domenica, marzo 06, 2011
La situazione in Libia rimane molto tesa e il regime di Gheddafi sembra ancora ben saldo, a dispetto di tutte le previsioni che lo volevano spodestato in pochi giorni. Ascoltiamo oggi in esclusiva la testimonianza di un soldato italiano che è stato giorni fa a Tripoli in missione di pace, per portare al sicuro in Italia personale italiano e straniero: rispetto allo scenario descritto dai media, la situazione che emerge è abbastanza diversa. Per ovvie ragioni di sicurezza non riveliamo il nome del soldato italiano e ne camuffiamo la voce (clicca qui per ascoltare l'intervista audio).

di Fabio Vitucci

D - Benvenuto e grazie per la tua presenza ai nostri microfoni. Sappiamo che sei stato in Libia, anche se solo per un giorno. Ci racconti un po' la tua missione e il clima che hai trovato lì?

R - Il mio compito in Libia consisteva nel mettere in sicurezza una zona aeroportuale dove successivamente un aereo militare, o nel caso del porto Tripolino una nave, veniva a recuperare il personale italiano e non, per portarlo al sicuro in Italia. Al sicuro relativamente, in quanto la situazione non è cosi drammatica come viene descritta dai media televisivi. Certamente a Tripoli così come a Bengasi esiste un clima di nervosismo ed agitazione da parte della popolazione per quanto detto e fatto da parte del loro leader politico. Ma tutto ciò rimane esclusivamente circonciso ad una grande manifestazione, dove, come accade in Italia, purtroppo vi sono scontri con la polizia e l’esercito locale. Se mi baso su quanto visto e su quanto mi hanno riportato miei colleghi, la situazione non è per nulla come descritto in televisione.

D – Descrivi allora tu la situazione attuale in Libia. E’ vero ciò che si racconta, con un intero popolo che vuole spodestare Gheddafi e la sola Tripoli che rimane come baluardo del dittatore?

R - Come detto la situazione a Tripoli è tesa perché, come spesso accade nel mondo, si ritrovano fazioni con correnti di pensiero diverse, se non totalmente opposte come in questo caso. C’è chi appoggia il rais tuttora, forse per paura, forse perché ha la stessa ideologia, ma c’è anche chi ha voglia di cambiamento. 40 anni di potere hanno stancato la popolazione, che, mi ripeto, ha voglia di cambiare. Non vorrei entrare troppo in un discorso del genere, in quanto politico, visto che io sono stato lì solamente per garantire sicurezza al personale italiano ed estero. Vorrei aggiungere solo che la voglia di cambiamento è comunque sottolineata dal fatto che a Bengasi si è riunito un consiglio pseudopolitico che vuole spodestare Gheddafi. Il cambiamento, ecco cosa vogliono i libanesi.

D – Le immagini in tv ci hanno mostrato fosse comuni e violenze disumane dell'esercito: puoi confermarcelo con la tua esperienza diretta?

R - Personalmente non ho visto alcuna fossa comune. Le persone con le quali ho parlato mi hanno riferito che l’esercito ha sì causato vittime, ma non come descritto dalle cronache italiane ed estere. Semplici scontri sfociati, purtroppo, nel drammatico. Basti pensare che altre grandi città vivono un clima sereno ed apprendono le notizie anche loro solo dalle reti televisive, che, come nel caso di Al Jazeera, si scusano per i servizi mandati in onda che non corrispondono a verità. E’ emblematico il caso dell’immagine di una fossa comune vicino la spiaggia, che altro non era che un comune cimitero libico, dove è usuale sotterrare i defunti in fosse comuni. E' pur vero che in questi giorni, dopo le sparatorie contro i fedeli all'uscita dalle moschee dopo il venerdì di preghiera, la situazione è diventata più critica... Stiamo a vedere che succede...

D – Un’ultima domanda e ti lasciamo al tuo lavoro: come pensi che evolverà la situazione in Libia? E ci sarà l’intervento della NATO secondo te?

R - Sicuramente sì, un intervento ci sarà ed è iniziato con l’invio di truppe al confine Tunisino. Per ora solo per scopo precauzionale. Niente di più. L’intervento Nato mi sembra esagerato: non ci sono e mi auguro non ci saranno anche più in là i requisiti per tale intervento. L’ONU mi sembra più plausibile come scelta di tipologia di missione. L’Italia adesso è impiegata al confine tunisino con il solo scopo di garantire le condizioni umane ai profughi che stanno andando via dalla Libia.
Inoltre, se Gheddafi commetterà crimini ingiustificati contro la popolazione, l’intervento militare sarà inevitabile. Ma questo è proprio ciò che si vuol evitare. Si sta lavorando affinché lo stesso Rais abdichi ed inizi cosi l’instaurazione di una nuova linea politica che porti alla nascita della nuova Libia.

D - Bene, ti ringraziamo per la tua disponibilità e la tua importante testimonianza. Come abbiamo potuto constatare, i media spesso tracciano un quadro un po’ lontano dalla realtà… noi de La Perfetta Letizia proviamo a raccontare esattamente la verità.

R - Grazie a voi

È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

Grazie per la testimonianza coraggiosa e senz'altro onesta su quanto l'amico soldato ha potuto percepire.
Mi rendo conto che in così breve tempo non sia possibile ricavare analisi aderenti al vero da una realtà tanto distante al nostro modo di vedere e posso capire che il timore nei confronti di notizie manipolate crea distanza da fatti che dovrebbero vederci umanamente più partecipi.
Così, invece di vedere i fatti ci perdiamo nella loro interpretazione e ci sentiamo persino gratificati dalla nostra volontà di essere obiettivi, presi dall'esercizio della nostra intelligenza critica ci nascondiamo l'urgenza del bisogno dei nostri fratelli.
Nel caso delle rivolte in Libia mi guarderei dal fare di tutte le erbe un fascio omologando le libertà di espressione che il nostro ordinamento democratico permette alle non libertà cui sono costretti i cittadini libici. Mi chiederei piuttosto le ragioni di quelli che hanno protestato e di quelli che sembrano estranei alla protesta e quindi in che modo i libici vivono o se li hanno potuti vivere i diritti umani fondamentali.
Immagino a questo proposito che il giovane soldato nei suoi scambi con la gente del luogo abbia potuto dedurre una condizione di libertà attraverso i tratti comuni m in molti libici: genuina spontaneità e sincera curiosità unita ad accogliente attenzione verso il diverso.
Guardando meglio risulterebbe oltre ciò la constatazione che 42 anni di quel potere hanno prodotto in questo popolo straordinario mortificazioni e lutti e paura e una condizione interiore di sofferenza ben peggiore dello stancamento.
Quanto ai morti essi purtroppo esistono per ammissione di tutti e meritano la nostra vicinanza. Chiedo allora senza alcun senso di polemica: quali sarebbero i requisiti per un intervento ONU? Altri morti libici?
E ancora: esistono crimini giustificati?
A mio modo di sentire non esistono dubbi sul fatto che è criminoso far colpire la folla disarmata e uccidere solo per annientare chi ha osato manifestare per la libertà.
E non ho esitazini a definre genocidio un crimine che provoca la morte di centinaia o addirittura migliaia di persone, per lo più giovani vite di un Paese che conta in tutto circa 6 milioni di abitanti.
Quella popolazione va soccorsa.
Aggiungo che le fosse "parallele" viste nella foto del cimitero di Tarik el Shatt a Tripoli non saranno "comuni" ma posso assicurare che in quel cimitero è inusuale che vengano scavate tante fosse contemporaneamente. Inoltre a scavare le fosse "prima" erano immigrati di colore mentre nella foto si vedono libici, famigliari dei defunti, così immagino e spero unendomi a loro.
Dobbiamo fortemente sperare tutti che a queste vittime non ne succedono altre.

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