Il libro del Cardinal Gianfranco Ravasi, con un monito per la società di oggi, è in uscita nei prossimi giorni per le edizioni Marcianum Press
di Carlo Mafera
“Noi abbiamo a disposizione uno strumento fondamentale, il linguaggio, che ai nostri giorni stiamo lasciando degenerare, come dimostra la comunicazione imbarbarita, involgarita, talmente semplificata e astratta da essere ridotta semplicemente a ripetizione di stereotipi: il linguaggio tipico dei cellulari, ad esempio”. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, nel nuovo volume “La Bellezza salverà il mondo” (Marcianum Press, Collana Diálogoi), in uscita nei prossimi giorni in versione cartacea e in e-book, ha così ammonito la società italiana di aver impoverito il linguaggio con “neologismi” sintetici e sgrammaticati. Il volume contiene il testo della lectio magistralis pronunciata da Ravasi in apertura dell’edizione 2009 di “Molte fedi sotto lo stesso cielo. Per una convivialità delle differenze”, promossa dalle Acli di Bergamo. Domani, a testimonianza dell’interesse che riveste l’argomento, con lo stesso titolo la medesima organizzazione cattolica ha promosso una conferenza a Bergamo che sarà presieduta dal ministro per l'integrazione, Cecile Kyenge e che ha già fatto registrare il pieno di prenotazioni.
Il tema della bellezza è un tema straordinariamente attuale e contemporaneo. Se nei secoli precedenti era prevalente l’uso della ragione come l’unica fonte che dal punto di vista filosofico potesse dare delle risposte ai quesiti dell’uomo, relegando l’estetica ad un ruolo marginale, dal novecento in poi è stata molto rivalutata la bellezza come luogo d’incontro del sentire comune. Quindi il linguaggio dell’arte o delle arti può essere e diventare il terreno fertile dove tutte le culture e tutte le religioni possono incontrarsi. “Ai nostri giorni, purtroppo – afferma il Cardinal Ravasi - assistiamo a un divorzio tra bellezza e fede che speriamo di poter ricomporre. La fede ha intrapreso un percorso solitario e, dall’altra parte, l’arte si è rinchiusa in ricerche stilistiche di elaborazioni del tutto autoreferenziali”. È dunque necessario “ritornare al dialogo tra arte e fede, sorelle tra loro, per ritrovare un’autentica bellezza”.
“In questo modo – conclude il Prefetto del Pontificio Consiglio per la Cultura - perdiamo una dimensione fondamentale della bellezza, non solo dell’uomo, ma anche della nostra grande cultura occidentale. Si tratta di un deterioramento inarrestabile che lentamente ha cambiato persino il modo di dire Dio”. Invece il ‘sentire’ in questa epoca contemporanea è diventato prevalente rispetto al vecchio modo di concepire il mondo, di conoscerlo. Si è oramai arrivati alla conclusione che non si può più studiare il mondo solo con la categoria del pensare, ma a questa bisogna unire la più profonda categoria del sentire. Senza questa, la conoscenza rimane, per così dire, povera e unidimensionale. Nel libro il Cardinale Ravasi analizza infatti il tema della bellezza in modo del tutto nuovo, descrivendone tre aspetti fondamentali: l’estetica simbolica (la capacità di far convivere insieme il bello, il buono e il vero), che poi sono i cosiddetti trascendentali dell’essere; l’estetica della parola (l’importanza di considerare la parola come mezzo rivelatore della bellezza); l’estetica della carne (il Verbo che si è fatto storia e quindi immagine visibile e concreta del Dio invisibile). L’apporto quindi che può dare la filosofia e in particolare quella di matrice cattolica è fondamentale per maturare il dialogo con il mondo. E mi riferisco a quella elaborata dal filosofo Luigi Pareyson che parlava del legame inscindibile che esiste tra bellezza e verità. Non c’è l’una senza l’altra. Ma ecco la novità meravigliosa elaborata dal filosofo torinese: la Verità, pur essendo unica, possiede al suo interno un’inesauribilità di espressioni, che sono poi la vera ricchezza della Bellezza.
È su questo terreno che bisogna lavorare per il dialogo interculturale e interreligioso. La molteplicità delle espressioni infatti crea dialogo, incontro e confronto. L’arte, in tutte le sue espressioni, può e deve diventare il linguaggio del sentire comune dove tutti i popoli della terra possono comunicare tra loro e condividere i valori che già sono contenuti al loro interno.
di Carlo Mafera
“Noi abbiamo a disposizione uno strumento fondamentale, il linguaggio, che ai nostri giorni stiamo lasciando degenerare, come dimostra la comunicazione imbarbarita, involgarita, talmente semplificata e astratta da essere ridotta semplicemente a ripetizione di stereotipi: il linguaggio tipico dei cellulari, ad esempio”. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, nel nuovo volume “La Bellezza salverà il mondo” (Marcianum Press, Collana Diálogoi), in uscita nei prossimi giorni in versione cartacea e in e-book, ha così ammonito la società italiana di aver impoverito il linguaggio con “neologismi” sintetici e sgrammaticati. Il volume contiene il testo della lectio magistralis pronunciata da Ravasi in apertura dell’edizione 2009 di “Molte fedi sotto lo stesso cielo. Per una convivialità delle differenze”, promossa dalle Acli di Bergamo. Domani, a testimonianza dell’interesse che riveste l’argomento, con lo stesso titolo la medesima organizzazione cattolica ha promosso una conferenza a Bergamo che sarà presieduta dal ministro per l'integrazione, Cecile Kyenge e che ha già fatto registrare il pieno di prenotazioni.
Il tema della bellezza è un tema straordinariamente attuale e contemporaneo. Se nei secoli precedenti era prevalente l’uso della ragione come l’unica fonte che dal punto di vista filosofico potesse dare delle risposte ai quesiti dell’uomo, relegando l’estetica ad un ruolo marginale, dal novecento in poi è stata molto rivalutata la bellezza come luogo d’incontro del sentire comune. Quindi il linguaggio dell’arte o delle arti può essere e diventare il terreno fertile dove tutte le culture e tutte le religioni possono incontrarsi. “Ai nostri giorni, purtroppo – afferma il Cardinal Ravasi - assistiamo a un divorzio tra bellezza e fede che speriamo di poter ricomporre. La fede ha intrapreso un percorso solitario e, dall’altra parte, l’arte si è rinchiusa in ricerche stilistiche di elaborazioni del tutto autoreferenziali”. È dunque necessario “ritornare al dialogo tra arte e fede, sorelle tra loro, per ritrovare un’autentica bellezza”.
“In questo modo – conclude il Prefetto del Pontificio Consiglio per la Cultura - perdiamo una dimensione fondamentale della bellezza, non solo dell’uomo, ma anche della nostra grande cultura occidentale. Si tratta di un deterioramento inarrestabile che lentamente ha cambiato persino il modo di dire Dio”. Invece il ‘sentire’ in questa epoca contemporanea è diventato prevalente rispetto al vecchio modo di concepire il mondo, di conoscerlo. Si è oramai arrivati alla conclusione che non si può più studiare il mondo solo con la categoria del pensare, ma a questa bisogna unire la più profonda categoria del sentire. Senza questa, la conoscenza rimane, per così dire, povera e unidimensionale. Nel libro il Cardinale Ravasi analizza infatti il tema della bellezza in modo del tutto nuovo, descrivendone tre aspetti fondamentali: l’estetica simbolica (la capacità di far convivere insieme il bello, il buono e il vero), che poi sono i cosiddetti trascendentali dell’essere; l’estetica della parola (l’importanza di considerare la parola come mezzo rivelatore della bellezza); l’estetica della carne (il Verbo che si è fatto storia e quindi immagine visibile e concreta del Dio invisibile). L’apporto quindi che può dare la filosofia e in particolare quella di matrice cattolica è fondamentale per maturare il dialogo con il mondo. E mi riferisco a quella elaborata dal filosofo Luigi Pareyson che parlava del legame inscindibile che esiste tra bellezza e verità. Non c’è l’una senza l’altra. Ma ecco la novità meravigliosa elaborata dal filosofo torinese: la Verità, pur essendo unica, possiede al suo interno un’inesauribilità di espressioni, che sono poi la vera ricchezza della Bellezza.
È su questo terreno che bisogna lavorare per il dialogo interculturale e interreligioso. La molteplicità delle espressioni infatti crea dialogo, incontro e confronto. L’arte, in tutte le sue espressioni, può e deve diventare il linguaggio del sentire comune dove tutti i popoli della terra possono comunicare tra loro e condividere i valori che già sono contenuti al loro interno.
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