martedì, aprile 11, 2017
Almeno 43 le vittime nei due attentati rivendicati dall’Isis a Tanta e Alessandria. 
 
NenaNews - Al-Sisi dichiara tre mesi di stato di emergenza e sfrutta il radicalismo jihadista per ottenere sostegno dalla comunità internazionale, ma all’interno la sua immagine è incrinata

AGGIORNAMENTO ore 13 – COSA PREVEDE LO STATO DI EMERGENZA
Sotto regime di stato di emergenza il presidente egiziano vede ampliati i propri poteri: può inviare a giudizio delle corti di Sicurezza dei civili (processi che non prevedono appello dopo il verdetto); può bloccare il verdetto delle corti di Sicurezza e emendare le sentenze; può annullare o sospendere il processo; può monitorare e intercettare ogni forma di comunicazione e corrispondenza e imporre censure contro la stampa; può imporre coprifuoco a tempo indeterminato, confiscare proprietà private e ordinare la chiusura di fabbriche e attività commerciali. —————————————————————————————


NenaNews - Ad un giorno dagli attentati compiuti dall’Isis durante la celebrazione della domenica delle palme in due chiese copte della città di Tanta, sul Delta del Nilo, e a Alessandria il bilancio è di 43 morti e ulteriori poteri in mano all’esercito egiziano.

di Chiara Cruciati

Mentre iniziavano i preparativi per i funerali delle vittime dei due attacchi (stamattina le salme sono state portate nelle piazze delle due chiese colpite per i riti funebri), il Ministero della Difesa dietro ordine del presidente al-Sisi dispiegava l’esercito nelle principali città egiziane. Dopo le due stragi, al-Sisi ha infatti firmato un decreto per dispiegare militari e forze di polizia a protezione delle “strutture e infrastrutture vitali” per il paese, tutti gli obiettivi sensibili.

Poi, dopo aver dichiarato tre giorni di lutto nazionale, ha annunciato lo stato di emergenza per tre mesi in tutto l’Egitto, misura finora applicata senza soluzione di continuità alla sola Penisola del Sinai, terra abbandonata dagli investimenti e la presenza socio-economica dello Stato e divenuta luogo di ritrovo e azione di gruppi islamisti radicali di diverse fedeltà.

Lo stato di emergenza, dunque, non riguarderà più soltanto le città di Rafah e al-Arish e i rispettivi distretti, ma l’intero paese. In Sinai è attivo il coprifuoco dalle 19 di sera alle 6 del mattino; è previsto il carcere per chiunque lo violi. Al-Sisi ha infine ripristinato l’Alto Consiglio della resistenza al terrorismo e all’estremismo e promesso al più presto una legge che ne ampli i poteri e gli spazi di intervento.

A venti giorni dalla visita in Egitto di papa Francesco, che arriverà al Cairo alla fine di aprile, e una settimana dopo l’incontro alla Casa Bianca tra il presidente al-Sisi e Trump, il terrorismo di matrice islamista insanguina di nuovo il paese e la minoranza copta cristiana (un decimo della popolazione, circa nove milioni di persone). A Washington, il generale golpista aveva ricevuto una seconda benedizione dal nuovo inquilino della Casa Bianca, dopo quella immediata espressa in una telefonata a poche ora dall’ingresso nel governo Usa.

Sullo sfondo il comune interesse statunitense e egiziano di lotta al terrorismo islamista, che Il Cairo sta usando con intelligenza per coprire la sistematica e strutturale violazione dei diritti umani in casa. In cima alla lista ci sono i Fratelli Musulmani, che terroristi non sono, ma che per Trump sono parte del calderone. Dopo otto anni di Obama, al-Sisi cerca a Washington un sostegno maggiore per distruggere definitivamente il movimento islamista e più denaro di quello già girato annualmente da Washington (1,5 miliardi di dollari in aiuti militari più altri 500 milioni in aiuti economici).

La strage di ieri che ha macchiato la giornata di festa e celebrazione aiuta indirettamente i piani di al-Sisi,ma potrebbe rivelarsi un boomerang: se gli islamisti colpiscono, la giustificazione a stringere la morsa trova nuova linfa. Non tanto e non solo contro i movimenti islamisti radicali che in Sinai dettano legge, ma soprattutto contro il resto della società civile e dei movimenti politici di opposizione, che finiscono nel tritacarne della repressione a largo raggio.

Ma se l’ondata di attacchi può essere sfruttata da al-Sisi nell’immediato e, politicamente, per ottenere ulteriore impunità dalla comunità internazionale, non aiuta la tenuta del regime all’interno: la percezione della popolazione è di un’estrema insicurezza che, accompagnata alla repressione delle voci critiche e alla crisi economica, indebolisce alla base l’immagine dell’uomo forte al-Sisi.

I due massacri di ieri (la prima esplosione ha colpito la chiesa di San Giorgio a Tanta, uccidendo 27 persone e ferendone 78; la seconda la cattedrale di San Marco, sede dell’ufficio del papa copto Tawadros II, ad Alessandria: 16 morti, 41 feriti) sono gli ultimi di una lunga serie, che ha preso di mira la minoranza cristiana: nelle settimane scorse centinaia di copti sono fuggiti dalla città di al-Arish, nella Penisola del Sinai, dopo minacce da parte di gruppi legati all’Isis concretizzate nell’incendio di alcune case.

A dicembre un’altra chiesa, stavolta al Cairo, è stata teatro di un attentato durante la messa domenicale: 29 vittime. Nena News

Chiara Cruciati è su Twitter: @ChiaraCruciati


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