mercoledì, maggio 21, 2008
L'organismo finanziario internazionale decide di non intervenire sul mercato per risolvere la crisi dei prezzi dei beni alimentari e rifuta gli aiuti al Myamnar

da PeaceReporter

La Banca Mondiale è contraria ad intervenire sul mercato internazionale nonostante il forte rialzo dei prezzi dei beni alimentari. In nome delle teorie liberali di Adam Smith, l'organismo finanziario rifiuta qualsiasi azione correttiva nell'immediato, convinto che la forte carestia dei prodotti di base come il riso, a causa della quale la capacità di sussistenza di milioni di persone è andata in crisi, continuerà per anni. Ma più che per una cieca fede nella capacità di regolazione spontanea del mercato, che non richiede interventi esterni per raggiungere un equilibrio, la World Bank sceglie un ruolo defilato per lasciare campo alla componente fortemente speculativa che sta alla base del problema. Quello che è necessario è perciò creare una soluzione stabile, puntare ad un aumento dell'offerta incrementando la produzione alimentare a livello mondiale.

La povertà guadagna terreno. Juan José Daboud, amministratore delegato della Banca Mondiale, ha ammesso che la velocità di rincaro dei prezzi dei beni primari negli ultimi mesi è stata allarmante e che il costo del riso ha raggiunto i livelli record toccati durante la crisi di metà anni Settanta. Secondo i calcoli della World Bank, il fatto che il prezzo dei prodotti di base sia raddoppiato negli ultimi 3 anni equivale alla perdita di 7 anni di lavoro nella lotta contro la povertà. "Torneremo il punto in cui eravamo nel 2001", ha detto Daboud nel corso di una lezione che ha tenuto oggi all'università di Singapore. Ciò nonostante, l'alto funzionario ha bocciato la proposta, avanzata all'inizio del mese dall'Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale (Asean), di costituire un cartello per fissare il livello di produzione del riso e il relativo prezzo, mantenendo così l'equilibrio tra domanda e offerta. "La manipolazione dei prezzi potrebbe portare a benefici temporanei", ha osservato, "ma condurrebbe ad un'errata ripartizione delle risorse nel lungo periodo".

Aumento dell'offerta. Cina, Giappone, Thailandia e Vietnam, tra i maggiori produttori mondiali di riso, sono stati contattati dalla Banca Mondiale ed è stato loro chiesto di unirsi per riuscire a vendere un'ulteriore milione di tonnellate del cereale, alleggerendo così la pressione dei prezzi sul mercato. "L'elemento chiave nella risoluzione della crisi è l'aumento della produzione di cibo, non esistono soluzioni magiche e non c'è spazio per misure temporanee", sostiene infatti Daboud, ex ministro dell'Economia di El Salvador. La Banca Mondiale vuole farsi promotrice di una nuova politica del cibo a livello mondiale, che prevede, nel breve periodo, la realizzazione di reti di sicurezza alimentare e di assistenza immediata per i più poveri, oltre a programmi di più ampio respiro che incoraggino la produzione di riso. Nessuna misura verrà però presa per contrastare le grandi concentrazioni della distribuzione che controllano gli scambi locali e internazionali. Vere e proprie oligarchie che speculano sui beni alimentari, provocandone un rialzo dei prezzi ulteriore rispetto a quello determinato dai fattori naturali ed economici.

Niente aiuti causa debiti. Al mancato intervento sul mercato per risolvere la crisi dei beni alimentare si aggiunge il rifiuto di assistere il Myanmar, in ginocchio dallo scorso 2 maggio dopo il passaggio del ciclone Nargis. La Banca Mondiale ha deciso di non fornire il sostegno economico necessario per le opere di soccorso nel Paese del sud-est asiatico, perchè la giunta militare al potere non ha ancora onorato un debito contratto con il centro finanziario internazionale nel 1998. "La politica della banca è quella di non destinare aiuti finanziari di alcun genere ai Paesi che non hanno ripagato i loro debiti", ha riferito Daboud.

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