La problematica in Africa è tanto complessa che non solo gli scienziati devono lavorare alla risoluzione, ma tutti i soggetti coinvolti, come gli agricoltori, gli impresari, le amministrazioni pubbliche, gli investitori.
di Alessandro Ingaria
PeaceReporter - Un milione di piccole rivoluzioni verdi per risolvere ciascuno dei problemi che affliggono l'agricoltura e l'allevamento del continente. Nel 2002, Carlos Seré, un uruguaiano stabilitosi in Kenia, direttore dell'Istituto Internazionale di Ricerca nell'allevamento, ideò il laboratorio per la Scienza della Vita dell'Africa Centrale e Orientale (Biosciences eastern and central Africa - BecA). "Sviluppare scienza africana realizzata dagli africani in Africa", con l'obiettivo di trovare soluzioni proprie per l'agricoltura e l'allevamento. A suo parere la diversità e la complessità della geografia e del clima nelle differenti società africane rendono impossibile la ricerca di un'unica soluzione ad una miriade di differenti problemi. A questo scopo il BecA nacque come centro "a porte aperte" dove i ricercatori di tutta l'Africa possono accedere a tecnologie all'avanguardia.
Il direttore del BecA è la dott.ssa Segenet Kelemu, una etiope che, dopo aver insegnato negli Stati Uniti, ha fatto ritorno in Africa per avventurarsi in questo progetto. "L'agricoltura africana rende meno che nel resto del mondo, per questo occorre portare qui gli scienziati a fare ricerca sul terreno e metterli sotto lo stesso tetto" sostiene. Dopo un lungo processo di preparazione, l'inaugurazione del BecA è prevista per il prossimo novembre, ma già attualmente opera al 95 percento delle sue possibilità. Attualmente la ricerca si realizza in forma interconnessa con gli altri centri di ricerca nel mondo, tuttavia l'Africa è carente di un laboratorio con queste caratteristiche, dove studiosi africani e internazionali possano lavorare insieme e risolvere in diretta le problematiche che si presentano. Con la novità che adesso, da Nairobi, i ricercatori del BecA si recano nelle campagne, in accompagnamento alle organizzazioni, e parlano direttamente con gli agricoltori e gli allevatori ascoltando i loro problemi e le loro necessità.
Nella visione di Kelemu "l'unico requisito per uno scienziato che lavori con noi è che esegua ricerca sui problemi che affliggono la salute e il benessere degli africani". Ad oggi i principali programmi del BecA sono focalizzati sullo studio di coltivazioni più resistenti alla siccità, sulla lotta ai parassiti delle piante e sulla risoluzione delle malattie del bestiame. Secondo Kelemu e il suo staff una delle cause del ritardo dell'agricoltura sub sahariana è la presenza di piccoli appezzamenti che non adottano nuove tecnologie e mantengono una forma di coltivazione tradizionale, non in grado di produrre sufficiente cibo per alimentare una popolazione in continua crescita. La problematica in Africa è tanto complessa che non solo gli scienziati devono lavorare alla risoluzione, ma tutti i soggetti coinvolti, come gli agricoltori, gli impresari, le amministrazioni pubbliche, gli investitori, al fine di ottenere "milioni di piccole rivoluzioni verdi" che potranno risolvere i problemi del continente. La loro speranza è che il BecA possa diventare uno de centri nevralgici di questo sforzo che potrebbe eliminare la fame in Africa.
di Alessandro IngariaPeaceReporter - Un milione di piccole rivoluzioni verdi per risolvere ciascuno dei problemi che affliggono l'agricoltura e l'allevamento del continente. Nel 2002, Carlos Seré, un uruguaiano stabilitosi in Kenia, direttore dell'Istituto Internazionale di Ricerca nell'allevamento, ideò il laboratorio per la Scienza della Vita dell'Africa Centrale e Orientale (Biosciences eastern and central Africa - BecA). "Sviluppare scienza africana realizzata dagli africani in Africa", con l'obiettivo di trovare soluzioni proprie per l'agricoltura e l'allevamento. A suo parere la diversità e la complessità della geografia e del clima nelle differenti società africane rendono impossibile la ricerca di un'unica soluzione ad una miriade di differenti problemi. A questo scopo il BecA nacque come centro "a porte aperte" dove i ricercatori di tutta l'Africa possono accedere a tecnologie all'avanguardia.
Il direttore del BecA è la dott.ssa Segenet Kelemu, una etiope che, dopo aver insegnato negli Stati Uniti, ha fatto ritorno in Africa per avventurarsi in questo progetto. "L'agricoltura africana rende meno che nel resto del mondo, per questo occorre portare qui gli scienziati a fare ricerca sul terreno e metterli sotto lo stesso tetto" sostiene. Dopo un lungo processo di preparazione, l'inaugurazione del BecA è prevista per il prossimo novembre, ma già attualmente opera al 95 percento delle sue possibilità. Attualmente la ricerca si realizza in forma interconnessa con gli altri centri di ricerca nel mondo, tuttavia l'Africa è carente di un laboratorio con queste caratteristiche, dove studiosi africani e internazionali possano lavorare insieme e risolvere in diretta le problematiche che si presentano. Con la novità che adesso, da Nairobi, i ricercatori del BecA si recano nelle campagne, in accompagnamento alle organizzazioni, e parlano direttamente con gli agricoltori e gli allevatori ascoltando i loro problemi e le loro necessità.
Nella visione di Kelemu "l'unico requisito per uno scienziato che lavori con noi è che esegua ricerca sui problemi che affliggono la salute e il benessere degli africani". Ad oggi i principali programmi del BecA sono focalizzati sullo studio di coltivazioni più resistenti alla siccità, sulla lotta ai parassiti delle piante e sulla risoluzione delle malattie del bestiame. Secondo Kelemu e il suo staff una delle cause del ritardo dell'agricoltura sub sahariana è la presenza di piccoli appezzamenti che non adottano nuove tecnologie e mantengono una forma di coltivazione tradizionale, non in grado di produrre sufficiente cibo per alimentare una popolazione in continua crescita. La problematica in Africa è tanto complessa che non solo gli scienziati devono lavorare alla risoluzione, ma tutti i soggetti coinvolti, come gli agricoltori, gli impresari, le amministrazioni pubbliche, gli investitori, al fine di ottenere "milioni di piccole rivoluzioni verdi" che potranno risolvere i problemi del continente. La loro speranza è che il BecA possa diventare uno de centri nevralgici di questo sforzo che potrebbe eliminare la fame in Africa.
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