giovedì, agosto 13, 2009
della nostra redattrice Monica Cardarelli

Spesso si parla di Francesco e Chiara e dello stato di perfetta letizia, ma forse non sempre si attribuisce a queste parole il vero significato che rivestirono per loro. Francesco si formò seguendo un’educazione cortese che prevedeva come tratti caratteristici la letizia, il carattere allegro e generoso. Allegrezza e generosità erano qualità di un vero cavaliere. A seguito della conversione, però, Francesco dette un senso cristiano a queste caratteristiche. La gioia e la letizia erano originate in Francesco dalla condivisione con i povere dei propri beni. Giova ricordare, però, che la povertà o la penitenza non sono intese come mortificazione personale o sacrificio. La condivisione materiale porta ad una condivisione spirituale delle piccole gioie del donare e del ricevere. Questa gioia e serenità personale e condivisa è la letizia vissuta da Francesco e Chiara a cui però, entrambi, giungeranno dopo un percorso spirituale. La letizia permette di superare le prove, il dolore, il peccato ed è talmente difficile da conquistare che, una volta raggiunta, deve apparire anche esternamente.

Chiara riprende questo aspetto dell’insegnamento di Francesco e lo sviluppa nella sua spiritualità e nella forma di vita monastica. Anche per lei fu un atteggiamento costante che visse e che volle trasmettere alle Sorelle. Infatti, non solo ricorda nel Testamento di come San Damiano sia nato proprio da un trasporto di grande letizia di Francesco ma, in seguito, vivrà questa condizione nella sua vita monastica.

“Mentre, infatti, lo stesso Santo (Francesco), che non aveva ancora né frati né compagni – quasi subito dopo la sua conversione -, era intento a riparare la chiesa di San Damiano, dove, ricevendo quella visita del Signore, nella quale fu inebriato di celeste consolazione, sentì la spinta decisiva ad abbandonare del tutto il mondo, in un trasporto di grande letizia e illuminato dallo Spirito Santo, profetò ciò che in seguito il Signore ha realizzato.” (Testamento S. Chiara, 9-11)

Strettamente legata all’idea di letizia è la povertà. Per Chiara, come per Francesco, la perfetta letizia corrisponde con la vera povertà beata. “Se, dunque, tale e così grande Signore, scendendo nel seno della Vergine, volle apparire nel mondo come uomo spregevole, bisognoso e povero, affinché gli uomini (…) divenissero in lui ricchi col possesso dei reami celesti esultate e godete molto, ripiena di enorme gaudio e di spirituale letizia.” (Lettera I a Agnese di Praga, 19-22)

L’anello di congiunzione per Chiara si chiude con le Sorelle. La comunità, il luogo in cui Chiara effettuò il suo percorso fu per lei molto importante per il presente vissuto e condiviso e per il futuro del suo sogno di vita monastica. Chiara nella sua vita si affidò con umiltà alle altre Sorelle di cui era guida e madre. Si abbandonò alle cure e all’aiuto di cui aveva bisogno, a causa delle sue infermità, permettendo loro, così, di proseguire la sua opera e di permetterle di vivere e di lavorare. “E amandovi a vicenda nell’amore di Cristo, quell’amore che avete nel cuore, dimostratelo al di fuori con le opere, affinché le sorelle, provocate da questo esempio, crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità.” (Testamento S. Chiara, 59-60).

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa