mercoledì, novembre 14, 2012
Ricordando la giornata commemorativa del giugno scorso, significativa è la frase di Giovanni Paolo II: “Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non integralmente pensata, non fedelmente vissuta”

di Carlo Mafera

Un luogo dove potersi incontrare tutti per discutere di quel Dio sconosciuto, come quando San Paolo andò ad Atene per confrontarsi con i massimi esponenti del pensiero greco che avevano intuito l’esistenza di un Dio che trascendeva quelli già conosciuti. Questo luogo è “il cortile dei gentili”, dove tutti gli orizzonti e le varie tende che sono state costituite si incontrano. E’ il luogo del dialogo interculturale e interreligioso per la pace, dei giovani tra la fede e il nichilismo, del grido della terra. Tutti ambiti che hanno a che vedere con la presenza di Dio, con una presenza che ha un significato, probabilmente anche per i non credenti. E’ il luogo del pensiero forte per scacciare quello debole intriso di ideologie oramai destinate a occupare un posto negli scaffali delle biblioteche.

Il Pontificio Consiglio della Cultura, di cui il Cortile dei Gentili è una delle ultime emanazioni, ha compiuto 30 anni di attività. Nella giornata commemorativa è stato significativo l’intervento di Mons. Melchor Sanchez de Toca y Alameda. che ha tracciato una breve ma esaustiva storia dell’Istituzione Pontificia vaticana, fortemente voluta da papa Paolo VI il quale colse il frutto del Concilio Vaticano II, che vi dedicò un'intera sezione della costituzione pastorale "Gaudium et Spes", sottolineando la grandissima importanza del dialogo con la cultura “per il pieno sviluppo dell'uomo, i molteplici legami tra il messaggio della salvezza e la cultura, il reciproco arricchimento della Chiesa e delle diverse culture nella comunione storica con le varie civiltà” (Gaudium et Spes, 53-62).

Raccogliendo la ricca eredità di Paolo VI, del Concilio Ecumenico Vaticano II e del Sinodo dei Vescovi, Giovanni Paolo II infine crea, nel 1982, il Pontificio Consiglio per la Cultura (Lettera autografa al Cardinale Segretario di Stato, 20 maggio 1982). Con la Lettera Apostolica in forma di “Motu proprio Inde a Pontificatus”, del 25 marzo 1993, Giovanni Paolo II unisce il Pontificio Consiglio per il Dialogo con i non credenti (fondato nel 1965 da Paolo VI) al Pontificio Consiglio della Cultura, per formare un unico organismo che porta il nome di Pontificio Consiglio della Cultura: “La sintesi tra cultura e fede non è solo un esigenza della cultura ma anche della fede. Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non integralmente pensata, non fedelmente vissuta” Giovanni Paolo II, Epistola del 20 maggio 1972) . Giovanni Paolo II era fortemente convinto dell’importanza della cultura come espressione dell’uomo e nel discorso all’Unesco fissò definitivamente la cultura come terreno d’incontro.

Il Pontificio Consiglio della Cultura è cresciuto negli anni e, come ha spiegato il Card. Ravasi nel proprio intervento, è ancora intenzionato a crescere aggiungendo altri dipartimenti ai sette oggi esistenti: Ateismo/Cortile dei Gentili, Fede e Cultura, Arte e Fede, Cultura nel mondo, Comunicazione e Linguaggi, Scienze Umane, Organismi Internazionali di Cultura e Cultura e Sport.

Dopo questa breve rassegna storica, è stato Giovanni Minoli a presentare il documentario che Rai Educational ha prodotto per raccontare la storia del Pontificio Consiglio della Cultura. Il documentario, prodotto dalla bravissima Antonia Pillosio, ha sottolineato le tappe fondamentali del Pontificio Consiglio della Cultura. Il fulcro è il profondo legame della Chiesa con la cultura, con il mondo dell’arte e degli artisti e il con Cortile dei Gentili. Per il dialogo con la cultura scientifica e non solo, tappa fondamentale è stata la riabilitazione di Galileo Galilei, padre della scienza sperimentale, da parte della Chiesa Cattolica durante il pontificato di Papa Giovanni Paolo II (31 ottobre 1992). Per l’arte sono stati egregiamente ricordati gli incontri di papa Benedetto XVI con duecentosessanta artisti nella Cappella Sistina il 21 novembre del 2009 e l’attenzione particolare che il suo predecessore Giovanni Paolo II, aveva verso questo mondo: “A quanti con appassionata dedizione cercano nuove «epifanie» della bellezza per farne dono al mondo nella creazione artistica (…) Per questo l'artista è capace di produrre oggetti, ma ciò, di per sé, non dice ancora nulla delle sue disposizioni morali. Qui, infatti, non si tratta di plasmare se stesso, di formare la propria personalità, ma soltanto di mettere a frutto capacità operative, dando forma estetica alle idee concepite con la mente (…)”. (Lettera agli artisti, Papa Giovanni Paolo II, 1999).

Merito del Pontificio Consiglio della Cultura è anche l’apertura a nuove forme di linguaggio, spesso troppo innovative per chi non è un “nativo digitale” ma comunque studiate e utilizzate come nuove forme di comunicazione. E a tal proposito, proprio in occasione del trentennale è stato pubblicato il nuovo sito del Pontificio Consiglio della Cultura.

Trent’anni di Pontificio consiglio della Cultura hanno significato tanto per i rapporti tra Fede e Cultura, apertura imprescindibile per un dialogo necessario a “non abbandonare l’Uomo”. Tra trent’anni speriamo che questa istituzione sia ancora così nuova e con le braccia tese verso il futuro.

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