Tensione a Gerusalemme, dove si sono verificati scontri tra la polizia israeliana e gruppi di palestinesi in occasione della odierna “Giornata della collera” decretata da Hamas per protestare contro i progetti ebraici a Gerusalemme est. Intanto, l’emissario statunitense per il Medio Oriente, Mitchell, ha rinviato la sua visita in Israele. Benedetta Capelli (ascolta):
Radio Vaticana - Lacrimogeni, granate, lanci di sassi. E’ lo scenario cui si è assistito stamani a Gerusalemme tra la polizia israeliana e gruppi di palestinesi. Teatro dei disordini la periferia nord della Città santa, incidenti si sono registrati nel campo profughi di Kalandya, vicino a Ramallah, e in altre località della Cisgiordania. Il bilancio è di una cinquantina di contusi o feriti lievi tra i manifestanti e i poliziotti israeliani. L’area rimane blindata con tremila agenti a vigilare anche gli accessi a Gerusalemme, per impedire che i palestinesi di cittadinanza israeliana, residenti in Galilea, arrivino a dare man forte ai manifestanti. A far scatenare la tensione l’odierna “Giornata della collera” proclamata da Hamas contro l'espansione ebraica nella parte orientale di Gerusalemme e all'indomani dell'inaugurazione della grande sinagoga Hurva, situata entro le mura della Città vecchia che – secondo la tradizione – sarebbe il preludio alla rinascita di un tempio ebraico addirittura sulla Spianata, al posto della moschea Al Aqsa. Accanto a quello che succede sul terreno, c’è anche una crisi diplomatica che si sta consumando tra gli Stati Uniti e Israele, culminata nel rinvio della missione prevista per oggi dell’inviato americano per il Medio Oriente, Mitchell, e che segue l’ennesima conferma ieri da parte del premier ebraico, Netanyahu, di non interrompere gli insediamenti a Gerusalemme Est. Oltre agli Stati Uniti, ha protestato anche l’Alto Rappresentante europeo per gli Esteri, Catherine Ashton, che dal Cairo ha sottolineato che gli insediamenti minano i negoziati di pace. Negoziati ai quali – risponde l’Autorità nazionale palestinese (Anp) – Netanyahu non sarebbe interessato.
Radio Vaticana - Lacrimogeni, granate, lanci di sassi. E’ lo scenario cui si è assistito stamani a Gerusalemme tra la polizia israeliana e gruppi di palestinesi. Teatro dei disordini la periferia nord della Città santa, incidenti si sono registrati nel campo profughi di Kalandya, vicino a Ramallah, e in altre località della Cisgiordania. Il bilancio è di una cinquantina di contusi o feriti lievi tra i manifestanti e i poliziotti israeliani. L’area rimane blindata con tremila agenti a vigilare anche gli accessi a Gerusalemme, per impedire che i palestinesi di cittadinanza israeliana, residenti in Galilea, arrivino a dare man forte ai manifestanti. A far scatenare la tensione l’odierna “Giornata della collera” proclamata da Hamas contro l'espansione ebraica nella parte orientale di Gerusalemme e all'indomani dell'inaugurazione della grande sinagoga Hurva, situata entro le mura della Città vecchia che – secondo la tradizione – sarebbe il preludio alla rinascita di un tempio ebraico addirittura sulla Spianata, al posto della moschea Al Aqsa. Accanto a quello che succede sul terreno, c’è anche una crisi diplomatica che si sta consumando tra gli Stati Uniti e Israele, culminata nel rinvio della missione prevista per oggi dell’inviato americano per il Medio Oriente, Mitchell, e che segue l’ennesima conferma ieri da parte del premier ebraico, Netanyahu, di non interrompere gli insediamenti a Gerusalemme Est. Oltre agli Stati Uniti, ha protestato anche l’Alto Rappresentante europeo per gli Esteri, Catherine Ashton, che dal Cairo ha sottolineato che gli insediamenti minano i negoziati di pace. Negoziati ai quali – risponde l’Autorità nazionale palestinese (Anp) – Netanyahu non sarebbe interessato.| Tweet |
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