La crisi economica mondiale avrà un impatto devastante sui Paesi più poveri, in particolare quelli africani. Ma conseguenze drammatiche si attendono anche in quei Paesi del continente ameticano colpiti recentemente dagli uragani come Haiti e la Repubblica Dominicana. Una missione dell’Ifad, il Fondo internazionale per lo svliuppo agricolo ha fatto il punto della situazione, attivando un progetto coordinato con altri organismi di aiuto.
RadioVaticana - Ce ne parla Marco Camagni, dell’Ifad:
R. – In Haiti la situazione è ancora molto difficile; ci sono intere comunità praticamente isolate, che non si possono raggiungere se non in elicottero. C’è un problema di rischio di malattie, c’è il problema di rischio di capacità di produrre il minimo per vivere, quindi la situazione è ancora molto critica. Per fortuna, la comunità internazionale, la cooperazione internazionale e lo stesso governo, si sono mossi tempestivamente e sono state messe in piedi le attività di emergenza e di appoggio che stanno, in parte, alleggerendo la situazione.
D. – Quali sono le principali misure dell’Ifad ad Haiti e c’è coordinamento con altri organismi internazionali?
R. – Assolutamente sì: ad Haiti, immediatamente dopo l’emergenza, è stata creata una specie di task-force che include le quattro agenzie principali che lavorano nell’isola e l’Ifad è stata parte di questa task-force. E’ stata fatta una missione immediata per capire cosa stava succedendo e che cosa si poteva fare. I disastri naturali hanno creato un’instabilità istituzionale che ha reso abbastanza difficile una risposta immediata perché ovviamente noi lavoriamo con i governi e non avendo una chiara controparte, era più difficile intervenire. Comunque, nonostante questo, è stato messo in piedi, in tempo record per i nostri standard, nel giro di pochi mesi, un programma di dieci milioni di dollari per appoggiare la ripresa della parte produttiva del Paese - che era completamente distrutta da questi fenomeni naturali - grazie ad un accordo con la Fao. La Fao sarà gestore dei fondi che però vengono dai progetti dell’Ifad.
D. – Rispetto alla crisi causata dall’aumento dei prezzi dei beni alimentari di cui si è parlato molto ad inizio anno, a che punto siamo, in particolare, ad Haiti?
R. – L’impatto che ha l'aumento dei prezzi sulle popolazioni povere di questi Paesi, è molto alto perché la loro dieta base include molti prodotti che sono importati, che i Paesi non possono produrre. E quindi, l’effetto di una crescita anche lieve dei prezzi internazionali ha un impatto molto maggiore sulla loro capacità di spesa e quindi sulla loro capacità di alimentarsi correttamente. E questo è un problema comune ad entrambi i Paesi anche se, nel caso di Haiti è accentuato dal fatto che il Paese non è capace di produrre, in questo momento, a causa di tutti questi disastri, quasi nulla: quasi tutto è importato.
RadioVaticana - Ce ne parla Marco Camagni, dell’Ifad:R. – In Haiti la situazione è ancora molto difficile; ci sono intere comunità praticamente isolate, che non si possono raggiungere se non in elicottero. C’è un problema di rischio di malattie, c’è il problema di rischio di capacità di produrre il minimo per vivere, quindi la situazione è ancora molto critica. Per fortuna, la comunità internazionale, la cooperazione internazionale e lo stesso governo, si sono mossi tempestivamente e sono state messe in piedi le attività di emergenza e di appoggio che stanno, in parte, alleggerendo la situazione.
D. – Quali sono le principali misure dell’Ifad ad Haiti e c’è coordinamento con altri organismi internazionali?
R. – Assolutamente sì: ad Haiti, immediatamente dopo l’emergenza, è stata creata una specie di task-force che include le quattro agenzie principali che lavorano nell’isola e l’Ifad è stata parte di questa task-force. E’ stata fatta una missione immediata per capire cosa stava succedendo e che cosa si poteva fare. I disastri naturali hanno creato un’instabilità istituzionale che ha reso abbastanza difficile una risposta immediata perché ovviamente noi lavoriamo con i governi e non avendo una chiara controparte, era più difficile intervenire. Comunque, nonostante questo, è stato messo in piedi, in tempo record per i nostri standard, nel giro di pochi mesi, un programma di dieci milioni di dollari per appoggiare la ripresa della parte produttiva del Paese - che era completamente distrutta da questi fenomeni naturali - grazie ad un accordo con la Fao. La Fao sarà gestore dei fondi che però vengono dai progetti dell’Ifad.
D. – Rispetto alla crisi causata dall’aumento dei prezzi dei beni alimentari di cui si è parlato molto ad inizio anno, a che punto siamo, in particolare, ad Haiti?
R. – L’impatto che ha l'aumento dei prezzi sulle popolazioni povere di questi Paesi, è molto alto perché la loro dieta base include molti prodotti che sono importati, che i Paesi non possono produrre. E quindi, l’effetto di una crescita anche lieve dei prezzi internazionali ha un impatto molto maggiore sulla loro capacità di spesa e quindi sulla loro capacità di alimentarsi correttamente. E questo è un problema comune ad entrambi i Paesi anche se, nel caso di Haiti è accentuato dal fatto che il Paese non è capace di produrre, in questo momento, a causa di tutti questi disastri, quasi nulla: quasi tutto è importato.
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