Le audizioni della Commissione antimafia in Sicilia e le smentite di Pisanu. I riflettori sono puntati sulle inchieste in corso a Palermo e Caltanissetta.
Liberainformazione - A diciotto anni dalle stragi di Capaci e via D'Amelio la verità sembra vicina, o meglio, più vicina di prima. Il pentito Spatuzza con le sue dichiarazioni ha - di fatto – rimesso in discussione tre gradi di giudizio sul processo Borsellino, palesando i contorni di un depistaggio istituzionale su quelle indagini. E non soltanto su via D'Amelio: dal fallito attentato all'Addaura al giudice Falcone, passando per la strage di Capaci, sino agli attentati del '93, si stanno rivedendo processi, nomi, luoghi e riscrivendo pezzi di una storia che non si doveva sapere. Tanto da coprirla, con silenzi, depistaggi e archiviazioni. La “scatola nera” della seconda Repubblica è in corso di lettura, in particolare, nei due processi che si stanno svolgendo a Palermo, sulla mancata cattura del Boss Bernardo Provenzano (quello che sui media è detto “sulla trattativa”) e a Caltanissetta su via D'Amelio. Da qualche settimana sono iscritti nel registro degli indagati tre poliziotti Vincenzo Ricciardi, Mario Bo e Salvatore La Barbera (i tre facevano parte del gruppo speciale d'indagine 'Falcone - Borsellino' che indagava sulle stragi di Capaci e via D'Amelio e che era diretto dall'ex capo della mobile poi questore a Palermo, Arnaldo La Barbera) in merito all'ipotesi che vi sia stata una precisa regia dietro le dichiarazioni del falso pentito, Vincenzo Scarantino, mafioso del quartiere Guadagna di Palermo.
Per la prima volta da quel tragico 1992 una Commissione antimafia ha scelto di occuparsi di quel periodo storico in cui un'azione terroristico – mafiosa “mise in grave pericolo la nostra democrazia”. Ha usato proprio questa espressione il 30 giugno scorso il presidente, Beppe Pisanu, quando con una breve relazione introduttiva ha dato il via ai lavori della Commissione antimafia su questo tema. In quell'occasione Pisanu aveva aggiunto: «È ragionevole ipotizzare che nella stagione dei grandi delitti e delle stragi si sia verificata una convergenza di interessi tra Cosa Nostra, altre organizzazioni criminali, logge massoniche segrete, pezzi deviati delle istituzioni, mondo degli affari e della politica». Da ieri la Commissione antimafia si trova in Sicilia per una tre giorni di audizioni con i magistrati palermitani e nisseni.
«Non so se la politica saprà reggere la verità che sta emergendo sulle stragi». Questo avrebbe dichiarato ieri ai giornalisti davanti alla prefettura di Palermo, il pubblico ministero Domenico Gozzo prima di entrare in audizione con la Commissione. «Una verità che passa anche attraverso alcuni apparati istituzionali – avrebbe aggiunto Messineo». Frasi che sono state subito raccolte e rilanciate dai media, trovano però subito una smentita da parte del presidente Pisanu che si affretta a precisare: “non abbiamo parlato di questo in audizione”. La seduta, come spesso accade quando la Commissione antimafia si trova in trasferta, è stata secretata. Impossibile quindi conoscere il contenuto di quanto detto dai pm in quella sede. Quel che è certo è che si è parlato della situazione attuale delle indagini, del cosiddetto “depistaggio istituzionale”, delle rivelazioni di Spatuzza e della mancata protezione del collaboratore di giustizia, e dei contorni della “trattativa” intercorsa fra parti dello Stato e della mafia.
In questi giorni da Caltanissetta, intervistato dal corrispondente dell'Unità, Nicola Biondo, in merito proprio alla trattativa mafia – Stato, Nico Gozzo, ha dichiarato: «Borsellino muore anche per la trattativa. E ci sono molte persone che lo potrebbero raccontare. Alcune di esse vanno ricercate tra alcuni dei cosiddetti “amici” di Paolo Borsellino. La cifra essenziale della sua morte è la solitudine e il tradimento». Ci sono ancora persone che sanno e non hanno parlato. Ci sono persone che stanno ricordando, che provano a nascondersi dietro fisiologici “non ricordo”. E' sul livello politico delle verità non dette su quegli anni che la Commissione antimafia proverà a lavorare e dare il suo contributo. «Il fatto - ha sottolineato ieri Gozzo ai giornalisti – è se la politica sarà in grado di raccogliere queste verità».
«Sono abbastanza ottimista sulla possibilità' che venga finalmente fuori tutta la verità' sulla stagione delle stragi – ha dichiarato il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, in una intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica poco prima di entrare in audizione dalla Commissione antimafia. Ne sono convinto perché' al contrario della quasi rimozione che l'argomento per anni ha vissuto nel nostro Paese, percepisco un rinnovato interesse dell'opinione pubblica, dell'informazione e anche da una parte della politica». In particolare Ingroia sottolinea che «le indagini di Caltanissetta stanno consentendo di rilevare scenari agghiaccianti che purtroppo danno ragione a chi, come me nell'estate del '92 ebbe già' la certezza che quella di via D'Amelio non era strage solo di mafia. Depistaggi di tipo istituzionale sarebbero incomprensibili se destinati a coprire uomini di mafia. Possono avere senso solo se destinati a coprire responsabilità' di pezzi dello Stato».
In attesa che le indagini proseguano il cammino della Commissione procede in questa direzione per provare a riscrivere una verità politica e storica sulla quale si attende che in molti ritrovino la memoria persa in questi lunghissimi 18 anni senza verità è giustizia.
Liberainformazione - A diciotto anni dalle stragi di Capaci e via D'Amelio la verità sembra vicina, o meglio, più vicina di prima. Il pentito Spatuzza con le sue dichiarazioni ha - di fatto – rimesso in discussione tre gradi di giudizio sul processo Borsellino, palesando i contorni di un depistaggio istituzionale su quelle indagini. E non soltanto su via D'Amelio: dal fallito attentato all'Addaura al giudice Falcone, passando per la strage di Capaci, sino agli attentati del '93, si stanno rivedendo processi, nomi, luoghi e riscrivendo pezzi di una storia che non si doveva sapere. Tanto da coprirla, con silenzi, depistaggi e archiviazioni. La “scatola nera” della seconda Repubblica è in corso di lettura, in particolare, nei due processi che si stanno svolgendo a Palermo, sulla mancata cattura del Boss Bernardo Provenzano (quello che sui media è detto “sulla trattativa”) e a Caltanissetta su via D'Amelio. Da qualche settimana sono iscritti nel registro degli indagati tre poliziotti Vincenzo Ricciardi, Mario Bo e Salvatore La Barbera (i tre facevano parte del gruppo speciale d'indagine 'Falcone - Borsellino' che indagava sulle stragi di Capaci e via D'Amelio e che era diretto dall'ex capo della mobile poi questore a Palermo, Arnaldo La Barbera) in merito all'ipotesi che vi sia stata una precisa regia dietro le dichiarazioni del falso pentito, Vincenzo Scarantino, mafioso del quartiere Guadagna di Palermo.Per la prima volta da quel tragico 1992 una Commissione antimafia ha scelto di occuparsi di quel periodo storico in cui un'azione terroristico – mafiosa “mise in grave pericolo la nostra democrazia”. Ha usato proprio questa espressione il 30 giugno scorso il presidente, Beppe Pisanu, quando con una breve relazione introduttiva ha dato il via ai lavori della Commissione antimafia su questo tema. In quell'occasione Pisanu aveva aggiunto: «È ragionevole ipotizzare che nella stagione dei grandi delitti e delle stragi si sia verificata una convergenza di interessi tra Cosa Nostra, altre organizzazioni criminali, logge massoniche segrete, pezzi deviati delle istituzioni, mondo degli affari e della politica». Da ieri la Commissione antimafia si trova in Sicilia per una tre giorni di audizioni con i magistrati palermitani e nisseni.
«Non so se la politica saprà reggere la verità che sta emergendo sulle stragi». Questo avrebbe dichiarato ieri ai giornalisti davanti alla prefettura di Palermo, il pubblico ministero Domenico Gozzo prima di entrare in audizione con la Commissione. «Una verità che passa anche attraverso alcuni apparati istituzionali – avrebbe aggiunto Messineo». Frasi che sono state subito raccolte e rilanciate dai media, trovano però subito una smentita da parte del presidente Pisanu che si affretta a precisare: “non abbiamo parlato di questo in audizione”. La seduta, come spesso accade quando la Commissione antimafia si trova in trasferta, è stata secretata. Impossibile quindi conoscere il contenuto di quanto detto dai pm in quella sede. Quel che è certo è che si è parlato della situazione attuale delle indagini, del cosiddetto “depistaggio istituzionale”, delle rivelazioni di Spatuzza e della mancata protezione del collaboratore di giustizia, e dei contorni della “trattativa” intercorsa fra parti dello Stato e della mafia.
In questi giorni da Caltanissetta, intervistato dal corrispondente dell'Unità, Nicola Biondo, in merito proprio alla trattativa mafia – Stato, Nico Gozzo, ha dichiarato: «Borsellino muore anche per la trattativa. E ci sono molte persone che lo potrebbero raccontare. Alcune di esse vanno ricercate tra alcuni dei cosiddetti “amici” di Paolo Borsellino. La cifra essenziale della sua morte è la solitudine e il tradimento». Ci sono ancora persone che sanno e non hanno parlato. Ci sono persone che stanno ricordando, che provano a nascondersi dietro fisiologici “non ricordo”. E' sul livello politico delle verità non dette su quegli anni che la Commissione antimafia proverà a lavorare e dare il suo contributo. «Il fatto - ha sottolineato ieri Gozzo ai giornalisti – è se la politica sarà in grado di raccogliere queste verità».
«Sono abbastanza ottimista sulla possibilità' che venga finalmente fuori tutta la verità' sulla stagione delle stragi – ha dichiarato il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, in una intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica poco prima di entrare in audizione dalla Commissione antimafia. Ne sono convinto perché' al contrario della quasi rimozione che l'argomento per anni ha vissuto nel nostro Paese, percepisco un rinnovato interesse dell'opinione pubblica, dell'informazione e anche da una parte della politica». In particolare Ingroia sottolinea che «le indagini di Caltanissetta stanno consentendo di rilevare scenari agghiaccianti che purtroppo danno ragione a chi, come me nell'estate del '92 ebbe già' la certezza che quella di via D'Amelio non era strage solo di mafia. Depistaggi di tipo istituzionale sarebbero incomprensibili se destinati a coprire uomini di mafia. Possono avere senso solo se destinati a coprire responsabilità' di pezzi dello Stato».
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