lunedì, giugno 20, 2016
Nel suo nuovo libro, edito dalle edizioni Paoline, Francesco Occhetta delinea i lineamenti del modello della giustizia riparativa, esponendone i fondamenti biblici, etici e giuridici in vista di una auspicabile riforma del sistema penale e penitenziario che ponga al centro la vittima con le sue legittime attese di riparazione e il suo bisogno di riconciliazione con il reo.

recensione di Bartolo Salone

Un titolo impegnativo e in parte provocatorio quello scelto da Francesco Occhetta, gesuita e membro di redazione della storica rivista La civiltà cattolica, per il suo nuovo libro, il cui significato è riassunto dallo stesso autore nelle ultime battute del capitolo conclusivo, che esprimono singolarmente il senso dell’intera opera: “E’ stato scritto – osserva Occhetta – che ‘un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere nuovi occhi’. Vedere in modo diverso è l’inizio di una giustizia capovolta in cui, per il reo, l’espiazione è volta a restituire la dignità perduta, per la vittima a ritrovare ragioni per vivere”.

Il modello della giustizia riparativa o riconciliativa – che ci viene descritto con maestria da Francesco Occhetta e di cui si stanno muovendo i primi passi a livello operativo grazie all’impegno di volontari del carcere, di associazioni illuminate come Libera e di operatori del mondo della giustizia sensibili al tema della riabilitazione del condannato, ma che stenta ad imporsi all’attenzione dell’opinione pubblica e della stessa riflessione accademica ancora troppo ancorata a vecchi schemi – intende suscitare un ripensamento del tradizionale modello retributivo della giustizia penale, incentrato sull’esigenza di punizione e di neutralizzazione della pericolosità sociale del reo mediante l’applicazione di pene proporzionate alla gravità del reato commesso, per giungere ad una visione rinnovata del sistema penale ricalibrata sulla posizione della vittima. Infatti, nella concezione tradizionale del diritto penale la vittima riveste un ruolo passivo (la vittima, appunto, quale soggetto passivo del reato), le sue esigenze spirituali più profonde di elaborazione della sofferenza, di perdono e di riconciliazione sono del tutto trascurate per lasciare spazio, tutt’al più, alle esigenze di carattere materiale connesse a forme economiche di ristoro del danno, le quali tuttavia si rivelano nei fatti insufficienti a restituire alla vittima la pace perduta.

Se il modello retributivo della giustizia pone al centro lo Stato quale istituzione autoritaria e il reo quale soggetto che attenta ai suoi primari interessi e che quindi va neutralizzato o contenuto nelle sue pulsioni antisociali, il modello riparativo, al contrario, focalizza la sua attenzione sulla vittima del reato, sulle sue esigenze umane di elaborazione e di superamento del male subito, coinvolgendo in questo processo proprio l’autore del male e valorizzando la sua capacità di riparare il torto commesso. Se la giustizia retributiva è tutta preoccupata a punire, reprimere, isolare, la giustizia riparativa intende invece valorizzare le potenzialità di bene insite nel reo, inducendo percorsi di mediazione e di incontro con la vittima finalizzati a guarire il male e a sanare le ferite.

Nel delineare i tratti salienti della giustizia riparativa, l’autore nella prima parte del libro effettua un monitoraggio della situazione delle carceri italiane nella convinzione – ripresa da Voltaire – che dalle carceri si misura il grado di civiltà di una nazione, per poi approfondire i fondamenti biblici del tema (fin dall’Antico Testamento emerge infatti un modello di giustizia improntato sul concetto di relazione, la giustizia essendo intesa appunto nell’orizzonte biblico come il ripristino di una relazione pregiudicata dalla colpa del peccato), esaminare la riflessione della Chiesa sulla pena alla luce dell’insegnamento di papa Francesco e, infine, passare in rassegna i più recenti interventi normativi in tema di ordinamento penitenziario e di giustizia minorile intesi a valorizzare la funzione rieducativa della pena come delineata dalla nostra Costituzione.

Nella seconda parte del libro sono raccolti alcuni dialoghi nella forma dell’intervista, sulla giustizia e su esperienze di riconciliazione, con Francesco Cananzi (membro del CSM), Daniela Marcone (figlia di Francesco Marcone, vittima della criminalità organizzata e attualmente vicepresidente di Libera), Guido Chiaretti (presidente dell’associazione di volontariato carcerario Sesta Opera San Fedele), don Virgilio Balducchi (ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane).

Ad aprire il testo una prefazione di don Luigi Ciotti e, a coronamento, una postfazione di Gian Maria Flick (presidente emerito della Corte costituzionale), le quali contribuiscono ad arricchire di spunti un’opera senz’altro superba che intende guidare la mente del lettore verso un nuovo orizzonte di giustizia.




È presente 1 commento

Unknown ha detto...

È davvero una recensione di una penna competente e capace di scrivere. Grazie

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