Un’epoca che fa bene al cuore ricordare, soprattutto in un momento storico in cui c'è bisogno di tenere a mente che siamo stati leggeri, coraggiosi e pieni di fiducia. E forse possiamo esserlo ancora. Così recita la nota di regia.
"Sono legata a quegli anni - dice Michela Andreozzi - perché grazie ad essi sono ciò che sono, un’esponente dell'ultima generazione cresciuta senza tecnologia... a parte il tubo catodico, che mi ipnotizzava per ore: il tempo si fermava quando ci guardavi dentro. Quegli anni e quella tv hanno condizionato il mio modo di ridere, sentire e commuovermi: questo recital è un modo di condividere la mia passione per quella meravigliosa stagione. E' come se avessi ritrovato il mio giocattolo più divertente mentre pulivo la cantina dei ricordi. E adesso ho voglia di giocare con voi.
Assistendo allo spettacolo mi sono venute in mente alcuni passaggi dei miei studi sociologici nel lontano corso di laurea di Scienze Politiche e mi ricordavo che dall’inizio del ventesimo secolo, il mondo della pubblicità fu fortemente influenzato anche dai nuovi studi sulla psicologia umana. I manifesti si fecero sempre più sofisticati, cercando di colpire le componenti istintive ed emozionali dell’individuo, secondo strategie di marketing che portarono a un cambiamento nella concezione del manifesto pubblicitario. Il messaggio divenne meno immediato, più articolato e completo e quindi maggiormente efficace nell’indurre all’acquisto.
La vera rivoluzione nel mondo pubblicitario avvenne con la nascita della televisione, ma anche su questo versante l’Italia preferì non seguire il modello americano. Negli Stati Uniti, già alla fine degli anni cinquanta, si impose lo spot, cioè un breve messaggio pubblicitario da inserire nel corso dei programmi televisivi. In Italia era invece possibile trasmettere pubblicità solo all’interno della trasmissione carosello, con la quale iniziò l’epoca dei cortometraggi televisivi, che ebbe grande successo. Gli italiani erano affascinati da questo mondo fiabesco, pregno di felicità e benessere, luogo onirico ideale per una popolazione che aveva appena superato un lungo periodo di povertà e disagi.
Ma mentre gli italiani si divertivano con le scenette di carosello all’estero il mondo della pubblicità si sviluppava continuamente. Nel 1954 si inaugurò il festival internazionale del film pubblicitario, che si teneva in anni alterni a Cannes e a Venezia. Tutti i paesi presentavano filmati brevi, spesso a colori e impeccabili sul piano formale, al contrario l’Italia proponeva lunghi filmati in bianco e nero, divertenti solo per gli stessi italiani, gli unici che comprendevano questa particolare comicità. dopo gli anni del boom economico il mondo della pubblicità attraversò una crisi, sia economica che culturale. I pubblicitari furono oggetto di critiche da parte degli intellettuali e dei giovani aderenti ad ideologie marxiste. Negli anni '60 la pubblicità ha il ruolo guida di avvicinare nuovi beni mai sperimentati in precedenza; comunica alla gente concetti precisi, riesce a parlare alla massaia e al novello automobilista, spiega perché accadono determinati cambiamenti, conforta e stimola nel cambiamento.
Proprio perché siamo in un'epoca di mutamento, negli anni '60 la pubblicità ha la funzione di rassicurare, di togliere l'ansia circa questo mutamento. Come ha dimostrato Alberoni negli anni '60 la pubblicità ha allo stesso tempo la funzione di tentare (cambiamento) e di rassicurare. E' il periodo centralmente caratterizzato dalla scoperta e la pubblicità aiuta ad aggirare le angosce circa l'abbandono di comportamenti abituali. In questo periodo la funzione culturale ed economica della pubblicità appare davvero decisiva: il mutamento necessità di guida, di ideologie che forniscano possibilità di aggiramento delle resistenze al cambiamento. L'angoscia depressiva, causata dall'abbandono dei vecchi comportamenti, deve essere esorcizzata attraverso la conferma che i nuovi modi di essere non sono nient'altro che una declinazione migliorata della stessa vita.
In altre parole: negli anni '60 la pubblicità ha comunicato al pubblico concetti, ha suggerito modelli di vita, ha istruito, ha avuto una funzione didascalica. Tutto ciò si è tradotto in una diffusione massiccia da parte del pubblico; tutto ciò ha creato consenso, persuasione, valori nel nuovo pubblico. Negli anni '60 la pubblicità è riuscita a fondare significati, a forgiare immagini di prodotto e di consumatore, a rendere pubblici desideri che erano rimossi e sottaciuti, relegati nell'intimo della massaia rassegnata e dall'operaio frustrato.
Sono ormai trascorsi quasi cinquanta anni da quando il nostro paese ha vissuto la grande svolta, sia nella realtà sociale che in quella economica. Difatti, nel periodo di tempo compreso tra gli anni Cinquanta e Sessanta, l’Italia fu protagonista di un record di crescita nella produzione nazionale, tale da far parlare di “miracolo economico”. Dalla grafica alla architettura, dalla televisione alla moda, sono molti i progetti che negli anni Cinquanta hanno rivoluzionato il modo di vivere, di abitare, di spostarsi, di vestirsi, di lavorare e divertirsi.
Quello che Michela Andreozzi sta rappresentando al Teatro Sette di Roma (fino al 12 dicembre) è uno spaccato sociologico di quello che noi italiani nati negli anni ’50 e ’60 abbiamo vissuto in prima persona. Una rappresentazione divertita e divertente dove ognuno degli “anta” si può riconoscere. Una sorta di “Amarcord” nostalgico ed esilarante insieme. Il ritornello “ho fatto appena in tempo” è il fil rouge della serata. Un privilegio per coloro che hanno usufruito di un mondo più sano e più leggero raffigurante il “come eravamo” confrontato con il mondo di ora dove ci si chiede “come ci siamo ridotti”.
I personaggi cardine della scena sono Raffaella Carrà, Gabriella Ferri e Franca Valeri e alcune canzoncine anni sessanta che fanno rivivere quei meravigliosi anni che purtroppo non torneranno mai più e che le giovani generazioni non conosceranno mai.
Ma la “chicca” più straordinaria è l’interattività con il pubblico interpellato dalla “One Girl Show” sullo spot e in particolare sul prodotto reclamizzato. Come premio uno, due o tre caramelle in base alla difficoltà del prodotto stesso.
Un vivo ringraziamento a Michela Andreozzi che ci ha regalato un momento di gioiosa malinconia facendoci rivivere momenti indimenticabili della nostra vita familiare quando tutti stavamo attoniti davanti al tubo catodico per vedere carosello condividendo inconsapevolmente la leggerezza di un’atmosfera che non tornerà mai più!
Assistendo allo spettacolo mi sono venute in mente alcuni passaggi dei miei studi sociologici nel lontano corso di laurea di Scienze Politiche e mi ricordavo che dall’inizio del ventesimo secolo, il mondo della pubblicità fu fortemente influenzato anche dai nuovi studi sulla psicologia umana. I manifesti si fecero sempre più sofisticati, cercando di colpire le componenti istintive ed emozionali dell’individuo, secondo strategie di marketing che portarono a un cambiamento nella concezione del manifesto pubblicitario. Il messaggio divenne meno immediato, più articolato e completo e quindi maggiormente efficace nell’indurre all’acquisto.
La vera rivoluzione nel mondo pubblicitario avvenne con la nascita della televisione, ma anche su questo versante l’Italia preferì non seguire il modello americano. Negli Stati Uniti, già alla fine degli anni cinquanta, si impose lo spot, cioè un breve messaggio pubblicitario da inserire nel corso dei programmi televisivi. In Italia era invece possibile trasmettere pubblicità solo all’interno della trasmissione carosello, con la quale iniziò l’epoca dei cortometraggi televisivi, che ebbe grande successo. Gli italiani erano affascinati da questo mondo fiabesco, pregno di felicità e benessere, luogo onirico ideale per una popolazione che aveva appena superato un lungo periodo di povertà e disagi.
Ma mentre gli italiani si divertivano con le scenette di carosello all’estero il mondo della pubblicità si sviluppava continuamente. Nel 1954 si inaugurò il festival internazionale del film pubblicitario, che si teneva in anni alterni a Cannes e a Venezia. Tutti i paesi presentavano filmati brevi, spesso a colori e impeccabili sul piano formale, al contrario l’Italia proponeva lunghi filmati in bianco e nero, divertenti solo per gli stessi italiani, gli unici che comprendevano questa particolare comicità. dopo gli anni del boom economico il mondo della pubblicità attraversò una crisi, sia economica che culturale. I pubblicitari furono oggetto di critiche da parte degli intellettuali e dei giovani aderenti ad ideologie marxiste. Negli anni '60 la pubblicità ha il ruolo guida di avvicinare nuovi beni mai sperimentati in precedenza; comunica alla gente concetti precisi, riesce a parlare alla massaia e al novello automobilista, spiega perché accadono determinati cambiamenti, conforta e stimola nel cambiamento.
Proprio perché siamo in un'epoca di mutamento, negli anni '60 la pubblicità ha la funzione di rassicurare, di togliere l'ansia circa questo mutamento. Come ha dimostrato Alberoni negli anni '60 la pubblicità ha allo stesso tempo la funzione di tentare (cambiamento) e di rassicurare. E' il periodo centralmente caratterizzato dalla scoperta e la pubblicità aiuta ad aggirare le angosce circa l'abbandono di comportamenti abituali. In questo periodo la funzione culturale ed economica della pubblicità appare davvero decisiva: il mutamento necessità di guida, di ideologie che forniscano possibilità di aggiramento delle resistenze al cambiamento. L'angoscia depressiva, causata dall'abbandono dei vecchi comportamenti, deve essere esorcizzata attraverso la conferma che i nuovi modi di essere non sono nient'altro che una declinazione migliorata della stessa vita.
In altre parole: negli anni '60 la pubblicità ha comunicato al pubblico concetti, ha suggerito modelli di vita, ha istruito, ha avuto una funzione didascalica. Tutto ciò si è tradotto in una diffusione massiccia da parte del pubblico; tutto ciò ha creato consenso, persuasione, valori nel nuovo pubblico. Negli anni '60 la pubblicità è riuscita a fondare significati, a forgiare immagini di prodotto e di consumatore, a rendere pubblici desideri che erano rimossi e sottaciuti, relegati nell'intimo della massaia rassegnata e dall'operaio frustrato.
Sono ormai trascorsi quasi cinquanta anni da quando il nostro paese ha vissuto la grande svolta, sia nella realtà sociale che in quella economica. Difatti, nel periodo di tempo compreso tra gli anni Cinquanta e Sessanta, l’Italia fu protagonista di un record di crescita nella produzione nazionale, tale da far parlare di “miracolo economico”. Dalla grafica alla architettura, dalla televisione alla moda, sono molti i progetti che negli anni Cinquanta hanno rivoluzionato il modo di vivere, di abitare, di spostarsi, di vestirsi, di lavorare e divertirsi.
Quello che Michela Andreozzi sta rappresentando al Teatro Sette di Roma (fino al 12 dicembre) è uno spaccato sociologico di quello che noi italiani nati negli anni ’50 e ’60 abbiamo vissuto in prima persona. Una rappresentazione divertita e divertente dove ognuno degli “anta” si può riconoscere. Una sorta di “Amarcord” nostalgico ed esilarante insieme. Il ritornello “ho fatto appena in tempo” è il fil rouge della serata. Un privilegio per coloro che hanno usufruito di un mondo più sano e più leggero raffigurante il “come eravamo” confrontato con il mondo di ora dove ci si chiede “come ci siamo ridotti”.
I personaggi cardine della scena sono Raffaella Carrà, Gabriella Ferri e Franca Valeri e alcune canzoncine anni sessanta che fanno rivivere quei meravigliosi anni che purtroppo non torneranno mai più e che le giovani generazioni non conosceranno mai.
Ma la “chicca” più straordinaria è l’interattività con il pubblico interpellato dalla “One Girl Show” sullo spot e in particolare sul prodotto reclamizzato. Come premio uno, due o tre caramelle in base alla difficoltà del prodotto stesso.
Un vivo ringraziamento a Michela Andreozzi che ci ha regalato un momento di gioiosa malinconia facendoci rivivere momenti indimenticabili della nostra vita familiare quando tutti stavamo attoniti davanti al tubo catodico per vedere carosello condividendo inconsapevolmente la leggerezza di un’atmosfera che non tornerà mai più!
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