Diario della visita alla comunità di Elbasan, in Albania, dove le Suore Domenicane della Beata Imelda hanno creato una scuola per i più piccoli.Sembrava che il tempo non passasse mai, ma finalmente è arrivato il giorno della partenza. Eravamo pronti per conoscere la comunità domenicana di Elbasan. Nonostante rapporti epistolari anche con le altre consorelle di Suor Margherita, per noi era veramente un “buttarci” in qualcosa di completamente nuovo. Cosa avremmo potuto fare, un’impiegata amministrativa e un autista di autobus, per 6 giorni in una comunità dove l’argomento principale è l’insegnamento a bambini dai 3 ai 14 anni?
All’arrivo a Tirana ci aspettava una sorridente Suor Margherita e Antonio, l’autista-portinaio. Il sole rendeva tutto bello. Il viaggio in auto verso Elbasan è stato il vero primo impatto con la realtà albanese. Per farci un’idea di come era la città, i nostri accompagnatori avevano deciso di arrivare a Elbasan percorrendo la strada che passa dalle montagne alla quale si arriva attraversando Tirana. La città non mi ha particolarmente colpito ad eccezione di alcune costruzioni, delle strade molto ampie nella zona del centro, del traffico, nonché della guida “allegra” di molti.
La parte interessante è stato il percorso fatto dopo aver lasciato la capitale. Le due città si trovano a 45 km di distanza che abbiamo percorso in 2 ore e mezza. É priva di guard-rail ed essendo da subito una strada che segue le montagne, in alcuni punti ci si sente un po’ poco sicuri. Dopo circa due ore ci siamo fermati in un punto particolarmente panoramico. Stava tramontando un bellissimo sole rosso e noi eravamo alla stessa altezza delle cime che ci attorniavano.
Siamo arrivati a Elbasan all’imbrunire e ormai eravamo stanchi per poter percepire altre sensazioni oltre a quelle che la vista percepiva superficialmente. Abbiamo visto il cancello della Scuola Imelda Lambertini aprirsi con sollievo: finalmente avremmo conosciuto le nostre ospiti. Davanti alla casa ci stavano aspettando sorridenti Suor Maria Grazia, Suor Damiana e Suor Cecilia e in pochi minuti abbiamo fatto le presentazioni. Io avevo una loro foto e nei giorni precedenti avevo imparato ad abbinare il nome al volto.
Dopo aver portato le valigie in camera (accogliente e spaziosa) di corsa giù a cena perché la campanella di Suor Agnese reclamava la nostra presenza. Negli occhi e nel cuore abbiamo ancora ogni momento vissuto in condivisione di vita comune con le Suore di Elbasan. Alla gentilezza e disponibilità dei primi momenti sono subentrati sentimenti di affetto, amicizia e stima. Abbiamo visto il loro lavoro quotidiano svolto nell’ambito della vita della scuola e la dedizione rivolta alle necessità della comunità cittadina. Lavoro fatto di gesti ripetuti giornalmente ma ogni volta con la medesima attenzione verso la persona, soprattutto bambini, ma anche verso chi bussa alla loro porta per trovare una risposta ai propri bisogni. Aiuto che è dato non prima di avere ascoltato la persona, condiviso il dolore o spronato nel cercare una via di uscita al momento critico: sono le Suore per prime a sollecitare le persone che si rivolgono a loro, per trovare altre vie alla povertà che non può diventare un “lavoro”. Molte volte sono le stesse Suore che si recano nella casa di chi sanno in difficoltà portando del cibo ma soprattutto la loro presenza e la loro disponibilità.
Domenica mattina abbiamo partecipato alla messa nella chiesa che si trova proprio alle spalle della residenza delle Suore. La celebrazione, in lingua albanese è molto partecipata dalla piccola comunità cristiana. Il momento della preghiera dei fedeli ci ha sorpreso perché, dopo le preghiere proposte dalla liturgia, la comunità esprime a voce alta le proprie intenzioni personali…..peccato non averle capite….e non finivano mai. Molti hanno voluto esprimere le proprie preghiere e il sacerdote, Don Giuseppe, ha aspettato che ognuno le potesse dire. Anche lo scambio del segno della pace ci ha ulteriormente colpito perché non si limita alla semplice stretta di mano con i vicini di banco ma i bambini letteralmente “partono” e si fanno il giro di tutta la chiesa e anche gli adulti, trasversalmente, cercano di raggiungere quanti più possono. All’uscita dalla Chiesa il Sacerdote saluta con una stretta di mano i fedeli….peccato non potergli dire “bella predica”...
Il pomeriggio della domenica, con Suor Margherita siamo state a fare visita a una famiglia che da anni è seguita dalla Comunità e che sta attraversando un momento critico a causa della malattia (un’artrite deformante) di un bambino di due anni e della mancanza di mezzi per curarlo dei suoi genitori. Fino a quando l’aiuto è un concetto che esprimi a parole, puoi fare mille discorsi ma quando vedi il “bisogno” concretizzarsi, la cosa è un po’ diversa. Davanti a te c’è l’esistenza di una famiglia giovane, già provata più volte e sempre più duramente che comunque va avanti e cerca di vivere. Diverse volte, ora che sono a casa, durante il giorno penso a Graziano e alla sua giovane mamma. Queste persone non aspettano chiacchiere, bei consigli o suggerimenti, potranno ascoltare tutto questo quando almeno una parte dei loro problemi saranno risolti. Fortunatamente questa famiglia da anni è seguita premurosamente da una famiglia italiana sensibile e generosa, ma quanti Graziano e Aida ci sono che chiedono aiuto e non possono essere ascoltati?
La giornata delle suore è veramente “frenetica”, alle 7.30 inizia l’ingresso degli alunni e già la visione dei piccoli che arrivano correndo con un fiore fresco in mano da regalare alla maestra, mette allegria. Nel “complesso” sono presenti una scuola materna, che riceve bambini dai 3 ai 6 anni, e una scuola dell’obbligo detta degli 8 anni, equivalente alle nostre elementari e medie. Nella prima ci sono circa 170 bambini, nell’insieme più di 500. Il lunedì mattina eravamo d’accordo con Suor Damiana, la direttrice della scuola materna, che verso le 8.45 (non più tardi perché alle 9.30 i bimbi fanno merenda), avremmo portato le caramelle ai piccoli. Alla fine della consegna, tutte le cinque classi ci hanno omaggiato con una canzone e alcuni bambini ci hanno regalato i loro disegni pieni di colori vivaci.
Stare nel perimetro interno della scuola mi ha sempre dato la sensazione di essere “al sicuro” praticamente “in Italia”. Uscire dal cancello mi metteva agitazione, ma era proprio questa sensazione che volevo capire. Avevamo fatto tanta strada per vedere e ora ne avevo quasi “fastidio”. Incontrarli è stato come metterci alla prova, comprendere fino a dove arrivava la nostra forza di vedere veramente il quotidiano di questa popolazione e quindi di esserne partecipe in qualche modo. É dura passare attraverso la miseria, non solo quella materiale ma anche quella civile e spirituale. Senti che sei veramente armato solo di belle parole, che a volte usi come paravento, ma nel tuo quotidiano non hai mai avuto l’occasione di metterle in pratica e ti accorgi che non hai dimestichezza con chi veramente rappresenta Gesù in terra.
Durante il nostro soggiorno abbiamo avuto anche la possibilità di incontrare Elio, il bambino che abbiamo seguito per undici anni. É stato un bell’incontro perché, in effetti, ci è sembrato di rivedere e non di vederlo per la prima volta. I contatti tenuti, anche se solo per lettera, avevano significato qualcosa. Questi anni, in effetti, li abbiamo passati insieme. Mi è piaciuto vedere come Elio e un amico che lo accompagnava, anche lui ex alunno della scuola, ricordavano gli anni trascorsi dalle Suore e come le ricordavano con affetto e rispetto. Ci hanno anche raccontato la differenza, in negativo, dei rapporti con i professori che ora hanno nella scuola pubblica che stanno frequentando. Alla fine della sua visita ci siamo salutati con vero affetto che abbiamo sentito corrisposto.
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