sabato, giugno 05, 2010
L’Italia, da sempre sensibile alle novità gastronomiche, ha abbracciato la consuetudine di consumare il pesce crudo. Chiaramente non si tratta di un costume culinario locale (molluschi a parte), ma tant’è, tutto si evolve alla velocità della luce e persino la gastronomia subisce repentini cambiamenti. Ciò premesso, il pesce crudo si può consumare o no?

pesce crudodel nostro collaboratore Stefano Buso

I rischi legati al consumo di pescato crudo non sono affatto ipotetici, perché in alcune specie ittiche (non in tutte) può albergare l’Anisakis, un parassita trasmesso all’uomo attraverso il pesce crudo o cotto in modo approssimativo. All’interno dell’organismo l’Anisakis si attacca alle pareti dello stomaco (oppure del colon) lesionando la mucosa e scatenando non poche patologie. Svariati i pesci che possono trasmettere l’infausto parassita, tutti noti perché presenti da lustri nei nostri menù. Tra i più noti il tonno, la sardina, l’acciuga, il merluzzo, il nasello, lo sgombro e tanti altri. In ogni caso produrre un mero elenco di fauna marina foriera del parassita non serve a nulla. Probabilmente solo a scatenare illogiche fobie prive di fondamento. Inoltre, liste relative sono visibili e fruibili ovunque. Ciò che è altresì importante è l’atteggiamento da adottare al ristorante o a casa. Meglio evitare l’utilizzo di pesce crudo, oppure, approfittando di norme igieniche consolidate e buon senso, attuare una condotta fiduciosa?
Va detto che non è appurato che un pesce appartenente alle categorie “a rischio” detenga l’Anisakis. Infatti, i controlli, oltre ad essere puntuali, servono a garantire la sicurezza dei consumatori e a non creare inutili allarmismi. In pratica, il pesce prima di arrivare sui banchi delle distribuzione affronta severi test sanitari. Le indagini a campione sono applicate in fase di sbarco sui lotti di pescato allo scopo di individuare eventuali partite contaminate dall’Anisakis. E naturalmente proseguono anche dopo a tutela della sicurezza alimentare. Nella ristorazione c’è l’obbligo di congelare a –20° per 24 ore il pesce destinato al consumo crudo o per la preparazione di ricette a base di prodotto ittico non cotto. A questo proposito va senz’altro menzionata la serietà e la professionalità che da sempre contraddistingue la ristorazione il mondo dell’ospitalità italiana. Su questo delicato versante fruitori e gourmet possono essere davvero tranquilli.
E a casa? Osservare scrupolosamente le indicazioni impartite è fondamentale sia in un locale dove si cucina per tanti avventori che a domicilio per scansare eventuali infestazioni. Chi ha intenzione di consumare il pesce crudo una volta acquistato deve senz’altro congelarlo a –20° per almeno 24 ore. Sinteticamente identica prassi in uso nella ristorazione. E allora, pesce crudo sì, ma con tutte le opportune precauzioni, osservando rigorosamente i consigli igienici. In caso di dubbi è consigliabile rivolgersi al settore alimenti della Asl locale. In tal modo si eviteranno spiacevoli disavventure e il pesce potrà essere gustato con tutta tranquillità.
Tradotto, vuol dire mangiare in modo appagante usando il buon senso senza cadere nella trappola della paura ingiustificata.

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