«Uomo mite. Uomo del dialogo. Un pastore che ha dato la sua vita perché in una terra sempre inquieta cresca il seme del Vangelo»
Con un articolo pubblicato sul portale www.azionecattolica.it, mons. Domenico Sigalini, Assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana, così ricorda mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia, barbaramente assassinato a Iskenderun in Turchia.
Nel venire a conoscenza increduli della notizia dell’uccisione di mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia, il ricordo è andato all’incontro che abbiamo avuto a Chisinau nella Repubblica Moldova lo scorso 25 febbraio come Fiac, in occasione della periodica riunione promossa da Ccee per i Presidenti delle Conferenze episcopali del Sud-Est dell’Europa. Avevamo invitato i vescovi ad anticipare di mezza giornata per parlare con loro su come potevamo aiutarli a costituire o continuare l’esperienza di Azione Cattolica nelle loro Chiese. Mons. Padovese aveva raggiunto Chisinau nel pomeriggio del giorno 24, avvisandomi già in dicembre con questo biglietto: “Eccellenza Rev.ma, La ringrazio per la proposta di trattare il tema della formazione dei laici che trovo di grande utilità, soprattutto nei nostri paesi in cui la Chiesa è sopravvissuta anche a ragione della presenza di laici impegnati. Purtroppo mi sarà impossibile anticipare la data di arrivo a Chisinau perché precedentemente avevo assunto l’impegno di tenere un ritiro ai sacerdoti della diocesi di Milano. Approfitto per inviarLe un fraterno, cordiale augurio di santo Natale
+ Luigi Padovese”
In queste poche righe non formali è evidente l’attenzione e la sensibilità pastorale all’iniziativa, alla formazione dei laici, alla realtà della terra di cui era pastore e allo stesso tempo il legame con la sua terra di origine.
Poi l’incontro cordiale a Chisinau, l’impegno a ritrovarci a Roma o nella sua Anatolia, sui passi di San Paolo tanto amato e studiato, nella patria di tanti padri della Chiesa frutto di approfondimento, tema di insegnamento.
E ancora la sorpresa di poco più di una settimana fa nel condividere da lontano la sua gioia quando le autorità turche avevano tolto l’obbligo di pagare il biglietto per i pellegrini che volevano pregare nella chiesa di San Paolo a Tarso, e rimosso l’obbligo di prenotazione per le messe all’interno della chiesa-museo.
“Ora - aveva detto mons. Padovese al SIR - si può celebrare tranquillamente senza alcun preavviso, quando prima era richiesta una prenotazione previa di almeno tre giorni, portati poi addirittura a dieci con inevitabili problemi organizzativi. (…) Ciò che di fatto ci interessa non è tanto la proprietà della chiesa o che questa venga data in gestione alla Chiesa cattolica o alla comunità ortodossa. Ci interessa soprattutto la possibilità di celebrare liberamente e con tranquillità cosicché tutti i pellegrini possano andare a Tarso sapendo che possono pregare senza essere disturbati e senza nessuna limitazione”.
Un figlio di San Francesco, uomo mite, uomo del dialogo, un pastore che ha dato la sua vita perché cresca il seme che stava piantando in questa terra sempre inquieta – oggi ancora di più eppure crocevia di culture e religioni.
Il Signore sia il premio di questo pastore buono, cordiale e sereno, pacifico e pacificatore, innamorato di Gesù e del vangelo, dedicato senza riserve lungo tutta la sua vita alla Chiesa.
Invito tutta l’Azione Cattolica ad innalzare a Dio preghiere per la sua anima, per i cristiani e gli uomini di Turchia, perché cessi l’odio e si risponda con l’amore al martirio.
Nel venire a conoscenza increduli della notizia dell’uccisione di mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia, il ricordo è andato all’incontro che abbiamo avuto a Chisinau nella Repubblica Moldova lo scorso 25 febbraio come Fiac, in occasione della periodica riunione promossa da Ccee per i Presidenti delle Conferenze episcopali del Sud-Est dell’Europa. Avevamo invitato i vescovi ad anticipare di mezza giornata per parlare con loro su come potevamo aiutarli a costituire o continuare l’esperienza di Azione Cattolica nelle loro Chiese. Mons. Padovese aveva raggiunto Chisinau nel pomeriggio del giorno 24, avvisandomi già in dicembre con questo biglietto: “Eccellenza Rev.ma, La ringrazio per la proposta di trattare il tema della formazione dei laici che trovo di grande utilità, soprattutto nei nostri paesi in cui la Chiesa è sopravvissuta anche a ragione della presenza di laici impegnati. Purtroppo mi sarà impossibile anticipare la data di arrivo a Chisinau perché precedentemente avevo assunto l’impegno di tenere un ritiro ai sacerdoti della diocesi di Milano. Approfitto per inviarLe un fraterno, cordiale augurio di santo Natale
+ Luigi Padovese”
In queste poche righe non formali è evidente l’attenzione e la sensibilità pastorale all’iniziativa, alla formazione dei laici, alla realtà della terra di cui era pastore e allo stesso tempo il legame con la sua terra di origine.
Poi l’incontro cordiale a Chisinau, l’impegno a ritrovarci a Roma o nella sua Anatolia, sui passi di San Paolo tanto amato e studiato, nella patria di tanti padri della Chiesa frutto di approfondimento, tema di insegnamento.
E ancora la sorpresa di poco più di una settimana fa nel condividere da lontano la sua gioia quando le autorità turche avevano tolto l’obbligo di pagare il biglietto per i pellegrini che volevano pregare nella chiesa di San Paolo a Tarso, e rimosso l’obbligo di prenotazione per le messe all’interno della chiesa-museo.
“Ora - aveva detto mons. Padovese al SIR - si può celebrare tranquillamente senza alcun preavviso, quando prima era richiesta una prenotazione previa di almeno tre giorni, portati poi addirittura a dieci con inevitabili problemi organizzativi. (…) Ciò che di fatto ci interessa non è tanto la proprietà della chiesa o che questa venga data in gestione alla Chiesa cattolica o alla comunità ortodossa. Ci interessa soprattutto la possibilità di celebrare liberamente e con tranquillità cosicché tutti i pellegrini possano andare a Tarso sapendo che possono pregare senza essere disturbati e senza nessuna limitazione”.
Un figlio di San Francesco, uomo mite, uomo del dialogo, un pastore che ha dato la sua vita perché cresca il seme che stava piantando in questa terra sempre inquieta – oggi ancora di più eppure crocevia di culture e religioni.
Il Signore sia il premio di questo pastore buono, cordiale e sereno, pacifico e pacificatore, innamorato di Gesù e del vangelo, dedicato senza riserve lungo tutta la sua vita alla Chiesa.
Invito tutta l’Azione Cattolica ad innalzare a Dio preghiere per la sua anima, per i cristiani e gli uomini di Turchia, perché cessi l’odio e si risponda con l’amore al martirio.
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