Torna alta la tensione in Iran dopo i duri scontri avvenuti in occasione della preghiera del venerdì, pronunciata all’Università di Teheran dall’ex presidente iraniano, Rafsanjani. Intanto, il premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi ha definito le nuove proteste in piazza a Teheran di questa settimana “un evento storico". Il servizio di Marco Guerra:
Radio Vaticana - La sfida dell'ayatollah Rafsanjani alla guida suprema Ali Khamenei e al presidente Ahmadinejad allarga la frattura nel Paese fra i vertici della Repubblica islamica e il movimento riformista che si rivede in Mussavi. Nessuna figura dell'establishment aveva definito apertamente gli scontri successivi alle elezioni come una crisi del Paese. Non a caso, oggi la stampa ultraconservatrice ha accusato l'ex presidente di sostenere i ''sovversivi'' dopo il sermone di ieri in cui Rafsanjani ha avanzato dubbi sul risultato delle elezioni. Anche i nuovi scontri nelle strade di Teheran, avvenuti in concomitanza della preghiera del venerdì, hanno contribuito a interrompere l'apparente normalità che da giorni regnava nella capitale iraniana. Decine di migliaia di manifestanti della cosiddetta "onda verde" sono stati caricati con gas lacrimogeni e manganelli: 15 gli arresti ufficiali, almeno 100 invece secondo i blog vicini all’opposizione.
Secondo l'avvocato iraniano premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi le nuove proteste in piazza
a Teheran di questa settimana rappresentano “un evento storico non solo per l'Iran ma per tutto il mondo islamico". La Ebadi saluta inoltre il sostegno alla folla della preghiera del venerdi' all'universita' di Teheran da parte dell'ex presidente Rafsanjani, che era rimasto in silenzio per settimane dopo i risultati delle elezioni dello scorso 12 giugno. "Rafsanjani e' stato critico, anche se non abbastanza risoluto", commenta l'avvocato premio Nobel, esortando quindi il governo iraniano a "rispettare la volonta' popolare", cessando di usare la forza contro chi protesta.
In questo contesto, si registrano intanto le prime dichiarazioni del nuovo capo dell'Agenzia atomica iraniana, Ali Akbar Salehi, che sebbene ritenga chiuse le discussioni tecniche sul controverso programma nucleare, ha auspicato che siano compiuti maggiori sforzi perché si arrivi ad una fiducia reciproca fra Teheran e l’Occidente.
Radio Vaticana - La sfida dell'ayatollah Rafsanjani alla guida suprema Ali Khamenei e al presidente Ahmadinejad allarga la frattura nel Paese fra i vertici della Repubblica islamica e il movimento riformista che si rivede in Mussavi. Nessuna figura dell'establishment aveva definito apertamente gli scontri successivi alle elezioni come una crisi del Paese. Non a caso, oggi la stampa ultraconservatrice ha accusato l'ex presidente di sostenere i ''sovversivi'' dopo il sermone di ieri in cui Rafsanjani ha avanzato dubbi sul risultato delle elezioni. Anche i nuovi scontri nelle strade di Teheran, avvenuti in concomitanza della preghiera del venerdì, hanno contribuito a interrompere l'apparente normalità che da giorni regnava nella capitale iraniana. Decine di migliaia di manifestanti della cosiddetta "onda verde" sono stati caricati con gas lacrimogeni e manganelli: 15 gli arresti ufficiali, almeno 100 invece secondo i blog vicini all’opposizione.Secondo l'avvocato iraniano premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi le nuove proteste in piazza
a Teheran di questa settimana rappresentano “un evento storico non solo per l'Iran ma per tutto il mondo islamico". La Ebadi saluta inoltre il sostegno alla folla della preghiera del venerdi' all'universita' di Teheran da parte dell'ex presidente Rafsanjani, che era rimasto in silenzio per settimane dopo i risultati delle elezioni dello scorso 12 giugno. "Rafsanjani e' stato critico, anche se non abbastanza risoluto", commenta l'avvocato premio Nobel, esortando quindi il governo iraniano a "rispettare la volonta' popolare", cessando di usare la forza contro chi protesta.
In questo contesto, si registrano intanto le prime dichiarazioni del nuovo capo dell'Agenzia atomica iraniana, Ali Akbar Salehi, che sebbene ritenga chiuse le discussioni tecniche sul controverso programma nucleare, ha auspicato che siano compiuti maggiori sforzi perché si arrivi ad una fiducia reciproca fra Teheran e l’Occidente.
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