La pratica musicale per l'educazione interculturale e la socializzazione nelle scuole e per il miglioramento dei disturbi stereotipici e autistici
del nostro collaboratore Carlo Mafera
Un seminario organizzato a Roma l’11 novembre scorso dall'IAS per presentare i dati preliminari della ricerca-intervento sulla pratica musicale per l'educazione interculturale e la socializzazione nelle scuole (Progetto MuMi, Musica e Minori). L'evento è stato inserito nel programma della Settimana Unesco di Educazione allo Sviluppo sostenibile - dedicata quest'anno al tema Città e Cittadinanza. Fare musica a scuola è una chiave semplice, divertente e coinvolgente per aiutare il bambino a stabilire un contatto con il proprio mondo interiore e a sviluppare le proprie risorse espressive per una migliore comunicazione e condivisione di esperienze con gli altri. I dati preliminari della ricerca dell'Istituto per gli Affari Sociali sulla pratica musicale (Progetto MuMi, Musica e Minori), punto focale del seminario, rivelano che la musica pratica può influire positivamente sull'autostima e sulle capacità sociali dei bambini.
Sul tema resta aperto il confronto tra docenti del Conservatorio, consulenti e rappresentanti delle istituzioni, dal quale emerge l'impegno a concretizzare una rete intorno al Progetto per approfondire, condividere e perfezionare forme e criteri di una metodologia didattica foriera fin dalle premesse di sviluppi e prospettive. E' un viaggio nello spazio e nel tempo attraverso la musica e la fiaba la proposta di metodologia didattica progettata dal gruppo di ricerca dell'IAS. Lo studio, che coinvolge un campione di 306 bambini tra gli 8 e i 10 anni di 9 istituti scolastici di Roma e provincia, ha consentito di verificare, attraverso la somministrazione agli alunni di test psicometrici, una tendenza al miglioramento del livello di autostima e delle competenze sociali dei bambini. Il 25,7% degli alunni, in soli 6 mesi di attività musicale, ha migliorato il livello di autostima, senza differenze sostanziali tra i sessi e tra italiani e stranieri. In particolare, il 5,5% del campione è passato da un livello di autostima inadeguato ad un livello adeguato, mentre il 20,2% è passato da un livello adeguato ad un livello superiore. "Rispetto alle competenze sociali - dichiara la responsabile Pierangela Ghezzo - la tendenza media al miglioramento, pari al 6,7% del campione suddiviso per sesso e provenienza, è solo apparentemente meno significativa. Il primo impatto della musica è sull'emotività, sulla capacità individuale di riconoscere ed esprimere le proprie emozioni. Nel nostro campione questo effetto è molto alto ed è pressoché identico in generale per italiani e stranieri, maschi e femmine. Per aumentare il livello di socializzazione, che comunque è già qui un risultato importante, sono necessari più tempo ed un lavoro per piccoli gruppi". Per quanto riguarda il test sul bullismo, il fenomeno non è stato rilevato in nessuna classe, ma "la percezione di sentirsi aggrediti, giusta o sbagliata che sia - dichiara la psicologa Emanuela Rellini - è comunque diminuita nel 9% del campione, del 16% addirittura nel campione dei maschi italiani e dell'11% nel campione delle femmine straniere. Questo dato è importante perché indicativo di una maggiore integrazione dei bambini nel gruppo-classe". La tendenza positiva generale è confermata dall'analisi classe per classe. L'autostima è migliorata in tutte e 20 le classi, mentre la tendenza al miglioramento dello sviluppo psicosociale è presente in ben 16 classi. La ricerca prosegue anche nell'a.s. 2009/2010 con la proposta della metodologia ad un campione di circa 1.400 alunni tra i 3 e i 7 anni. Al termine della seconda fase dello studio - conclude Ghezzo - potremo mettere a punto una metodologia unica per tutto il percorso scolare dai 3 ai 10 anni e organizzare, per gli insegnanti interessati, percorsi di formazione specifici sulla pratica musicale per l'integrazione e la socializzazione dei bambini nella scuola". Dal dibattito in sala, che ha visto la partecipazione di docenti del Conservatorio, consulenti e rappresentanti delle istituzioni, è emerso l'impegno a concretizzare una rete intorno al Progetto MuMi, Musica e Minori per approfondire, condividere e perfezionare forme e criteri di una metodologia didattica foriera fin dalle premesse di interessanti sviluppi.
Oltre al beneficio che i ragazzi normodotati hanno nel praticare la musica, si è recentemente scoperto, in un'altra parte della nostra penisola, che anche i disabili con problemi autistici ricevono beneficio dal venire in contatto con i suoni musicali. Numerose sono le strategie di intervento finalizzate alla riduzione delle manifestazioni stereotipiche. “La premessa da cui ha preso le mosse la nostra proposta di intervento – afferma l’ODA (l’Opera Diocesana Assistenza di Paternò) - è che il comportamento stereotipico spesso viene vissuto dal soggetto come un tentativo di ricerca di piacere o di fuga dal dolore, anche quando assume modalità visibilmente disfunzionali e talvolta persino con esiti autolesivi. Di contro il comportamento stereotipico viene vissuto dall’ambiente, familiare o educativo, come altamente disturbante associandosi spesso ad un vissuto oppressivo, con la conseguenza che l’intervento più immediato che viene messo in atto è quello della inibizione del comportamento stesso. Tale approccio inibitorio instaura un vero e proprio conflitto che coinvolge la sfera del piacere e quella della relazione con esiti generalizzati di disagio. Nella nostra ricerca intervento abbiamo provato a considerare la stereotipia come una modalità comunicativa, la cui attribuzione non finalistica appare come una banalizzazione di una più complessa dinamica interna, banalizzazione che prende in considerazione esclusivamente gli esiti adattivi esterni, senza considerare i bisogni interni del soggetto.” La stereotipia interpretata come modalità comunicativa, invece, non richiede esclusivamente interventi di inibizione,- continua il responsabile dell’ODA - ma pone un nuovo traguardo, quello di stabilire una relazione con il soggetto, che permetta di accogliere le stereotipie all’interno di un contesto che le valorizzi e ne accompagni la loro trasformazione espressiva. Il medium che abbiamo utilizzato è la musica.” “ Questa scelta pone subito un primo vincolo– dice l’Opera diocesana Assistenza di San Giovanni La Punta (CT) - : i soggetti coinvolti non devono presentare menomazioni neurosensoriali gravi a carico dell’apparato uditivo. Non si tratta di un vincolo insormontabile, considerato che future sperimentazioni potranno riguardare proprio l’utilizzazione della musica con soggetti che presentano ipoacusie neurosensoriali profonde, ma al momento abbiamo circoscritto il nostro intervento. L’utilizzazione della musica consente di ottenere diversi risultati utili per l’intervento da noi sperimentato. Il primo risultato è la possibilità di disporre di una modalità comunicativa sonora non verbale. I suoni, utilizzati adeguatamente, consentono di definire un setting, di scandire i diversi momenti dell’intervento, di modulare la risposta emozionale. Il secondo risultato è la possibilità di valorizzare le stereotipie motorie e vocali inserendole all’interno di un contesto musicale di produzione di suoni con la voce e di produzione di suoni con il corpo, anche attraverso la manipolazione di strumenti ritmici. Il terzo risultato è la possibilità di semplificare i compiti imitativi, utilizzando un codice sonoro non verbale e graduando le transizioni dalla stereotipia alla modalità espressiva.”
del nostro collaboratore Carlo MaferaUn seminario organizzato a Roma l’11 novembre scorso dall'IAS per presentare i dati preliminari della ricerca-intervento sulla pratica musicale per l'educazione interculturale e la socializzazione nelle scuole (Progetto MuMi, Musica e Minori). L'evento è stato inserito nel programma della Settimana Unesco di Educazione allo Sviluppo sostenibile - dedicata quest'anno al tema Città e Cittadinanza. Fare musica a scuola è una chiave semplice, divertente e coinvolgente per aiutare il bambino a stabilire un contatto con il proprio mondo interiore e a sviluppare le proprie risorse espressive per una migliore comunicazione e condivisione di esperienze con gli altri. I dati preliminari della ricerca dell'Istituto per gli Affari Sociali sulla pratica musicale (Progetto MuMi, Musica e Minori), punto focale del seminario, rivelano che la musica pratica può influire positivamente sull'autostima e sulle capacità sociali dei bambini.
Sul tema resta aperto il confronto tra docenti del Conservatorio, consulenti e rappresentanti delle istituzioni, dal quale emerge l'impegno a concretizzare una rete intorno al Progetto per approfondire, condividere e perfezionare forme e criteri di una metodologia didattica foriera fin dalle premesse di sviluppi e prospettive. E' un viaggio nello spazio e nel tempo attraverso la musica e la fiaba la proposta di metodologia didattica progettata dal gruppo di ricerca dell'IAS. Lo studio, che coinvolge un campione di 306 bambini tra gli 8 e i 10 anni di 9 istituti scolastici di Roma e provincia, ha consentito di verificare, attraverso la somministrazione agli alunni di test psicometrici, una tendenza al miglioramento del livello di autostima e delle competenze sociali dei bambini. Il 25,7% degli alunni, in soli 6 mesi di attività musicale, ha migliorato il livello di autostima, senza differenze sostanziali tra i sessi e tra italiani e stranieri. In particolare, il 5,5% del campione è passato da un livello di autostima inadeguato ad un livello adeguato, mentre il 20,2% è passato da un livello adeguato ad un livello superiore. "Rispetto alle competenze sociali - dichiara la responsabile Pierangela Ghezzo - la tendenza media al miglioramento, pari al 6,7% del campione suddiviso per sesso e provenienza, è solo apparentemente meno significativa. Il primo impatto della musica è sull'emotività, sulla capacità individuale di riconoscere ed esprimere le proprie emozioni. Nel nostro campione questo effetto è molto alto ed è pressoché identico in generale per italiani e stranieri, maschi e femmine. Per aumentare il livello di socializzazione, che comunque è già qui un risultato importante, sono necessari più tempo ed un lavoro per piccoli gruppi". Per quanto riguarda il test sul bullismo, il fenomeno non è stato rilevato in nessuna classe, ma "la percezione di sentirsi aggrediti, giusta o sbagliata che sia - dichiara la psicologa Emanuela Rellini - è comunque diminuita nel 9% del campione, del 16% addirittura nel campione dei maschi italiani e dell'11% nel campione delle femmine straniere. Questo dato è importante perché indicativo di una maggiore integrazione dei bambini nel gruppo-classe". La tendenza positiva generale è confermata dall'analisi classe per classe. L'autostima è migliorata in tutte e 20 le classi, mentre la tendenza al miglioramento dello sviluppo psicosociale è presente in ben 16 classi. La ricerca prosegue anche nell'a.s. 2009/2010 con la proposta della metodologia ad un campione di circa 1.400 alunni tra i 3 e i 7 anni. Al termine della seconda fase dello studio - conclude Ghezzo - potremo mettere a punto una metodologia unica per tutto il percorso scolare dai 3 ai 10 anni e organizzare, per gli insegnanti interessati, percorsi di formazione specifici sulla pratica musicale per l'integrazione e la socializzazione dei bambini nella scuola". Dal dibattito in sala, che ha visto la partecipazione di docenti del Conservatorio, consulenti e rappresentanti delle istituzioni, è emerso l'impegno a concretizzare una rete intorno al Progetto MuMi, Musica e Minori per approfondire, condividere e perfezionare forme e criteri di una metodologia didattica foriera fin dalle premesse di interessanti sviluppi.
Oltre al beneficio che i ragazzi normodotati hanno nel praticare la musica, si è recentemente scoperto, in un'altra parte della nostra penisola, che anche i disabili con problemi autistici ricevono beneficio dal venire in contatto con i suoni musicali. Numerose sono le strategie di intervento finalizzate alla riduzione delle manifestazioni stereotipiche. “La premessa da cui ha preso le mosse la nostra proposta di intervento – afferma l’ODA (l’Opera Diocesana Assistenza di Paternò) - è che il comportamento stereotipico spesso viene vissuto dal soggetto come un tentativo di ricerca di piacere o di fuga dal dolore, anche quando assume modalità visibilmente disfunzionali e talvolta persino con esiti autolesivi. Di contro il comportamento stereotipico viene vissuto dall’ambiente, familiare o educativo, come altamente disturbante associandosi spesso ad un vissuto oppressivo, con la conseguenza che l’intervento più immediato che viene messo in atto è quello della inibizione del comportamento stesso. Tale approccio inibitorio instaura un vero e proprio conflitto che coinvolge la sfera del piacere e quella della relazione con esiti generalizzati di disagio. Nella nostra ricerca intervento abbiamo provato a considerare la stereotipia come una modalità comunicativa, la cui attribuzione non finalistica appare come una banalizzazione di una più complessa dinamica interna, banalizzazione che prende in considerazione esclusivamente gli esiti adattivi esterni, senza considerare i bisogni interni del soggetto.” La stereotipia interpretata come modalità comunicativa, invece, non richiede esclusivamente interventi di inibizione,- continua il responsabile dell’ODA - ma pone un nuovo traguardo, quello di stabilire una relazione con il soggetto, che permetta di accogliere le stereotipie all’interno di un contesto che le valorizzi e ne accompagni la loro trasformazione espressiva. Il medium che abbiamo utilizzato è la musica.” “ Questa scelta pone subito un primo vincolo– dice l’Opera diocesana Assistenza di San Giovanni La Punta (CT) - : i soggetti coinvolti non devono presentare menomazioni neurosensoriali gravi a carico dell’apparato uditivo. Non si tratta di un vincolo insormontabile, considerato che future sperimentazioni potranno riguardare proprio l’utilizzazione della musica con soggetti che presentano ipoacusie neurosensoriali profonde, ma al momento abbiamo circoscritto il nostro intervento. L’utilizzazione della musica consente di ottenere diversi risultati utili per l’intervento da noi sperimentato. Il primo risultato è la possibilità di disporre di una modalità comunicativa sonora non verbale. I suoni, utilizzati adeguatamente, consentono di definire un setting, di scandire i diversi momenti dell’intervento, di modulare la risposta emozionale. Il secondo risultato è la possibilità di valorizzare le stereotipie motorie e vocali inserendole all’interno di un contesto musicale di produzione di suoni con la voce e di produzione di suoni con il corpo, anche attraverso la manipolazione di strumenti ritmici. Il terzo risultato è la possibilità di semplificare i compiti imitativi, utilizzando un codice sonoro non verbale e graduando le transizioni dalla stereotipia alla modalità espressiva.”
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