Parlano gli avvocati degli esuli arrestati per estorsione e terrorismoPeaceReporter - L’arresto di trentotto rappresentanti della comunità tamil in Italia con l'accusa di estorsione e associazione terroristica, avvenuto lo scorso 18 giugno su ordine delle procure di Napoli e Palermo, era finito sulle prime pagine dei quotidiani nazionali e sui Tg della sera con titoli che già erano una sentenza di condanna, del tipo “Sgominata la rete delle Tigri tamil in Italia”. Pochi giorni dopo, senza nessun clamore mediatico, alcuni Gip dei tribunali delle città in cui erano avvenuti gli arresti non hanno convalidato la metà dei fermi per mancanza di prove, giudicando illegittimi i provvedimenti di custodia cautelare ordinati dalle procure e rimettendo quindi una decina di tamil in libertà e dando ad altri cinque i domiciliari o l’obbligo di dimora. Ma i procuratori di Napoli e Palermo, in contrasto con la decisione di questi giudici, hanno reiterato l’ordine di fermo, e così, nella notte tra venerdì e sabato scorso, la Digos ha riportato in carcere tutti i tamil.
“Accuse senza prove”. “Sono veramente indignato da questa vicenda”, ci dice al telefono da Palermo l’avvocato Vincenzo Gervasi, difensore di tre ragazzi tamil. “Questa inchiesta è una follia, una montatura che fa acqua da tutte le parti. L’accusa di estorsione è caduta subito per tutti: gli indagati hanno dimostrato di aver sempre raccolto denaro alla luce del sole, durante incontri pubblici organizzati con il permesso delle varie Questure. E hanno addirittura mostrato le ricevute: sia quelle delle donazioni in entrata sia quelle dei versamenti effettuati in Sri Lanka. Per cosa? Per finanziare la realizzazione di strutture di sostegno agli orfani e alle vedove tamil che hanno perso in guerra genitori e mariti. La destinazione, certificata, di queste donazioni contrasta evidentemente anche con l’altra accusa, quella di associazione con finalità di terrorismo internazionale, ex articolo 217 bis. Su quali basi – si chiede l’avvocato Gervasi – le procure possono sostenere che quei soldi vengono in realtà usati per finanziare i terroristi delle Tigri tamil? Non ci sono prove, non sono stati fatti accertamenti: sono solo supposizioni. Risulta invece dagli atti dell’inchiesta che il governo dello Sri Lanka aveva recentemente chiesto all’Italia di contrastare questa raccolta fondi da parte degli esuli tamil”.
“Il diritto piegato alla politica”. Ancor più duro il commento dell’avvocato Vainer Burani, difensore di dieci tamil, che da Reggio Emilia dice a PeaceReporter: “Questa inchiesta è basata sul nulla. Ne ho seguite tante di inchieste per terrorismo internazionale con quadri giudiziari deboli, ma questa le supera tutte! Siamo di fronte a un eclatante caso in cui il diritto viene piegato alle esigenze della politica, internazionale. Le trecentocinquanta pagine scritte dai giudici dell’accusa sono di una faziosità assoluta. Il Pm ricostruisce un quadro storico della guerra civile in Sri Lanka tra singalesi e tamil citando solo gli attentati compiuti dalle Tigri tamil, senza nemmeno un accenno alla guerra in corso e alle gravissime violazioni dei diritti umani dei tamil da parte del governo, più volte denunciate dalle organizzazioni dei diritti umani. Un bell’esempio di non indipendenza della magistratura! Questi presunti terroristi – spiega l’avvocato Burani – sono in realtà gente pacifica e laboriosa, che sta qui in Italia da tantissimo tempo, e svolge apertamente una campagna di sostegno e di solidarietà con il loro popolo che in patria è vittima di una guerra brutale. Le Tigri tamil amministrano il territorio che controllano e quindi anche tutti i progetti sociali, ma per dire che quei soldi vengono utilizzati dalle Tigri per fare gli attentati ci vogliono delle prove! E qui non ce ne sono. Qui c’è solo pregiudizio politico. Lo dimostra il fatto che in casi analoghi, come ad esempio quello dell’Uck, nessuno ha mai parlato di terrorismo”.
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