lunedì, agosto 13, 2012
Alcuni oggi per sminuire il personaggio di Gesù affermano che era un profeta, un uomo eccezionale, un Maestro, ma omettono di dire che era Dio. Altri, rimasti al pensiero protestante, dicono che Egli è un “Uomo per gli altri”. Il Papa invece ribadisce che Egli è Dio, il Messia e il Risorto.

di Alberto Giannino

"Dubitare della divinità di Gesù significa opporsi all'opera di Dio”: questo il passaggio più significativo dell'Angelus pronunciato da Benedetto XVI nella residenza estiva di Castel Gandolfo. Secondo Benedetto XVI quando parliamo di Gesù di Nazaret non ci troviamo soltanto di fronte ad un Maestro, per quanto illustre, di ideologie a sfondo etico; o di fronte ad un uomo dalla particolare esperienza religiosa; o ad un grande profeta; o ad un uomo privilegiato, in cui vi sia una speciale presenza morale di Dio. Personalità del genere possono interessarci per qualche tempo nei nostri studi storici, letterari, filosofici o religiosi. Cristo, per la sua singolare realtà umana e divina, per la missione unica ricevuta dal Padre, coinvolge ed afferra tutta la nostra vicenda umana, perché è il Centro della Storia, il Redentore dell’uomo, come ci ha detto più volte Giovanni Paolo II.

Ancora una volta sorge quindi la domanda: chi è veramente Gesù di Nazaret? A rispondere è Benedetto XVI: “Al riguardo, un celebre scrittore russo fa chiedere ad un suo personaggio: « Un uomo colto, un europeo del nostro tempo, può credere ancora, può credere alla divinità di Gesù Cristo, Figlio di Dio? Poiché, alla fine, tutta la fede è là» (Fedor Dostojewski); e un famoso teologo cattolico tedesco commenta: «Il mistero di Cristo infatti non consiste, propriamente parlando, nel fatto ch’egli sia Dio, ma in ciò che Egli sia insieme Dio e uomo. Il prodigio inaudito, incredibile, non è soltanto che sul volto di Cristo risplenda la maestà di Dio, ma che un Dio sia al tempo stesso un uomo, che un Dio si sia mostrato sotto la forma di un uomo» (Adam, Iesus Christus). La nostra generazione risente la pressione di questa grande dottrina; e, purtroppo, le voci non cattoliche che si diffondono oggi nel mondo ripetono con nuove parole, ma con motivi vecchi, le risposte più strane e più disparate (Mt 16, 14): Gesù – dice Paolo VI - è un personaggio straordinario, si dice; ma non si sa bene chi Egli sia; meglio andare al sicuro, e con l’aria di magnificarlo moralmente, si finisce per minimizzarlo essenzialmente. Alla dottrina cattolica si fanno obbiezioni d’essere mitica, ellenica, metafisica, soprannaturale ... e l’apologia che gli autori eterodossi di moda fanno di Cristo si riduce ad ammettere in Lui ’un uomo particolarmente buono’, ‘l’Uomo per gli altri’, e così via, applicando a questa interpretazione di Cristo un criterio, diventato decisivo e dispotico, quello della capacità moderna a capirlo, ad avvicinarlo, a definirlo. Lo si misura col metro umano, con un dogmatismo soggettivo; e alla fine con uno scopo, seppur buono, ma utilitario, lo si accetta per quello che Cristo oggi può servire, uno scopo umanitario e sociologico. La verità non conta che nella misura della sua comprensibilità; il mistero perde il suo contenuto teologico e religioso, e si risolve nei riflessi pratici applicabili alla società moderna e ai volubili gusti d’un mondo in trasformazione”. Benedetto XVI vuole rammentare a coloro che, come Pietro, vedono in Gesù di Nazaret Dio, il Messia e il Risorto, a rimanere “forti nella fede” (1 Pietro 5, 9). E, infine, a stare alla parola del Pontefice San Leone Magno, teologo del mistero dell’Incarnazione, che c’insegna: “Il Verbo di Dio, Dio Lui stesso, perché Figlio di Dio ... si è fatto uomo: così piegandosi a prendere la nostra piccolezza, senza abdicare alla sua grandezza, da rimanere ciò che Egli era e da assumere ciò che Egli non era, e da unire la vera natura del servo alla natura ch’Egli aveva eguale a quella di Dio Padre” (Sermoni XXI).

Sono presenti 3 commenti

raffaele ibba ha detto...

Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato. (Gv prologo, 16-18)
Questo è Gesù, ora e adesso, qui in mezzo a noi, a darci sempre "grazia su grazia". E questo "fatto" lo si può vedere e capire soltanto dalla nostra gioia, che Dio stesso, nella sua Parola, nel suo Figlio, si è fatto uomo come me e te, ed è morto per strapparci dalla schiavitù del peccato.
C'è da danzare di gioia nelle strade accendendo fuochi di felicità come testimonia Peter Brown.
ciao r

Marco ha detto...

Mah... tante, troppe parole quando non si hanno ancora prove certe della sua esistenza. E come da sempre ogni religione ha la verità assoluta e l'unico dio vero... Questo è semplicemente ridicolo: non è dio che ha creato l'uomo ma è l'uomo che ha creato dio, per superare la paura della morte.

Gandalf ha detto...

Dipende da quel che intendiamo per "prova". Certo di Dio (si scrive con la maiuscola in corretto italiano e non con la minuscola) non possiamo avere una prova nel senso delle scienze sperimentali a motivo della Sua trascendenza, ma comunque possono essere addotti degli argomenti razionali che ne rendono credibile l'esistenza. L'ordine e la bellezza del creato dimostrano che quel che esiste non può essere frutto del caso (o comunque rendono altamente improbabile questa ipotesi). Il senso dell'infinito e del mistero che l'uomo porta dentro attesta ulteriormente la presenza del divino ha nella nostra vita (sarà un caso che tra tutti gli esseri viventi l'uomo è il solo ad avere il senso del sacro?). Dio rappresenta senz'altro la risposta più "razionale" alle domande esistenziali: il senso della vita, del dolore, la presenza del male, la morte. D'altro canto sarebbe riduttivo e storicamente controvertibile affermare che la fede nel Dio unico e vero nasca dalla necessità di vincere la paura della morte. In realtà, la fede nell' unico Dio storicamente si afferma prima della credenza nell'immortalità dell'anima e nella vita eterna: persino ai tempi di Gesù gli ebrei erano divisi tra quanti credevano nella risurrezione della carne e quanti negavano l'esistenza di una vita dopo la morte (vedi la controversia tra farisei e sadducei). Davvero allora l'uomo ha creato Dio per superare la paura della morte? O dovremo piuttosto dire che la credenza in Dio ha illuminato e spiega il mistero profondo della morte?

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