lunedì, marzo 15, 2010
Tanzania e Zambia chiedono di sospendere il divieto di commercio di zanne d'elefante. Una questione non solo africana: da che parte stanno l'Onu, l'Europa e la Cina?

PeaceReporter - In Africa, si sa, l'ambiente e la natura godono di un rispetto che in molti paesi industrializzati appare semplicemente impensabile. Ormai da decenni, per esempio, i governi africani hanno recepito e ratificato le convenzioni internazionali sulla tutela del patrimonio ambientale e sulla protezione delle specie in via di estinzione. La più importante di queste è certamente la Cites, convenzione Onu stipulata nel 1973. Il 13 marzo si apre a Doha, in Qatar, la quindicesima sessione dell'assemblea della Cites, nella quale si discuterà delle regole per il commercio di specie animali e vegetali rare. Proprio in questa occasione, tuttavia, un paio di stati africani potrebbero contraddire la loro decennale attenzione alla salvaguardia delle specie a rischio. Dal 1989, infatti, vige una moratoria Cites sul commercio di avorio ricavato da zanne di elefante. Tutti gli stati africani interessati hanno sottoscritto la misura e solo tre anni fa è stato permesso ad alcuni paesi dall'Africa australe di vendere, una tantum, le proprie riserve di avorio accumulate negli anni. Tuttavia, già allora emerse chiaramente il non facile monitoraggio della provenienza delle zanne, che in alcuni casi denunciati dagli ambientalisti derivavano da bracconaggio e caccia illegale degli elefanti.
Nonostante la negativa esperienza, proprio in questi giorni Tanzania e Zambia stanno esercitando pressioni affinché venga accolta la loro richiesta di effettuare una "one-off sale", una vendita eccezionale di decine di tonnellate di avorio stoccate in depositi non meglio definiti. La Tanzania ne avrebbe 90 tonnellate, lo Zambia 22. Derivanti da zanne di elefanti morti per cause naturali. Naturalmente. Motivo della richiesta: le spese di mantenimento sono troppo alte. I proventi della vendita dell'avorio, stimati in almeno 15 milioni di dollari complessivi, sarebbero poi investiti nella protezione delle decine di migliaia di elefanti della savana dei due paesi. Quello che resta, verrà speso per la popolazione civile. Gli elefanti morti salveranno dunque gli elefanti vivi, e forse i cittadini tanzaniani e zambiani.

L'opposizione è durissima, e non solo da parte delle organizzazioni ambientaliste. I più strenui oppositori delle proposte di Dar es Salaam e Lusaka sono infatti gli altri stati africani, guidati dal Kenya. Un'altra autorizzazione a vendere l'avorio, sostengono, servirebbe solo a dare nuova linfa al commercio illegale, che in realtà non si è mai fermato. Proprio da Tanzania e Zambia, peraltro, partirebbero le principali direttrici dei traffici illeciti di avorio, soprattutto verso l'estremo oriente. Il 40 per cento di tutto l'avorio sequestrato negli ultimi cinque anni proviene proprio dalla Tanzania. Nel 2009, per esempio, sono state sequestrate tre navi cariche di rifiuti plastici, che in realtà nascondevano oltre sei tonnellate di zanne d'elefante, partite da Dar es Salaam e dirette in Vietnam e Filippine, via Dubai. A dire il vero, i traffici coinvolgono anche altri paesi africani: lo Zambia, privo di sbocchi al mare, si serve infatti dei porti mozambicani e sudafricani, per commerciare il suo avorio con Cina, Singapore e Giappone. Dove il sostegno sarebbe garantito dalle locali e potentissime "mafie". La maggiore richiesta di avorio proviene in ogni caso dalla Cina, autorizzata ad importarlo legalmente - insieme al Giappone - solo dal 2008.
Come se non bastasse, lo Zambia ha inserito nella sua proposta anche l'aumento da venti a cento delle unità di elefanti che possano essere uccisi ogni anno con la caccia sportiva. Scommettendo evidentemente sul gusto esotico dell'Occidente per i safari. In questo modo, vendute le scorte di magazzino, si potrà attingere anche agli elefanti vivi. Altro che protezione della specie.
La contrarietà degli altri paesi non è diretta solo ai due stati che propongono la "moratoria alla moratoria", quanto piuttosto alla stessa Cites e all'Unione Europea, a causa del loro atteggiamento "ambivalente" e dei presunti favoritismi del passato, che potrebbero ripetersi nel caso della Tanzania e dello Zambia.

Le strategie politiche sono ben definite e gli elefanti sono solo un pretesto. Se l'Europa contribuirà a non far svuotare i depositi tanzaniani e zambiani, il Kenya e i suoi alleati promettono in cambio di votare con l'Ue a favore delle restrizioni sul commercio del tonno, cui si oppone il Giappone.
Il segretariato generale della Cites, da parte sua, non ritiene necessaria una discussione complessiva in assemblea. La richiesta è limitata a due stati, non riguarda altri paesi.
Nel 2007, anno dell'ultima autorizzazione all'"asta" dell'avorio, si stabilì che non ci sarebbero state simili vendite eccezionali per almeno nove anni. Ma gli interessi, anche nel caso di Zambia e Tanzania, vertono su questioni economiche e non ambientali. Anche nel 2010, l'Anno Internazionale della Biodiversità.

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