia Bibi, una donna cristiana di 45 anni, madre di cinque figli, è stata condannata a morte per blasfemia il 7 novembre scorso. Un tribunale del Punjab ha sentenziato che la donna, una lavoratrice agricola, ha offeso il profeta Maometto. In realtà, Asia Bibi è stata dapprima offesa come “impura” (perché non islamica); poi ha difeso la sua fede cristiana di fronte alle pressioni delle altri lavoranti musulmane. Il marito di una di loro, l’imam locale, ha deciso di lanciare l’accusa e denunciare la donna, che è stata prima picchiata, poi imprigionata e infine, dopo un anno, condannata.
Asia Bibi e suo marito Ashiq Masih hanno deciso di ricorrere in appello per rovesciare la sentenza. Intanto però, per la donna, si prospettano mesi di prigionia, alla mercé delle guardie carcerarie o di qualche fanatico che potrebbero eliminarla pensando di rendere gloria ad Allah.
Finora, infatti, la legge sulla blasfemia non ha portato all’esecuzione di nessuno degli accusati o condannati. Ma vi sono 33 accusati uccisi in prigione, da qualche guardia, o nelle vicinanze del tribunale. Gli ultimi in ordine di tempo sono due cristiani protestanti, il pastore Rashid Emmanuel e suo fratello Sajjad, colpiti in pieno viso con armi da fuoco mentre lasciavano la corte di Faisalabad
lo scorso 19 luglio. Ma a queste vittime dovremmo anche aggiungere i massacri di villaggi interi, a Gojra, Korian, Kasur, Sangla Hill, dove le case di centinaia di cristiani sono state date alle fiamme e dove donne e bambini sono stati uccisi o arsi vivi, solo perché un membro del villaggio era stato accusato di blasfemia.
È ormai evidente che questa legge è divenuta uno strumento nelle mani dei fondamentalisti, che aizzano i musulmani contro i cristiani per misurare l’ampiezza del loro potere sulla società pakistana. È pure evidente che la quasi totalità delle accuse di blasfemia nascono solo da invidie, vendette, competizioni, e che l’arresto dell’accusato è solo il primo passo per giungere al sequestro della sua terra, alla razzia, alle ruberie.
Desideriamo salvare Asia Bibi con tutto il cuore. Ma non possiamo accontentarci solo di questo. Dobbiamo premere perché questa legge, definita “oscena” dagli stessi pakistani, venga cambiata o meglio ancora, cancellata. Essa è stata voluta dal dittatore Zia ul-Haq nell’86, che in cambio di un “contentino” alla comunità islamica ha comprato il loro appoggio. Ma facendo questo ha messo le basi per la distruzione del Pakistan. Questo Paese, fondato come repubblica laica e neutrale verso le religioni, è divenuto uno Stato islamico, che uccide la sua stessa popolazione, distrugge il tessuto sociale e preoccupa la comunità internazionale.
La legge sulla blasfemia è divenuta una spada di Damocle su ogni persona e soprattutto su ogni minoranza, e ne fanno le spese i cristiani, gli ahmadi, gli indù, ma anche i musulmani sciiti e sunniti.
Cancellare questa legge – o almeno frenarla – ridà fiato alla convivenza interconfessionale in Pakistan e dà maggior slancio alla democrazia e allo sviluppo. Questo darà anche maggior respiro e sicurezza alla comunità internazionale, che vede con preoccupazione l’espandersi del dominio talebano in un Paese che ha ordigni nucleari.
Noi crediamo che l’unico baluardo alla crescita di fondamentalismo sia garantire una convivenza alla pari fra cristiani e musulmani. Per questo chiediamo che venga salvata la vita di Asia Bibi. E con questo chiediamo e speriamo che si salvi anche il Pakistan.
Potete anche inviare direttamente i messaggi all’indirizzo del presidente pakistano:
publicmail@president.gov.pk
La nostra campagna si affianca a diverse altre sorte in Italia (con Tv2000), in Pakistan, in India, negli Stati Uniti.
Asia Bibi, una donna cristiana di 45 anni, madre di cinque figli, è stata condannata a morte per blasfemia il 7 novembre scorso. Un tribunale del Punjab ha sentenziato che la donna, una lavoratrice agricola, ha offeso il profeta Maometto. In realtà, Asia Bibi è stata dapprima offesa come “impura” (perché non islamica); poi ha difeso la sua fede cristiana di fronte alle pressioni delle altri lavoranti musulmane. Il marito di una di loro, l’imam locale, ha deciso di lanciare l’accusa e denunciare la donna, che è stata prima picchiata, poi imprigionata e infine, dopo un anno, condannata.
Asia Bibi e suo marito Ashiq Masih hanno deciso di ricorrere in appello per rovesciare la sentenza. Intanto però, per la donna, si prospettano mesi di prigionia, alla mercé delle guardie carcerarie o di qualche fanatico che potrebbero eliminarla pensando di rendere gloria ad Allah.
Finora, infatti, la legge sulla blasfemia non ha portato all’esecuzione di nessuno degli accusati o condannati. Ma vi sono 33 accusati uccisi in prigione, da qualche guardia, o nelle vicinanze del tribunale. Gli ultimi in ordine di tempo sono due cristiani protestanti, il pastore Rashid Emmanuel e suo fratello Sajjad, colpiti in pieno viso con armi da fuoco mentre lasciavano la corte di Faisalabad
lo scorso 19 luglio. Ma a queste vittime dovremmo anche aggiungere i massacri di villaggi interi, a Gojra, Korian, Kasur, Sangla Hill, dove le case di centinaia di cristiani sono state date alle fiamme e dove donne e bambini sono stati uccisi o arsi vivi, solo perché un membro del villaggio era stato accusato di blasfemia.
È ormai evidente che questa legge è divenuta uno strumento nelle mani dei fondamentalisti, che aizzano i musulmani contro i cristiani per misurare l’ampiezza del loro potere sulla società pakistana. È pure evidente che la quasi totalità delle accuse di blasfemia nascono solo da invidie, vendette, competizioni, e che l’arresto dell’accusato è solo il primo passo per giungere al sequestro della sua terra, alla razzia, alle ruberie.
Desideriamo salvare Asia Bibi con tutto il cuore. Ma non possiamo accontentarci solo di questo. Dobbiamo premere perché questa legge, definita “oscena” dagli stessi pakistani, venga cambiata o meglio ancora, cancellata. Essa è stata voluta dal dittatore Zia ul-Haq nell’86, che in cambio di un “contentino” alla comunità islamica ha comprato il loro appoggio. Ma facendo questo ha messo le basi per la distruzione del Pakistan. Questo Paese, fondato come repubblica laica e neutrale verso le religioni, è divenuto uno Stato islamico, che uccide la sua stessa popolazione, distrugge il tessuto sociale e preoccupa la comunità internazionale.
La legge sulla blasfemia è divenuta una spada di Damocle su ogni persona e soprattutto su ogni minoranza, e ne fanno le spese i cristiani, gli ahmadi, gli indù, ma anche i musulmani sciiti e sunniti.
Cancellare questa legge – o almeno frenarla – ridà fiato alla convivenza interconfessionale in Pakistan e dà maggior slancio alla democrazia e allo sviluppo. Questo darà anche maggior respiro e sicurezza alla comunità internazionale, che vede con preoccupazione l’espandersi del dominio talebano in un Paese che ha ordigni nucleari.
Noi crediamo che l’unico baluardo alla crescita di fondamentalismo sia garantire una convivenza alla pari fra cristiani e musulmani. Per questo chiediamo che venga salvata la vita di Asia Bibi. E con questo chiediamo e speriamo che si salvi anche il Pakistan.
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