sabato, luglio 11, 2009
Il volontario era stato rapito 6 mesi fa dai guerriglieri islamici. Frattini: «Non c'è stato nessun blitz».

L'incubo è finito: dopo sei mesi nelle mani dei guerriglieri islamici di Abu Sayyaf, Eugenio Vagni è stato liberato nel sud delle Filippine. Il volontario toscano della Croce Rosse internazionale era stato rapito il 15 gennaio nell’isola di Jolo. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha confermato la notizia esprimendo profonda soddisfazione, e manifestando la propria gratitudine alle autorità filippine per il loro operato, come si legge in un comunicato della Farnesina. Dopo il rilascio Vagni è stato portato in una caserma dei Marines filippini. Da lì ha potuto telefonate alle autorità italiane, a cui è apparso in buone condizioni di salute, e poi ha chiamato la famiglia.

Per i familiari è l'ora della gioia e della commozione. «Accogliamo la notizia piangendo, è la fine di un incubo» ha commentato il fratello Francesco. «L’ultima volta che ho sentito mio fratello - ha aggiunto Francesco Vagni con la voce rotta dall’emozione - è stato il 26 giugno, e non era in buone condizioni di salute», a causa dell’ernia cui soffre l’operatore umanitario, che sarebbe peggiorata durante la prigionia. La famiglia Vagni risiede a Montevarchi. In questi mesi Francesco e Romeo hanno vissuto con angoscia la sorte di Eugenio, insieme qalla moglie del rapito, la signora Kwan, e alla loro figlioletta di 2 anni.

In'intervista al Tg1 Frattini ha illustrato i dettagli della liberazione. Il sequestro «si è risolto nel migliore dei modi, senza mettere a rischio l’incolumità fisica del nostro connazionale, che ora tornerà a casa» ha assicurato il ministro degli Esteri. Frattini ha sottolineato «l’ottima collaborazione» con le autorità di Manila, ricordando che «noi avevamo fatto presente al ministro degli Interni delle Filippine che ritenevamo pericoloso in quelle condizioni, nella giungla, fare un blitz», un messaggio questo che «ha prevalso». I sequestratori di Vagni si sono sentiti «isolati», ha aggiunto il ministro, ricordando che nel corso dei sei mesi di prigionia, Vagni «è stato spostato più volte». «Eravamo in contatto con i rapitori, è stato un lavoro paziente e capillare e i gruppi di sequestratori sono sentiti nella condizione di poterlo liberare senza mettere a repentaglio la sua incolumità».

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