lunedì, febbraio 28, 2011
Il nostro Fabio Vitucci ci parla del libro di Alberto Cavaliere edito dalle Paoline, con la prima storica testimonianza di una sopravvissuta al campo di sterminio di Birkenau

Quando si ascolta una testimonianza della Shoah, si rimane ogni volta increduli di fronte alla bestialità e alla barbarie che si sono abbattute sul popolo ebreo. Bestialità, si faccia attenzione, non di un solo uomo, quel diabolico Hitler che ha guidato con spietata lucidità il massacro, bensì dell’intero popolo tedesco, che è stato parte attiva della follia nazista, anche solo per non essersi opposto al Fuhrer; e anche del popolo italiano, che con le leggi razziali prima e il rastrellamento poi s’è unito al mostro tedesco; e persino delle altre potenze mondiali, che non hanno subito reagito al delirante progetto di Hitler e hanno permesso una strage di proporzioni inenarrabili. Il racconto di Sofia Schafranov, medico di origine russa, arrestata in Italia e deportata ad Auschwitz e da lì nel lazzaretto di Birkenau, fu il primo resoconto di un sopravvissuto ai campi di sterminio tedeschi, e la sua testimonianza, oggi come allora, lascia a bocca aperta il lettore. Un’analisi minuziosa e quasi fredda di un vero e proprio progetto scientifico di distruzione di massa, raccolta da Alberto Cavaliere, giornalista e cognato della dottoressa russa.

Sofia, in quanto medico e come tale messa a lavorare nei campi di sterminio (dopo il terribile viaggio iniziato dal tristemente famoso binario 21 della stazione di Milano), ha potuto resistere ai lavori più duri e usuranti a cui era sottoposta la maggioranza dei deportati, e ha visitato diversi campi, da Auschwitz a Birkenau, da Arbeits a Mauthausen. Dal suo racconto emerge come l’organizzazione nazista, con prostitute e carcerati richiamati a dirigere i famosi Block dei lager, abbia scatenato l’odio più bieco e violento contro gli ebrei, a volte gettati vivi nei forni crematori oppure obbligati a picchiare e uccidere gli stessi compagni di sventura. Un’ennesima testimonianza quindi di uno dei periodi più bui della storia dell’uomo, ma, come scrive l’autore nel suo libro, “ciascuna testimonianza della Shoah è un dono, un regalo sofferto e doloroso, un atto di estrema generosità da parte dei sopravvissuti”. A noi il compito di non sprecare tale dono e ricordare sempre quanto successo; sono fresche nei nostri occhi le immagini di questi giorni delle fosse comuni in Libia, a dimostrazione che bisogna sempre lottare per la dignità dell’uomo, prima ancora che per la sua libertà. Perché, purtroppo, alla barbarie umana non c’è mai fine.

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