venerdì, maggio 22, 2009
Continua il racconto di Lucia Iorio, missionaria dell'Ordine Francescano Secolare, che dalla Missione in Romania ci scrive e racconta poco alla volta i motivi che l'hanno spinta a lasciare la famiglia e l'Italia per dedicare un periodo della sua vita ai bisognosi.

Raccontare le ragioni che mi hanno fatto decidere di partire per la missione è molto semplice: non ho trovato altro modo per corrispondere all’amore di Dio Padre. Questa per me è stata la tappa naturale di un cammino iniziato tanti anni fa dall’incontro con l’Uomo Dio Gesù Cristo. L’articolo 6 del II capitolo della nostra Regola dice: Sepolti e resuscitati con Cristo nel Battesimo, che li rende membri vivi della Chiesa, e ad essa più fraternamente vincolati per la professione, si facciano testimoni e strumenti della sua missione tra gli uomini, annunciando Cristo con la vita e con la parola. Non ero mai stata prima in missione nel senso vero e proprio del termine, ma da sempre mi sono sentita missionaria, e soprattutto sempre mi sono sentita figlia di Francesco e della Chiesa.

Nell’esperienza fatta a Mlali in Tanzania con p. Flavio e gli allora ragazzi della Gi. Fra, ho toccato con mano l’amore misericordioso di Dio, lì è cominciata la svolta più importante della mia vita, lì è nato il mio desiderio di condivisione e di servizio.

Così sono iniziati i campi estivi con i ragazzi, le vacanze con gli anziani, i mercatini missionari, l’impegno per le adozioni a distanza, il servizio nel Consiglio locale a Prato (6 anni) e nel Consiglio e Coordinamento regionale Toscano (8 anni), le raccolte alimentari e il viaggio fatto in Bosnia con il camion degli alimenti con Claudio e Ilaria, l’animazione nell’orfanotrofio Giovanni XXIII in Croazia, con Santino, Ilaria, Livia, con questi amici fraterni ho condiviso tante esperienze, tante gioie e tante lacrime, sono i miei amici santi che mi hanno aiutata nel cammino.

E il viaggio fatto con p. Corrado e p. Luciano in visita ai conventi e alle fraternità della Nigeria. Sempre mi domandavo dove il Signore mi avrebbe chiamata, guardavo quei luoghi con gli occhi di chi si aspetta una risposta.

Poi un anno sono andata a trovare Umberto e Salvatrice in Romania. Non pensavo che quella fosse la mia terra di missione, perché non capivo neppure la loro scelta. Quanti schemi, quante chiusure,… ancora non avevo incontrato il mio lebbroso.

Dal Testamento di Francesco(110-1,3) "Mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi: e il Signore stesso mi condusse tra loro …. ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo".

Quello che della Romania vediamo alla TV o sui giornali è solo una parte di quello che quel popolo è veramente, profitto di bambini, prostituzione, giri loschi, si, c’è anche questo, come in qualsiasi altra parte del mondo. Sono entrata con stupore nella storia di questo paese così vicino a noi eppure così sconosciuto, giudicato solo per sentito dire, senza vera conoscenza. Cosa sappiamo di loro? Di quello che hanno sofferto sotto la dittatura? Oppressi, schiacciati, privati di ogni libertà, anche quella di credere. Tanti hanno pagato con la vita. Chiese distrutte, sacerdoti e laici che si sono opposti al regime imprigionati e torturati. Il seme di questi martiri è un seme d’amore che sta rifiorendo, questo popolo si vuole rialzare e ritrovare la dignità di vere donne e veri uomini e vuole farlo con il lavoro; per questo vanno aiutati, perché soprattutto questo popolo è quella fetta di umanità per cui Cristo è morto e risorto.

Quando sono partita molti mi chiedevano: "ma cosa vai a fare? Con quale spirito ci vai? Che cosa ti aspetti?"
Cose da fare sapevo che ce ne erano molte, nella Enciclica Deus caritas est il papa Benedetto XVI al punto 16 dice: "Guardando con gli occhi di Cristo io posso dare all’altro ben più delle cose estremamente necessarie: posso donargli lo sguardo d’amore di cui egli ha bisogno"

Fossi riuscita a fare solo questo!

Cosa mi aspettavo? Quello che ci ha promesso Gesù: Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi nel mio nome, riceverà cento volte tanto insieme alle tribolazioni.

Queste tribolazioni che non vorremmo mai! Eppure mi avevano avvisato gli amici missionari che erano partiti prima di me, mi avevano detto come sarebbe stato duro quando cominciano a mancare gli amici, le cose lasciate, gli affetti più cari, i figli. Ed anche il mio padre spirituale me l’aveva detto, aspettati la tribolazione del fallimento e della delusione, quando le cose non andranno come vorresti o come ti aspetteresti. E il giorno del mandato me l’ha ricordato anche il nostro Vescovo donandomi la croce missionaria, sapevo cosa voleva dire quella croce, Gesù c’e l’ha detto:

"Chi vuole venire dietro a me, prenda la sua croce e mi segua".

Ma guardavo quella croce e vedevo Cristo con gli occhi aperti, vivo! Risorto! E mi diceva: non temere Lucia, io ti sono vicino e ti proteggo, ti sostengo, anzi ti precedo, sono già in Romania e ti aspetto perché c’è una missione da compiere. Si, perché la missione la compie Gesù, non la Lucia, ma Gesù ha bisogno delle mie mani, delle mie gambe, del mio cuore, ed io quel giorno dissi: "eccomi, manda me".

Come sono partita? Con il mio carisma francescano, che è specifico, quello di amare e servire Cristo povero e crocifisso, vorrei dire a tutti quanto Dio ama i suoi figli, da parte mia e con l’aiuto di Dio, sto cercando di fare tutto quanto è possibile per condividere e camminare insieme alle persone che incontro, verso la speranza, verso la gioia, per essere testimone di fede e di amore, a nome dell’Ordine francescano secolare e a nome della Chiesa di Prato.
Pace e bene Lucia




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