domenica, giugno 28, 2009
La visione del tempo e dell’azione divina nella relazione del professor Giovanni Manzone al VI Forum dell’Informazione Cattolica a Pistoia

di Fabio Vitucci

Il senso unitario del tempo, l’importanza del lavoro, il valore della festa: questi i temi più importanti toccati dal professor Giovanni Manzone in occasione del VI Forum dell’Informazione Cattolica per la Salvaguardia del Creato, intitolato “Il Tempo dell’Uomo – Il Tempo del Creato” e organizzato da Greenaccord a Pistoia. Tutto l’intervento si è snodato sui binari di chronos e kairòs, partendo dalla loro visione nella cultura greca antica per giungere poi a quella cristiana. In particolare per Sant’Agostino la presenza della personalità umana guida il chronos verso una sua concezione come storia, in cui si innesta l’intervento di Dio, il kairòs appunto. L’uomo ha il potere di introdurre dei cambiamenti e degli avvenimenti nuovi nella storia, ma non di stravolgerne il disegno complessivo, che spetta solo a Dio. Per noi cristiani, ha aggiunto il professor Manzone, il kairòs è l’incarnazione di Cristo, che ha dato inizio e compimento ad una storia nuova.

La verità sconnessa dei tempi della vita umana insinua infatti il dubbio che all’uomo non sia concessa la possibilità di alcuna opera perfetta nella quale identificarsi: “Ogni cosa è bella a suo tempo… ma in un momento successivo appare vana… Vanità di vanità, tutto è vanità” recita il Qoelet. A meno che… a meno che l’uomo non riesca a scorgere al di là del suo agire nel tempo l’unità di un senso che raccolga la molteplicità delle forme: ciò è dato esclusivamente dal kairòs. Solo se ci aggrappiamo infatti ad un riferimento che è oltre il tempo possiamo superare fallimenti e ambiguità. Dobbiamo quindi interpretare i tempi della vita umana come segni o “kairoi”, leggere in essi la voce dello Spirito Santo.

Il professor Manzone ha mostrato poi la plausibilità della visione cristiana riguardo al tempo del lavoro e della festa. Il lavoro deve essere visto come benedizione e comandamento e la nostra settimana deve essere modellata su quella divina: la ferialità mostra che il compimento non è ancora raggiunto, la festa invece ne dà la certezza. Il settimo giorno infatti l’opera è compiuta, e Dio si riposa; allo stesso modo, la domenica Dio pone fine al tempo laborioso dell’uomo, e noi nell’Eucarestia dobbiamo ringraziare e celebrare il compimento della vita. La difesa della domenica è quindi fondamentale: oggi il lavoro cadenza la vita, è il polo dominante, mentre gli altri tempi (familiari, religiosi, sociali) sono periferici. La festa allora deve essere una sosta dove la logica del dono sospende il rapporto commerciale e assicura una speranza, dando inoltre la possibilità di vivere appieno le altre dimensioni della vita.

E non poteva mancare nell’intervento di don Manzone un accenno finale alla Creazione. Attenzione alle parole della Bibbia tante volte criticate da visioni “ecologiste”: l’uomo deve sì dominare la Terra, ma non nel senso umano. Il Dominus per eccellenza infatti è proprio Dio, quindi il dominio dell’uomo sulla natura non deve esercitarsi nello sfruttamento e nella violenza, ma nel modello divino di amore e servizio. L’uomo infatti non è tanto il padrone della terra quanto il custode del giardino, il “sacerdote del Creato”.

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