martedì, giugno 23, 2009
L’itinerario esistenziale e culturale del giovane Agostino come testimonianza della ricerca leale ed appassionata della verità.


di Carlo Mafera

Agostino nasce a Tagaste (città che esisteva già in epoca romana; oggi chiamata Souk Ahras in Algeria) il 13 novembre del 354. Dei suoi genitori, Monica, la madre, era cristiana; il padre, Patrizio, era invece pagano e solo alla fine della vita aderì alla fede cattolica.
Fin dalla tenera età Agostino manifesta un carattere brillante, intraprende con pieno successo gli studi superiori laureandosi in Lettere a Cartagine. In questa città per metà ancora pagana, Agostino scopre gli amori facili e gli ozi giovanili riempiti di avventure conturbanti. Abbandona del tutto gli insegnamenti cristiani che la madre gli aveva istillato da bambino.
La lettura della Sacra Scrittura, purtroppo non diceva niente alla sua mente razionalistica e la religione professata dalla madre gli sembrava ora “una superstizione puerile”. Aderì ad una setta pseudo - religiosa in voga all’epoca, chiamata manicheismo.

Il Manicheismo era una religione orientale fondata nel III secolo d.C. da Mani, che fondeva elementi del cristianesimo e della religione di Zoroastro, il principio fondamentale era il dualismo, cioè l’opposizione continua di due principi egualmente divini, uno buono e uno cattivo, che dominano il mondo e anche l’animo dell’uomo.

* Ma tale adesione non soddisfece la sua ricerca di verità e non fu priva di forti dubbi sull’origine del male. Infatti, in questa teoria prevaleva il concetto dell’irresponsabilità morale dell’uomo che sostanzialmente negava la libertà di scegliere ed attribuiva la commissione del peccato ad un principio esterno.
Successivamente Agostino approdò allo scetticismo, che era un orientamento filosofico per il quale la verità non poteva essere mai raggiunta e quindi su tutto dominava il dubbio permanente. Secondo lo scetticismo, non solo non si può raggiungere la verità, ma non esiste nemmeno un’unica verità distruggendo così il fondamento stesso di tale concetto. Anche questo percorso non poteva portare alla libertà interiore.

Sempre a Cartagine intreccia una relazione con una donna, con la quale convive per circa dodici anni: le resterà sempre fedele e ne avrà un figlio, Adeodato.
Come retore aprì una scuola, dove insegnò per sette anni.

Nel 383, a 29 anni, consolida la sua carriera di retore trasferendosi a Roma, dove ottenne una prestigiosa carica presso la corte imperiale; ma il suo animo era in tumulto e sembrava non apprezzare il risultato raggiunto. Agostino nei manichei non trovò mai la risposta certa al suo desiderio di verità; in lui iniziò un lento, straziante processo di riflessione su se stesso.

Nel 384 subì una malattia gravissima che lo condusse quasi alla morte, nel contempo poté constatare che i manichei romani, se in pubblico ostentavano una condotta irreprensibile e casta, nel privato vivevano da dissoluti. Agostino disgustato se ne allontanò definitivamente per entrare a far parte della scuola di pensiero dello scetticismo, questa passione durò un paio d’anni.

Sempre in quell’anno riuscì ad ottenere, con l’appoggio del prefetto di Roma, Quinto Aurelio Simmaco, la cattedra vacante di retorica a Milano, dove si trasferì.
Fu raggiunto nel 385, inaspettatamente dalla madre Monica, la quale conscia del travaglio interiore del figlio, gli fu accanto con la preghiera, senza imporgli nulla, ma bensì come un angelo protettore.

Milano fu la tappa decisiva della sua conversione.
Con animo stanco, ma sempre alla ricerca della verità ebbe l’opportunità di ascoltare i sermoni di S. Ambrogio, Vescovo di Milano, che teneva regolarmente in cattedrale e le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino che cominciò ad aprire il suo animo travagliato ad un anziano sacerdote di nome Simpliciano con assidue frequentazioni.
San Simpliciano aveva preparato Sant’Ambrogio all’episcopato, dandogli l’ispirazione giusta e con fine intuito indirizzò Agostino a leggere i neoplatonici, perché i loro scritti suggerivano “in tutti i modi l’idea di Dio e del suo Verbo”. Raccontò della conversione del celebre retore neo-platonico Vittorino e Agostino ne rimase particolarmente colpito.

Le omelie di S. Ambrogio gli aprono uno squarcio di luce e Agostino riscopre la fede cristiana, quella fede alla quale era stato formato da bambino e che aveva finito per disprezzare come una favola per sprovveduti.
E da questo incontro che Agostino approda finalmente alla risposta definitiva della sua ricerca di verità. E’ Gesù la verità, ma non una delle tante verità, ma la Verità.
Infatti, nel testo greco è presente l’articolo. Non dice “io sono via,verità e vita” ma dice “Io sono la via, la verità e la vita”. Gesù s’impone alla coscienza di sant’Agostino, con la sua autorevolezza. L’autorità (dal verbo augeo: far crescere) di Gesù accresce la libertà di Agostino dandogli un anelito e un desiderio verso di essa che si affermerà sempre più nel suo itinerario spirituale.

Un successivo incontro con S. Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo importante alla sua conversione accendendogli il desiderio del battesimo.
Proprio in questo contesto, convinto da Monica a seguire il consiglio dell’apostolo Paolo, sulla castità perfetta, Agostino meditando un giorno diede sfogo ad un pianto angosciato; avvertì una voce che gli diceva “Tolle, lege, tolle, lege” (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di S. Paolo e lesse questo brano: “Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri” (Rom. 13, 13-14).
Agostino manifesta il "santo proposito" di dedicarsi completamente a Dio, rinunciando alla carriera e al matrimonio. Lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, in meditazioni e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti.

Monica e Agostino tornarono a Milano nella Quaresima del 386 per una preparazione specifica al Battesimo e nella notte tra il 24 e il 25 aprile del 387 Agostino è battezzato da Ambrogio, insieme al figlio Adeodato, al fratello Navigio, all'amico Alipio e ad altri discepoli.

Intenzionato a creare una Comunità di monaci in Africa, decise di ritornare nella sua patria e nell’attesa della nave, la madre Monica improvvisamente si ammalò di una febbre maligna (forse malaria) e il 27 agosto del 387 morì a 56 anni. Il suo corpo trasferito a Roma si venera nella chiesa di S. Agostino, essa è considerata il modello e la patrona delle madri cristiane.

Agostino dopo qualche mese trascorso a Roma per approfondire anche la sua conoscenza sui monasteri e le tradizioni della Chiesa, nel 388 ritornò in Africa dove condusse, per tre anni, vita ritirata nella sua casa di Tagaste, insieme ai suoi amici, gettando le basi di quello che sarà poi il suo specifico stile di vita religiosa. Vendette i suoi pochi beni, distribuendone il ricavato ai poveri e fondò una piccola comunità, dove i beni erano in proprietà comune.
Ama et propinquabit; ama et habitabit. Ama ed Egli si avvicinerà, ama ed Egli abiterà in te. (Serm. 21, 2).

Cominciò a farsi conoscere dalle genti anche come comunicatore e un giorno trovatosi per caso nella basilica di Ippona, in cui il vescovo Valerio, stava proponendo ai fedeli la consacrazione di un sacerdote che potesse aiutarlo, specie nella predicazione, i fedeli accortesi della sua presenza, presero a gridare: “Agostino prete!”. In quel tempo la volontà del popolo veniva considerata la volontà di Dio e nonostante che il Santo cercasse di rifiutare, perché per lui non era questa la strada voluta, fu costretto ad accettare. Agostino divenne sacerdote nel 391.
La città di Ippona ci guadagnò molto, la sua opera fu fecondissima, chiese al vescovo di trasferire il suo monastero ad Ippona, per continuare la sua scelta di vita, che in seguito divenne un seminario fonte di preti e vescovi africani.

L’iniziativa agostiniana gettava le basi del rinnovamento dei costumi del clero. Scrisse anche una Regola, che poi nel IX secolo venne adottata dalla Comunità dei Canonici Regolari o Agostiniani.

Nel contempo scriveva le sue opere che abbracciano tutto il sapere ideologico e sono numerose, vanno dalle filosofiche alle apologetiche, dalle dogmatiche alle morali e pastorali, dalle bibliche alle polemiche. Queste ultime riflettono l’intensa e ardente battaglia che Agostino intraprese contro le eresie che funestavano l’unità della Chiesa in quei tempi: Il Manicheismo che conosceva bene, il Donatismo sorto per opera del vescovo Donato e il Pelagianesimo propugnato dal monaco bretone Pelagio.
Egli fu maestro indiscusso nel confutare queste eresie e i vari movimenti che ad esse si rifacevano; i suoi interventi non solo illuminarono i pastori di anime dell’epoca, ma determinarono anche per il futuro, l’orientamento della teologia cattolica in questo campo. La sua dottrina e teologia è molto vasta e il suo pensiero per millenni ormai è oggetto di studio per la formazione cristiana, le tante sue opere, dalle “Confessioni” fino alla “Città di Dio”, gli hanno meritato il titolo di Dottore della Chiesa. La frase che pronunciò quando ebbe la conversione fu questa :

«Tardi ti ho amato, Bellezza così antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Sì, perché Tu eri dentro di me ed io fuori: lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle sembianze delle Tue creature. Eri con me, ma io non ero con Te. Mi tenevano lontano da Te le Tue creature, inesistenti se non esistessero in Te. Mi chiamasti, e il Tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il Tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la Tua fragranza, respirai ed ora anelo verso di Te; Ti gustai ed ora ho fame e sete di Te; mi toccasti, e arsi dal desiderio della Tua pace.» (Confessioni X, 27.36)

Le sue opere rendono Agostino il grande teorico della Fede e delle sue relazioni con la ragione; “E’ il primo dei Padri che sentì il bisogno di costringere la sua fede a ragionare” (affermava Adolf Von Harnack).

Il Santo diceva: “La Fede che illumina la ragione e la ragione che illumina la Fede”.


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