Radio Vaticana - Il cardinale Crescenzio Sepe si è richiamato al documento “Chiesa italiana e Mezzogiorno. Sviluppo nella solidarietà”, pubblicato nel 1989, per denunciare l’indifferenza per i problemi che riguardano il Mezzogiorno. Lo ha fatto nel corso di un incontro sul tema “Chiesa e Mezzogiorno: aspetti etico-morali della questione meridionale”, organizzato dall’Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli. “Già vent’anni fa – ha precisato il porporato - i vescovi mettevano l’accento sulla modificazione dei modelli di comportamento e dei valori che avevano riguardato il Sud, trasformando e lacerando le reti di solidarietà familiari e sociali, che ne avevano tradizionalmente costituito il tessuto connettivo”. “L’assimilazione, nei comportamenti delle famiglie e dei giovani meridionali, di modelli edonistici – ha continuato il cardinale- fortemente segnati dall’individualismo, indifferenti ai legami sociali, ha inciso sulla comunità familiare, delegittimandola…fino a generare un ethos diffuso e aggressivo”. Come riporta l’agenzia Sir, l’arcivescovo di Napoli ha poi evidenziato come sia diffusa l’idea che la questione Sud sia una questione soltanto marginale, “destinata a scomparire” grazie al progresso nel Paese. Tre gli aspetti indicati dall’arcivescovo sui quali riflettere: “il problema della legalità” che non significa solo un riconoscimento delle regole ma il disconoscimento di esse; “le difficoltà create dal mancato sviluppo economico” con le inevitabili ripercussioni sull’accesso al lavoro per intere generazioni; infine la formazione. “Occorre – ha aggiunto il cardinal Sepe- saldare il progetto di istruzione ad un progetto formativo che inserisca il lavoro in una rinnovata trama capace di ricostruire una rete di relazioni che includa la speranza. Questa è forse l’unica strada per combattere ogni forma di morte sociale e abbattere la cultura della disonestà, della sfiducia e del disfattismo”. Il porporato ha annunciato a novembre un convegno a Napoli sul ruolo della Chiesa che è nel Mezzogiorno. “La comunità ecclesiale vuol essere anche oggi, – ha detto- come già in passato, una particolare forma di aggregazione solidaristica presente capillarmente”. “Come già venti anni fa - ha aggiunto il porporato - la Chiesa vuole proporsi all’intera comunità nazionale come segno di speranza”. “Ri-organizzare la speranza” che significa evitare che “qualcuno la rubi e ci condanni - ha concluso il cardinal Sepe - a una morte sociale e religiosa”. (B.C.)| Tweet |
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