venerdì, dicembre 12, 2008
'Il cambiamento richiede dialogo. Ma noi sappiamo solo protestare'.

PeaceReporter - Per il quarto giorno consecutivo Atene è in fiamme. E lo stesso è per altre città in tutta la Grecia. Le banche vengono saccheggiate, negozi ed automobili sono date alle fiamme e ovunque le strade vedono grandi dimostrazioni e conflitti con la polizia: fumo, lacrimogeni e violenza. Il 6 dicembre un poliziotto ha sparato ad un ragazzo di 15 anni, uccidendolo; e da quel momento è scoppiata la guerra. Dimostrazioni e rivolte non sono nuove ad Atene. La protesta è una parte della nostra vita ed ha una funzione di tributo alle gloriose rivolte del nostro passato recente, specialmente l'insurrezione studentesca nel 1973 contro la dittatura. Quella rivolta aiutò a rovesciare la giunta militare e da allora abbiamo cercato di esserne all'altezza.

Più recentemente, come studenti delle scuole superiori abbiamo continuato la tradizione di occupare scuole ogni anno, facendo richieste non sempre importanti. E dopo questa "iniziazione rituale all'età adulta" semplicemente continuiamo a protestare. Studenti, lavoratori, disoccupati, pensionati... tutti abbiamo delle richieste. Le manifestazioni sono tipicamente accompagnate da danni a negozi e banche, non appena gli anarchici tendono ad infiltrarvisi. Eppure questa volta, la durata, le dimensioni e l'intensità della protesta sono sorprendenti, anche agli abitanti stessi. Può essere la paura e la disperazione causate dal peggioramento della situazione finanziaria della popolazione e la rabbia derivante da tutti gli scandali portati allo scoperto negli ultimi due mesi. Ma il fatto che un altro governo abbia fallito nel combattere i problemi decennali di corruzione e mancanza di meritocrazia ha certamente dato il suo contributo.

Inoltre la polizia non è amata da nessuno. Dopo essere stata, nel passato, uno strumento in mano alla dittatura per più di trent'anni è diventata, oggi, un'istituzione inaffidabile e corrotta, e rappresenta un lato di noi che nessuno gradisce; è il simbolo di tutto ciò che dobbiamo cambiare nella nazione. Ma il cambiamento, sebbene assolutamente necessario, non è qualcosa che riusciamo a gestire. Richiede dialogo pubblico e noi non abbiamo imparato a discutere; sappiamo solo protestare. Richiede sforzo e visione e noi non abbiamo imparato a lottare se non per i nostri interessi personali a breve termine. E soprattutto richiederebbe che noi, la gente, riconoscessimo di essere parte del problema, ma siamo troppo egoistici per ammettere di non essere perfetti. Invece manifestiamo, ci disperiamo, gridiamo con tutta la nostra forza e bruciamo qualche auto e qualche negozio. Più percepiamo che il cambiamento è necessario e più reagiamo. Così dopo ritorniamo alla nostra routine, lusingati di aver combattuto dalla parte giusta.

Io personalmente credo - o spero - che il cambiamento possa arrivare presto, piuttosto che tardi. Probabilmente è troppo presto per dire se la scala di questa rivolta implichi che noi, come società, siamo pronti per cambiare veramente, ma almeno possiamo scegliere di vederlo come un segnale promettente. Non abbiamo avuto molto da perdere ultimamente....

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