della nostra redattrice Monica Cardarelli
“Non esistono ragazzi cattivi”, edito da Edizioni Paoline, è la storia di un incontro, quell’incontro che conduce alla scoperta di una vocazione nella vocazione. L’incontro di Don Claudio Burgio con quei ragazzi che lo renderanno così come egli è oggi, che lo aiuteranno nel tempo a scoprire ciò che è e ciò che il Signore ha sognato per lui. Una vocazione sacerdotale, la sua, già presa e confermata, ma dall’incontro apparentemente fortuito in oratorio con ‘quelli là’ Don Claudio percepisce qualcosa di indescrivibile. Si tratta di una sintonia, di una specie di equilibrio tra le due parti della relazione, perché di relazioni umane si parla, in cui il sacerdote riesce a porsi in ascolto dell’altro e a scoprire tutte le potenzialità e i doni seppur nascosti dei ‘ragazzi di strada’.“Per ascoltare bene, innanzi tutto occorre fare silenzio esteriore e interiore. Poi occorre accogliere le parole che ci vengono dette. E infine si tratta di capire le cose dette, come sono dette, perché dette a me. (…) Il giovane deve capire, sentire, che sei lì proprio per lui, stai ascoltando proprio lui e con lui vuoi costruire un percorso del quale ti fai guida”. Queste alcune delle parole di Don Gino Riboldi nella prefazione al libro. Don Riboldi continua sottolineando l’importanza dell’educazione nella nostra società e come questa non sia da relegare solo ai genitori: “Proprio perché il bene fondamentale per ogni essere umano, il pilastro dell’educazione e della crescita, si chiama relazione. (…) Si tratta di giustizia innanzitutto, poi di relazione, di scambio, di solidarietà, di perdono, perfino della giusta punizione e poi di tutte le forme di cura che nascono tra gli esseri.”
Il libro “Non esistono ragazzi cattivi”, secondo le intenzioni dell’autore, “nasce dall’esigenza di raccontare, attraverso la narrazione autobiografica, la straordinaria avventura dell’educare che appartiene a ciascun uomo”, ma, prosegue Don Claudio nella postfazione “queste pagine sono anche espressione di un sogno: far sì che si torni a parlare di educazione, più che di sicurezza, far sì che si accendano volontà politiche capaci di investire risorse, perché la tutela del minore non resti uno slogan”.
Non dobbiamo però cadere in un facile equivoco, perché questo libro non è un manuale educativo o un prontuario per educatori, tanto meno un luogo di riflessioni teoriche sull’arte e la disciplina della formazione. Dalle pagine di Don Claudio Burgio si percepisce tutta la sua umanità, che sussiste prima delle parole espresse e da cui si diradano le relazioni umane con i ragazzi del carcere minorile di Milano, il Cesare Beccarla, fino ad arrivare ai ragazzi della prima comunità Kayros voluta dallo stesso Don Claudio. L’Associazione Kayros infatti (www.kayros.it) è nata nel 2000 per rispondere alle necessità di accoglienza di minori in difficoltà. Col tempo le comunità di accoglienza si sono moltiplicate e, attualmente, sono presenti a Milano e nell’hinterland milanese, a Vimodrone, Segrate e Giussano.
Kayros significa ‘tempo opportuno’, ‘momento favorevole’. Il sogno di Don Claudio Burgio e dei volontari che lo hanno seguito in questa avventura era di offrire ai ragazzi, a ‘quelli là’, un ‘momento favorevole’, la conoscenza di un tempo diverso, di un’opportunità diversa rispetto all’ambiente conosciuto; accompagnarli in questa scoperta per aiutarli nella scelta; star loro accanto, senza mai sostituirsi a loro. Perché solo se si viene a conoscenza di un altro punto di vista, di un altro mondo, allora si può scegliere.
Don Claudio Burgio ha anche una marcia in più, un’ulteriore carta per lui da giocare e da offrire ai ragazzi che incontra: è sacerdote della diocesi milanese dal 1996. A prima vista si potrebbe erroneamente pensare che il ruolo e l’abito che riveste possano essere motivo di distanza e diffidenza da parte dei ragazzi incontrati. Invece, dal primo incontro in oratorio con un ‘ragazzo difficile’, Don Claudio percepisce l’unicità dell’incontro come una nuova strada che gli si apre davanti: la vocazione nella vocazione. Significativo anche il fatto che Don Claudio nel libro non voglia svelare il nome di questo ragazzo “perché consegnare il nome è affidare la propria identità, la propria storia familiare e personale, è fidarsi dell’altro. Tutto ciò merita rispetto”. “Con quella tremenda voglia di gridare al mondo il loro esserci, da un po’ di anni sono diventati i miei compagni di viaggio, coloro che Dio ha messo sulla mia strada perché io imparassi ad amare e a lasciarmi amare: coloro che, senza saperlo, mi annunciano ogni giorno la gioia del Vangelo e mi aiutano a credere. (…) Guardare negli occhi uno qualsiasi dei ragazzi che incontro è saper leggere in profondità questo desiderio, spesso non conosciuto e inespresso, di Bene; è farlo riemergere dalle ferite della vita, è sostenerlo al di là del male che vuole sopprimerlo.”
Perciò il libro “Non esistono ragazzi cattivi” è un dono di esperienza di vita che Don Claudio Burgio fa a tutti noi che ci avviciniamo a leggerlo e condividiamo così tutte le certezze, i dubbi, le soddisfazioni e i limiti dell’azione educativa che l’autore ha vissuto e vive in prima persona. È un condensato di vita, narrato in maniera semplice e diretta come semplici e diretti sono i rapporti con i ragazzi che vengono incontrati al carcere minorile e di cui Don Claudio riporta in queste pagine alcune lettere e testimonianze.
Arricchito inoltre dalla testimonianza di vita sacerdotale, ogni capitolo del libro è introdotto da alcuni versetti del vangelo di Giovanni che raccontano la resurrezione di Lazzaro (Giovanni 11, 1-45). Sono infatti i singoli versetti iniziali a dare l’impostazione al capitolo non solo come tema ma soprattutto come riflessione cristiana. Ogni pagina di questo libro scorre piacevolmente in un alternarsi di riflessioni e testimonianze dei ragazzi che si frappongono a riflessioni personali di Don Claudio sull’azione educativa e ad episodi autobiografici.
“(…) Scopro, ogni giorno che passa, la forza e la debolezza del mio ministero sacerdotale; a fianco di questi ragazzi, avverto la coscienza del mio ‘servo inutile’ (cfr. Lc. 17, 10), strumento fragilissimo nelle mani di Dio. Per quanto tu possa contare sulla competenza, sull’esperienza maturata negli anni, sulla conoscenza approfondita del mondo giovanile e di questi ragazzi in particolare, ti ritrovi comunque, prima o poi, a fare i conti con la tua povertà di educatore, con le aspettative fallite – o apparentemente fallite – e ti rendi conto realmente di quanto sia complesso poter incidere almeno un poco positivamente nella storia delle persone e di quanto sia difficile far ritrovare loro modi nuovi e più autentici di vita. Avverti tutto il peso dell’impotenza educativa.” La sensazione di impotenza è una sensazione sperimentata da tutti coloro che si immergono nell’azione educativa e formativa con i ‘ragazzi difficili’ o semplicemente, adolescenti. È una sensazione che si percepisce anche nello sguardo perso dei ragazzi che non riescono a trovare tutta la forza necessaria per poter scegliere. Proprio in quei momenti si percepisce chiaramente che laddove iniziano i propri limiti interviene l’azione di Dio: “Nell’impotenza educativa, quando tutte le tecniche e i saperi scientifici sembrano inefficaci, ritorna la Sacra Scrittura: ‘Tutto posso in colui che mi dà forza’ (Fil. 4, 13), di paolina memoria. Ti accorgi che, nonostante tutti gli sforzi, ‘solo un Dio ci può salvare’, come afferma il titolo di un’opera del filosofo Martin Heidegger; solo Dio può consegnarci quel significato dell’esistenza che è in grado di rendere bella la vita. Solo il Vangelo ti dà gli strumenti per guardarti in faccia senza la paura delle tue fragilità, senza l’ansia delle prestazioni. Proprio la croce di Gesù è il segno di questa impotente fragilità della condizione umana e, nello stesso tempo, di questa pienezza di vita.”
Non finirei più di parlare di questo libro, in cui si ritrovano anche considerazioni sulla situazione attuale delle parrocchie e degli oratori, o ancora l’esperienza di Don Claudio come cappellano al carcere minorile di Milano: “E’ possibile ripartire, è possibile riconciliarsi con se stesso e con l’altro che è vittima, solo se c’è la disponibilità al cambiamento. (…) Solo quando il dolore diviene dicibile allora è sostenibile. È così per ogni persona: la sofferenza ti spinge verso una domanda di senso, verso un perché, ti costringe a trovare le parole per riuscire a esprimerla. (…) Eppure, scorgo anche in adolescenti così frantumati un attaccamento alla vita che mi emoziona.”.
L’autore, inoltre, presenta anche uno sguardo all’attuale situazione familiare, da un punto di vista dei genitori. E ancora alcune riflessioni sul sacramento della riconciliazione e il senso del peccato: “Osservando i miei ragazzi, nella loro lotta per ritrovare se stessi, ho capito che la fuga non è mai la soluzione. E ho ritrovato la gioia di stare dentro una Chiesa così, nella sua contraddizione, nel suo miscuglio di luce e di tenebre, perché questa Chiesa sono io, con le mie incoerenze, con i miei peccati, con i miei tentativi di fuga. (…) Sono prete perché annuncio un Vangelo scomodo, inquietante, che fa della croce – e quindi della prova, della sofferenza – il suo vessillo. La croce è la via che ti conduce alla vita. (…) Stando sulla croce con ‘quelli là’, ho ritrovato il primato dell’Amore vero, sacrificato, disinteressato, generoso, solidale, capace di farti entrare davvero nel senso della vita, della storia, dell’eternità”.
Presentando poi alcune osservazioni e riflessioni sull’educazione e la formazione degli adolescenti nella società attuale, Don Claudio Burgio ci porta a riflettere infine sullo ‘spazio’ che la religione e Dio possono trovare nella fase adolescenziale. In definitiva, quello che colpisce ed emerge è la grande passione per questi ‘fratelli’, per gli ‘ultimi’ che il Signore ha posto sulla sua strada: “Io continuo a guardarli con quella pietas che non è commiserazione distaccata, ma è sentimento realmente evangelico di intima consonanza con il dolore dell’altro che diventa tuo. (…) La sofferenza ti obbliga a guardarti dentro, a entrare in intimità con te stesso, ti spinge a una nuova e inedita costruzione di sé, ti fa entrare in contatto con la tua finitezza, intesa non come limite ma come possibilità”.
“Non esistono ragazzi cattivi” è quindi la storia di un incontro, e il tema principale sono le relazioni. I protagonisti sono persone in carne ed ossa realmente esistite e viventi le cui emozioni, difficoltà, sofferenze e gioie emergono prepotentemente da queste pagine. Sono persone che hanno deciso di condividere una parte del cammino della loro vita. Così, avere l’opportunità di leggere questo libro è in qualche modo un potersi affacciare a questo incontro, ad uno spaccato di vita che ruota intorno a noi ma che è percepibile anche dentro di noi nella consapevolezza che la vita nasce e cresce solo da relazioni profonde. “È dentro la cura di legami autentici e profondi che crescono la responsabilità e la libertà. (…) Si incomincia a divenire responsabili del proprio futuro e del proprio passato se si ha l’occasione di creare legami di tempo e nel tempo. Il tempo è vincolo, il tempo è impegno. Non c’è vera libertà senza vincolo”.
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È presente 1 commento
Ho sentito parlare don Claudio Burgio, per fortuna esistono persone come lui che con l'aiuto di Dio pongono il bene prima di tutto
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