venerdì, aprile 10, 2009
della nostra redattrice Monica Cardarelli

La settimana santa rappresenta per i cristiani il culmine di un periodo di grazia, la Quaresima, in cui si è chiamati a rivivere il percorso della croce di Cristo, prima della sua morte e resurrezione. Sono momenti in cui ognuno di noi riflette sul proprio ‘percorso della croce’ perché, in modi diversi, in momenti diversi e per strade diverse, lo si percorre per giungere alla salvezza. La Lauda Drammatica di Jacopone da Todi, ‘Donna de’ Paradiso’, meglio conosciuta come ‘Il pianto della Madonna’, può aiutarci in questa riflessione. L’importanza che riveste Jacopo de’ Benedetti con la sua vita, la sua passionalità e il suo percorso di fede sono tali che hanno segnato una pagina importante della Chiesa e della letteratura del nostro paese.

Questa Lauda, in particolare, presenta un aspetto molto interessante, nuovo: infatti non è solamente un narrare la passione di Cristo evidenziando le sofferenze e le umiliazioni inflittegli, ponendo Cristo al centro del racconto, quanto piuttosto il dolore e la sofferenza della mamma, Maria, di fronte a tutto ciò.

“Donna de Paradiso, lo tuo figliolo è preso, Iesù Cristo beato.
Accurre, donna e vide che la gente l’allide; credo che lo s’osside, tanto l’ò flagellato”.
“Como esser porria, che non fece follia, Cristo, la spene mia, om l’avesse pigliato?”.
“Madonna, ello è traduto, Iuda sì ll’à venduto; trenta denar’ n’à auto, fatto n’à gra mercato.”
“Soccurri, Maddalena, ionta m’è adosso piena! Cristo figlio se mena, como è annunziato.”
“Soccurre, donna, adiuta, c’à ‘l tuo figlio se sputa e la gente lo muta; òlo dato a Pilato”.
“O Pilato, non fare el figlio meo tormentare, ch’eo te pòzzo mustrare como a ttorto è accusato.”

È un dialogo continuo fra Maria e Cristo, la gente del popolo che la chiama, lei che chiede aiuto a Maria Maddalena, Cristo che le affida Giovanni e che muore davanti ai suoi occhi. In questa Lauda Jacopo riesce a rievocare l’intera ‘scena’ della passione di Cristo, e leggendola, sembra già di assistere ad una rappresentazione sacra.

“Crucifige, crucifige! Omo che se fa rege, secondo nostra lege contraddice al senato”.
“Prego che mm’entennate, nel meo dolor pensate! Forse mo vo mutate de que avete pensato”.
“Traiàn for li latruni, che sian suoi compagnuni; de spine s’encoroni, ché rege ss’è clamato!”.

Di fronte a tanta rabbia, odio e rancore, la madre deve assistere impotente. La dolcezza e lo strazio di una madre sono riportate nelle parole utilizzate da Jacopo e risultano estremamente toccanti.

“O figlio, figlio, figlio,
figlio, amoroso giglio! Figlio chi dà consiglio al cor me’ angustiato? Figlio occhi iocundi, figlio, co’ non respundi? Figlio, perché t’ascundi al petto o’ sì lattato?
“Madonna, ecco la croce, che la gente l’aduce, ove la vera luce déi essere levato”.
“O croce, e que farai? El figlio meo torrai? E que ci aponerai, che no n’à en sé peccato?”.
“Soccurri, plena de doglia, cà ‘l tuo figliol se spoglia; la gente par che voglia che sia martirizzato”.
“Se i tollit’el vestire, lassatelme vedere, com’en crudel firire tutto l’ò ensenguenato”.
“Donna, la man li è presa, pennella croc’è stesa: con un bollon l’ò fesa, tanto lo ‘n cci ò ficcato.
L’altra mano se prende, ennella croce se stende e lo dolor s’accende, ch’è plu moltiplicato.
Donna, li pè se prènno e clavellanse al lenno; onne iontur’aprenno, tutto l’ò sdenodato”.
“Et eo comenzo el corrotto; figlio, lo meo deporto, figlio, chi me tt’à morto, figlio meo dilicato? Meglio avariano fatto ch’el cor m’avesser tratto, ch’ennella croce è tratto, stace desciliato!”.
“O mamma, o’ n’èi venuta? Mortal me dà feruta, cà ‘l tuo plagner me stuta, ché ‘l veio sì afferato”.

Si può quasi pensare che questo componimento poetico sia di valore universale, come universale è la sofferenza di un Dio fatto uomo e di sua madre, una donna che con il suo ‘sì’ ha reso possibile la salvezza del mondo. Quante donne si trovano a vivere lo stesso straziante dolore di Maria? Quante ‘vie della croce’ continuano a perpetuarsi in ogni angolo del mondo, in ogni momento? Le donne, malgrado tutto, sono sempre i testimoni più diretti. Siano esse madri, mogli o figlie, sono sempre loro a stare e restare sotto la croce come Maria, Maria di Magdala e Maria Maddalena.

“Figlio, ch’eo m’aio anvito, figlio, pat’e mmarito! Figlio, chi tt’à firito? Figlio, chi tt’à spogliato?”.
“Mamma perché te lagni? Voglio che tu remagni, che serve mei compagni, ch’èl mondo aio acquistato”.
“Figlio, questo non dire! Voglio teco morire, non me voglio partire fin che mo’n m’esc’ el fiato.
C’una aiàn sepoltura, figlio de mamma scura trovarse en afrantura mat’e figlio affocato!”.
“Mamma col core afflitto, entro ‘n le man’ te metto de Ioanni, meo eletto; sia to figlio appellato. Ioanni, èsto mea mate; tollila en caritate, àginne pietate, cà ‘l core sì à furato”.

Anche nella vita di Jacopone da Todi le donne hanno avuto un ruolo importante. In particolare, la moglie Vanna de’ Coldimezzo. La vita di Jacopo è stata una via della croce, una strada in salita che ha intrapreso proprio a seguito della morte della moglie Vanna avvenuta, fra l’altro, in circostanze fortuite. Anche Vanna, con il marito Jacopo, erano dediti alla bella vita, alle feste, ai banchetti, alle orge notturne, abituata ad abiti ricchi e sontuosi, data l’estrazione sociale da cui proveniva.
Poi, fra le mura della sua camera, la donna brillante che era, riponeva i suoi abiti ricchi e indossava il cilicio, nel buio della sua stanza, lontano dagli occhi del marito, per non mortificarlo.
Vanna era una donna forte e fragile allo stesso tempo. Una donna che, per non dispiacere al marito, conduceva con lui la vita che lui le chiedeva. Perché l’amore fra loro era molto forte, quello stesso amore che li terrà sempre uniti, anche dopo la morte di lei, ma che si trasformerà in amore per Dio. Una donna, però, che dopo aver incontrato Dio e il Suo amore nella propria vita non riesce a far convivere l’amore per Dio e l’amore per le cose vane, per la vita ricca e vuota che viveva con Jacopo.
Sarà proprio questo amore, l’amore di Vanna che condurrà Jacopo fino a Dio. Sarà lei a sconvolgere la vita del marito quando, improvvisamente durante una delle tante feste a cui partecipavano, cade per un incidente, le crollano addosso travi del soffitto, il pavimento cede, mattoni, pietre e legno sopra di lei, sul suo corpo. Lei non le sente più, sul suo corpo sente solo il cilicio che Jacopo scopre così, per la prima volta, inaspettatamente.

Questa scoperta, oltre alla morte della moglie, sconvolge pienamente la sua vita e da allora seguirà un percorso che lo condurrà, con la guida ‘distante’ di Vanna, fino a Dio.

“Figlio l’alma t’è scita, figlio de la smarrita, figlio de la sparita, figlio attossicato!
Figlio bianco e vermiglio, figlio senza somiglio, figlio, e a ccui m’apiglio? Figlio, pur m’ai lassato!
Figlio bianco e biondo, figlio volto iocondo, figlio perché t’à el mondo, figlio cusì sprezzato? Figlio dolc’e placente, figlio de la dolente, figlio àte la gente mala mente trattato.
Ioanni, figlio novello, morto s’è ‘l tuo fratello. Ora sento ‘l coltello che fo profetizzato.
Che moga figlio e mate d’una morte afferrate, trovarse abraccecate mat’e figlio impiccato!”.

Il percorso della croce è lungo per Jacopo ed avrà sempre la sensazione di essere solo all’inizio, sempre all’inizio. Solo quando comprende veramente che deve abbandonare il suo orgoglio, la sua presunzione, la sua arroganza e tutto ciò che lo teneva legato a questa terra, solo allora riesce a percepire l’amore di Dio e intravede la vera strada da seguire per giungere a Lui. In questo percorso si imbatte in una Chiesa ancora legata al potere temporale e in un pontefice, Bonifacio VIII, forse l’ultimo fine stratega, che cerca solo il bene della Chiesa, di difenderla dalle eresie.

Allo stesso tempo, un uomo che rivestiva una grande carica, un ruolo molto importante, di cui sentiva il peso delle responsabilità sulle proprie spalle. Un uomo solo, che ha subìto nella sua vita molteplici aggressioni e che, negli ultimi anni del suo pontificato, è stato anch’egli oltraggiato e fatto prigioniero, proprio come Fra’ Jacopone, di cui, mi piace pensare, ammirasse la forza e la fede che anch’egli un tempo aveva fervida e viva. Come in ogni uomo, anche in Bonifacio VIII e in Jacopo convivono dubbi e certezze, paure e ricordi, speranze e delusioni, ragione e fede. Un cammino di conversione vera, di cambiamento sincero quello intrapreso da Jacopo, che giunge finalmente, a liberarsi da tutte le catene che lo tenevano legato alla vita: irruenza, presunzione, arroganza, permettendosi così di affidarsi veramente e completamente a Dio, senza pretendere niente da Lui e senza voler percorrere la strada che si era preposto, ma affidandosi a Lui e abbandonandosi all’umiltà e alla semplicità di cuore sull’esempio di San Francesco.

Sempre, là sotto le croci, staranno e resteranno le donne e le madri e in questo cammino di passione giungeranno fino al sepolcro perché saranno sempre le donne a trovarsi e a ritrovarsi testimoni della resurrezione di Cristo e della salvezza dell’umanità.

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