giovedì, giugno 03, 2010
Mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia, è stato ucciso oggi a Iskenderun, in Turchia. Lo ha confermato, ai nostri microfoni, il vescovo di Smirne, mons. Ruggero Franceschini.

Radio Vaticana - Mons. Padovese era nato a Milano 63 anni fa: entrato nell'Ordine dei Frati Cappuccini era stato ordinato sacerdote nel 1973 e consacrato vescovo nel 2004. "Un fatto orribile, siamo costernati": queste le prime parole del direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi nell'apprendere la notizia dell'assassinio (ascolta):

“Si tratta di una notizia orribile che ci lascia profondamente sconcertati e, naturalmente, addoloratissimi. Mons. Padovese è stata una persona che ha avuto grandi meriti per la testimonianza della vita della Chiesa nella Turchia, quindi in situazioni anche difficili; è stata una persona dedita al Vangelo, coraggiosa e questa sua morte che ci fa pensare spontaneamente anche a quella di don Santoro, ci fa vedere come la testimonianza della Chiesa in certe situazioni possa essere pagata anche con il sangue. Vi sarà necessità di capire meglio anche le circostanze o i moventi di questa morte; rimane che è una vita donata per il Vangelo. E alla vigilia di un viaggio del Papa verso il Medio Oriente anche proprio per incoraggiare le comunità cristiane che vivono in questa regione, questo fatto fa capire molto profondamente quale problema di solidarietà della Chiesa universale, di sostegno per queste comunità cristiane sia assolutamente urgente, necessario”.



Pubblichiamo l'ultima intervista rilasciata alla Radio Vaticana da mons. Padovese il 5 febbraio scorso per ricordare l'anniversario dell'assassinio di don Andrea Santoro, il sacerdote fidei donum ucciso quattro anni fa nella chiesa di Santa Maria a Trabzon, in Turchia. Ecco la sua testimonianza al microfono di Davide Dionisi:

R. - Mi piace rilevare che sia stato ucciso come simbolo, come realtà di sacerdote cattolico. Non è stata uccisa soltanto la persona, ma si è voluto colpire il simbolo che la persona rappresentava: ricordarlo in questo momento, all’interno dell’anno dedicato ai sacerdoti, è quanto mai significativo, per ricordare a tutti noi che la sequela di Cristo può arrivare anche all’offerta del proprio sangue.



D. – A che punto è il dialogo in Turchia, mons. Padovese?



R. – Il dialogo in Turchia, segue momenti alterni. Ci sono tante espressioni di buona volontà da parte anche delle autorità. Si intende il dialogo con la parte civile. Devo dire però che effetti vistosi di questo dialogo ancora non se ne vedono tanti. Un buon rapporto si è creato con il nuovo ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede, anche con alcune autorità locali, ci sono attestazioni di volontà di collaborazione. Ecco su questo punto devo dire che i segni ci sono. Per quello che riguarda poi certe richieste concrete che sono state fatte, come ad esempio la Chiesa di Tarso, ci troviamo in una situazione ancora di stallo.



D. – Quale è l’impegno della Chiesa, quotidiano e a medio termine, per incentivare il dialogo?



R. – Abbiamo avuto l’incontro della Conferenza Episcopale turca, e pensiamo che il dialogo debba innanzitutto partire da una presa di coscienza dei cristiani stessi in Turchia, cioè essere coscienti della propria identità e di quello che sono. E’ inutile pensare ad un dialogo con chi non è cristiano, quando non si è pienamente consapevoli di quello che si è. Quindi buona parte della nostra azione pastorale quest’anno, è, e sarà concentrata nel rendere i cristiani più consapevoli della propria identità. A parte questo ci saranno i momenti di incontri a livello nazionale per i sacerdoti del Paese e i vescovi a Efeso. E’ la prima volta che comunità cristiane di diversi riti, ci ritroviamo a pregare e a riflettere insieme sulle situazioni della Chiesa in Turchia.


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