sabato, aprile 04, 2009
di Monica Cardarelli

Paura, gioia, emozione, sconforto, delusione, sogno, speranza, ricordi e altro ancora si affollava in quei lunghi minuti nella mente e nel cuore di Chiara mentre con le sue mani cercava di togliere le pesanti travi che chiudevano la porta posteriore della casa paterna, la ‘porticina del morto’, come era chiamata. Le sue mani si affrettavano nell’impresa mentre la sua mente andava a ritroso nel ricordare tutti i momenti vissuti lì, in quella casa, con la sua famiglia mentre il suo cuore pregustava la gioia e la bellezza della nuova vita che l’aspettava e che lei ancora non conosceva. Toglieva le travi che ostacolavano il passaggio e contemporaneamente toglieva dal suo essere i macigni che le impedivano la fuga. Una scheggia le entrò nella mano preannunciandole il dolore che avrebbe vissuto su di sé.

Era la notte della Domenica delle Palme, secondo alcuni storici il 28 marzo 1211, secondo altri andrebbe posticipata di un anno, il 18 marzo 1212. Chiara aveva preparato per tempo la fuga insieme a Francesco. Era stato Francesco a suggerirle le modalità della fuga e la scelta della Domenica delle Palme da parte di Francesco non fu certo casuale. Questo giorno è, nella Liturgia, un momento di festa che preannuncia la settimana della Passione. La fuga di Chiara, così, assume quasi la veste di una ‘fuga liturgica’.

“Era prossima la festa solenne delle Palme, quando la fanciulla con cuore ardente si reca dall’uomo di Dio per chiedergli che cosa debba fare, e come, ora che cambierà la sua vita. Il padre Francesco le ordina di accostarsi alle palme, nel giorno festivo, in mezzo al popolo, ben vestita e adorna, e che la notte seguente, uscendo dall’accampamento converta la gioia del mondo in lutto della passione del Signore. Così la domenica, nella folla delle donne, la fanciulla radiosa di splendore festivo entra in chiesa con le altre. La notte seguente, pronta ormai ad obbedire al Santo, attua la fuga desiderata in degna compagnia. E poiché non le parve opportuno uscire dalla porta solita, riuscì a schiudere con le proprie mani un’altra porta ostruita da mucchi di legna e di pietre, meravigliandosi ella per prima della sua forza.” Così Tommaso da Celano riporta l’episodio della fuga dalla casa paterna nel componimento agiografico ‘Legenda Sanctae Clarae Virginis’ redatto a seguito della canonizzazione di Chiara, avvenuta nell’agosto del 1255, a soli due anni dalla sua morte, l’11 agosto 1253.

La notte della domenica delle Palme fu lunga e densa per Chiara, appena diciassettenne, così come interminabile le sembrò la fuga dalla casa del padre che per lei significava anche la rottura con il mondo. Il sentiero che da casa la conduceva alla piccola cappella della Porziuncola, quella sera, sembrava non finire mai. “Abbandonati dunque la casa, la città e i consanguinei, si affrettò a raggiungere Santa Maria di Porziuncola. E lì i frati, che vegliavano in preghiera presso il piccolo altare di Dio, accolsero la vergine Chiara con le lampade. Lì, rinnegate le sozzure di Babilonia, consegnò al mondo il libello del ripudio; lì, rinunciando ai capelli per mano dei frati, abbandonò le sue bellezze. E quando ebbe prese le insegne della santa penitenza davanti all’altare della beata Maria e quasi davanti al letto nuziale di questa Vergine l’umile serva fu sposata a Cristo, subito san Francesco la condusse alla Chiesa di San Paolo, perché Chiara vi rimanesse fino a una diversa volontà dell’Altissimo.” (Tommaso da Celano, ‘Legenda Sanctae Clarae Virginis’)

Alla Porziuncola, Francesco la consacrò al Signore: il taglio dei capelli, spogliarsi delle vesti nobili del mondo, per scegliere di vivere come Lui, in santa povertà. È con la fuga dalla casa paterna e dal mondo che Chiara inizia la sua vera vita, entra nel mondo. Visitando la cappella della Porziuncola, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli a Assisi, ho sentito un grande freddo. La stessa sensazione che forse ha provato Chiara nel muovere i suoi passi in quella piccola cappella illuminata solo dalla luce delle candele. Chiara, quella notte, decise la sua vita, e scelse di raggiungere l’unica ‘Persona’ che le dava un senso. Una sensazione di gelo, di salto nel vuoto che Chiara, appena diciassettenne, avrà provato nel seguire la strada di Francesco, da sola. Ma allo stesso tempo, Chiara avrà sicuramente avuto una grande gioia, prorompente.

Emozioni, sensazioni, ricordi contrastanti nel cuore e nella mente di Chiara dal momento della fuga dalla casa paterna fino al taglio dei capelli alla Porziuncola e perfino paura, smarrimento quando al Monastero di San Paolo alle Abbadesse (vi era entrata povera rinunciando alla dote che aveva donato e questo era motivo di grave scandalo per l’intera famiglia di Chiara) i parenti accorsero a riprenderla con la forza.
Poi, San Damiano, la chiesa ricostruita da Francesco. Ed è là e solo là che Chiara troverà la pace interiore e riuscirà a sedare un’inquietudine umana e spirituale che sentiva dentro di lei. Chiara è una giovane di diciassette anni che sente un fervore così ardente nei momenti in cui prega che si emoziona e piange. Una giovane che diventa donna giorno dopo giorno, scegliendo momento dopo momento la strada che il Signore aveva scelto per lei. Una donna, Chiara, che vuole ‘mettere i piedi dove li ha messi Lui’, fare gli stessi passi che Lui ha fatto, percorrere la strada che conduce a Lui. Una donna la cui immensa fede porta a credere che tutto è possibile, se questo ‘tutto’ è la volontà di Dio. Chiara, strumento della Sua volontà e del Suo amore.

Chiara è riuscita a sentire e vivere lo spazio interiore e si è lasciata abitare da Lui. La preghiera è il luogo e lo spazio dedicato all’incontro con Dio e non sarà mai un atteggiamento passivo ma un’azione costante, una meditazione continua che è movimento che conduce Chiara a commuoversi, a ‘muoversi con’, non solo con la sua mente e col cuore ma con tutto il suo essere. E piange. “Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell’eternità, colloca la tua anima nello splendore della gloria, colloca il tuo cuore in colui che è figura della divina sostanza, e trasformati interamente, per mezzo della contemplazione, nella immagine della divinità di lui. Allora anche tu proverai ciò che è riservato ai soli suoi amici, e gusterai la segreta dolcezza che Dio medesimo ha riservato fin dall’inizio per coloro che lo amano.” (Lettera III a Agnese di Praga)

Anche la vita di Chiara ha avuto bisogno di tempo per chiarirsi. A San Damiano, finalmente, un po’ di pace. Lì Chiara scopre un mondo nuovo e ricco fuori e dentro di lei. Gradualmente, Chiara sceglie e riesce a dare un senso e un motivo alle sue scelte. Chiara voleva solo il privilegio della povertà. Sin dai primi giorni arrivano a San Damiano altre nuove Sorelle che Chiara accoglie con meraviglia, come un dono, di cui si sente responsabile. Giorno dopo giorno capisce veramente il senso e il valore della comunità. Giorno dopo giorno capisce e sceglie la clausura non come ‘Regola’ imposta da altri alle donne ma come scelta consapevole.

Dalla solitudine del mondo alla clausura che permetterà a Chiara di partire dall’unica relazione essenziale: quella con Dio. Da questa si irradierà nel mondo e così, dalla solitudine della confusione e dispersione del mondo alla moltitudine delle persone che Chiara riesce a contattare e coinvolgere nella sua vita piena - mai di ozio - di amore coinvolgente.

La clausura non è stata per lei una fuga dal mondo. Chiara ha scelto la clausura per aprirsi al mondo e per portare tutto il mondo dentro le mura del monastero. Chiara, vivendo a San Damiano, ha sentito che doveva pregare per tutti e avere gesti concreti per arrivare a tutti, con un grande abbraccio. “E giacchè una sola è la cosa necessaria, tieni sempre davanti agli occhi il punto di partenza. I risultati raggiunti, conservali; ciò che fai, fallo bene; non arrestarti ma anzi, con corso veloce e passo leggero, con piede sicuro, che neppure alla polvere permetta di ritardarne l’andare, cautamente avanza confidente, lieta e sollecita nella via della beatitudine.” (Lettera II a Agnese di Praga)

La qualità dei rapporti è al centro delle sue preoccupazioni. Chiara è una donna entusiasta, forte e determinata che non esita a inventarsi mille modi per giungere dalla sua cella a San Damiano fino in Boemia, o a Bruges, o fino al Papa che la visiterà in punto di morte. Intraprende, anche, una corrispondenza epistolare con Agnese di Praga. Ci restano solo quattro lettere che Chiara le scrisse ma da queste è già possibile cogliere l’amicizia che era nata fra le due donne. “Che cosa potrei ancora dirti? È meglio che la parola umana rinunci qui ad esprimerti il mio affetto per te; solo l’anima, nel suo linguaggio silenzioso, riuscirebbe a fartelo sentire. E poiché, o figlia benedetta, la mia lingua è del tutto impotente ad esprimerti meglio l’amore che ti porto; queste poche cose che ti ho scritto in modo così imperfetto, quasi dimezzando il pensiero, sono tutto quanto ho potuto dirti. Ti prego, però, che tu voglia ugualmente accogliere queste mie parole con benevolenza e devozione, ascoltando in esse soprattutto l’affetto materno di cui sono ripiena, in ardore di carità, verso di te e delle tue figlie ogni giorno.” (Lettera IV a Agnese di Praga)

Chiara scrive la sua Regola, il Testamento e la Benedizione. Chiara è la prima donna, nella storia della Chiesa, che ha scritto una Regola per le donne. Conoscendo il mondo di Chiara ho visto popolarsi il monastero di San Damiano ed ho sentito come per lei la sua vita sia stata un percorso: il percorso della croce. Dalla solitudine del mondo alla pienezza della clausura; dal silenzio della notte della fuga dalla casa paterna ai rumori del mondo della clausura; dalla povertà del mondo alla ricchezza della povertà; dalla sterilità del mondo alla fecondità della Comunità; dalla morte al mondo alla vita eterna con la morte terrena. Chiara è riuscita, con la sua semplicità di cuore e la ricchezza della sua femminilità, a inventare un modo nuovo di essere feconda nell’amore.

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa