venerdì, giugno 27, 2008

Mugabe unico candidato nelle elezioni-farsa di domani.

PeaceReporter - Per Sua Maestà britannica, da ieri Mugabe non è più 'sir'. Ma la revoca del titolo di cavaliere onorario, decisa da Londra in segno di 'disgusto per le violazioni dei diritti umani', non è che uno dei numerosi - e sinora sterili - atti formali di denuncia da parte della comunità occidentale per le violenze e gli abusi che hanno contraddistinto il clima pre-ballottaggio in Zimbabwe, dopo le presidenziali del 29 maggio scorso. Le elezioni saranno una messinscena: illegali, in quanto l'oppositore Morgan Tsvangirai del Movement for Democratic Change si è ritirato, e Mugabe correrà da solo; insanguinate, dato che la campagna è stata macchiata da oltre 90 omicidi di membri del Mdc da parte dei militari fedeli allo Zanu-Pf di Mugabe; illegittime, poichè non contempleranno osservatori (ai 500 inizialmente approvati dal governo, contro gli 8 mila del 29 marzo scorso, non è stato approvato l'accredito, e gli osservatori indipendenti non parteciperanno perchè non esistono adeguate condizioni di sicurezza); farsesche, secondo gli Stati Uniti; né libere, né eque, secondo le Nazioni Unite; fallimentari, secondo Nelson Mandela, che ha riconosciuto il 'tragico destino di un Paese'.

Il ruolo della Sadc. Alle dichiarazioni d'intenti, alle condanne formali, al biasimo ufficiale che accomuna le dichiarazioni delle Cancellerie occidentali, si uniscono le pressioni della Sadc (Comunità per lo sviluppo dei Paesi dell'Africa meridionale), che in un comunicato firmato dal presidente Tomaz Augusto Salomao, parla di 'una situazione corrente che mina la credibilità e la legittimità del risultato elettorale', esortando Harare a rimandare il voto. Secondo i commentatori della stampa internazionale, i 14 Stati australi del continente stanno 'facendo il vuoto' intorno a Mugabe, che sarebbe 'sempre più isolato' anche dopo l'atteggiamento, meno compiacente che in passato, di un suo sostenitore storico, il presidente sudafricano Thabo Mbeki. Ma la mediazione della Sadc, ha finora prodotto risultati nulli. I mediatori, o 'facilitatori' dell'organizzazione hanno continuato per mesi, negli anni seguiti alle elezioni del 2003, a organizzare incontri tra le parti, sapendo di non avere alcun potere per risolvere la crisi politica interna.

Omissioni. Anzi, la Sadc ha tacitamente 'approvato' la politica di Mugabe, a cominciare dalla riforma terriera, facendo appello, lo scorso anno, alla rimozione di tutte le sanzioni da parte della comunità internazionale e mantenendo un atteggiamento di totale disinteresse di fronte alle violazioni dei diritti umani. Difficilmente l'opera di 'mediazione' di questi giorni da parte della Sadc, lacerata anche da lotte intestine riguardo una linea comune da tenere nei confronti di Mugabe, servirà a qualcosa. Se le scorse tornate elettorali (2000, 2002, 2005) hanno significato la sospensione del sostegno finanziario, degli aiuti allo sviluppo e di sanzioni mirate al Paese da parte della comunità internazionale, la percezione che si ha oggi è che la crisi sia irreversibile, e che la situazione nel Paese abbia raggiunto un livello tale, secondo quanto sostiene il premier kenyano Raila Odinga, da far prefigurare scenari da guerra civile.

Verso il peggio. Mentre l'Australia suggerisce ai suoi cittadini di non recarsi nel Paese, Morgan Tsvangirai continua a far appello al dialogo, ma solo se arriverà un'offerta da Mugabe prima del voto. "Ogni ipotesi di negoziato è esclusa se Mugabe si dichiara il vincitore delle elezioni e riconferma se stesso presidente", ha detto Tsvangirai. Il numero due del Mdc, Tendai Biti, è stato oggi liberato su cauzione. Un gesto che, tuttavia, sembra non preludere a possibili aperture da parte di Mugabe, la cui campagna elettorale è terminata ieri sera. Oggi si vota. Il presidente-padrone rimarrà al suo posto. La peggiore crisi umanitaria dai tempi dell'indipendenza si aggraverà ulteriormente. Il Paese continuerà nel suo inarrestabile, catastrofico declino. Ma, almeno, la comunità internazionale 'non riconoscerà il risultato del voto'.

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