martedì, giugno 09, 2009
del nostro redattore Carlo Mafera

Uve Michael Lang, teologo, patrologo, attualmente docente del “Master Architettura, Arti Sacre e Liturgia”, ha tenuto venerdì 5 giugno l’ultima lezione-conferenza alla Pontificia Università della Santa Croce (nell’ambito del terzo corso di aggiornamento per giornalisti) sul tema: “Chiavi teologiche di lettura del pensiero di Joseph Ratzinger”. Numerosi sono i libri del Santo Padre dai quali emerge il suo pensiero teologico. Il primo fra tutti è “La festa della fede: saggi di teologia liturgica” e via via tutti gli altri tra cui il famoso “Gesù di Nazareth” e il recentissimo “Theologie der Liturgie”. E’ certamente impossibile analizzare in un semplice articolo la profondità del pensiero teologico del nostro amato Papa. Si possono soltanto delineare alcuni spunti di riflessione con dei semplici flash che illuminano i caratteri essenziali. Benedetto XVI ha ribadito più volte che la Scrittura è stata sempre il fondamento della sua ricerca teologica. “Infatti – ha affermato – Uwe Michael Lang – tutti gli scritti di Joseph Ratzinger sono fondati proprio sulla Sacra Scrittura che è l’anima della teologia”. E così, per analogia, altri pensieri del Sommo Pontefice sono: “L’esegesi è stata sempre importante per me”. “La mia teologia ha sempre una certa impronta biblica”. E ancora: “ Il punto di partenza è anzitutto la Parola”. Ho messo in sequenza alcune frasi apparentemente semplici per introdurre ciò che Lang ha esposto e cioè i primi tre criteri essenziali del pensiero teologico di Papa Benedetto XVI. Il primo criterio è quello di prestare attenzione all’unità della Sacra Scrittura. La seconda chiave è leggere secondo la tradizione della Chiesa: il relatore ha infatti messo in evidenza “l’importanza dell’unità tra la Sacra Scrittura e la Tradizione... Così la Chiesa – ha continuato Lang, riportando le parole del Papa – attinge alle verità rivelate non solo dalla Scrittura ma anche dalla Tradizione”. Poi, per quanto riguarda l’esegesi il dott. Lang (sempre citando Benedetto XVI) ha distinto due importanti filoni: “Da una parte esiste un’interpretazione che vorrei chiamare ‘ermeneutica della discontinuità e della rottura’: essa non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media. Dall’altra parte c’è ‘l’ermeneutica della continuità’ dell’unico soggetto-Chiesa che il Signore ci ha donato”. “La terza chiave di lettura è incentrata sulla Chiesa: Cristo ha bisogno di testimoni che lo hanno incontrato, di uomini che lo hanno conosciuto attraverso la forza dello Spirito Santo– dice il Papa -. Attraverso i testimoni è stata costruita la Chiesa – a cominciare da Pietro e Paolo e dai dodici fino a tutti gli uomini e le donne che, ricolmi di Cristo, nel corso dei secoli hanno riacceso e riaccenderanno, in modo sempre nuovo la fiamma della fede… Fu Pietro che espresse per primo la professione di fede ‘Tu sei il Cristo…. Mt 16,1’. Questo è il compito di tutti i successori di Pietro: essere la guida nella professione in Cristo… la Cattedra di Roma è anzitutto Cattedra di questo Credo”. Il quarto punto consiste nella frammentarietà : “Non ho mai cercato di creare un mio sistema. Se proprio si vuole parlare di specificità, si tratta semplicemente del fatto che mi propongo di pensare insieme con la fede della Chiesa”. Il quinto punto sta nella coerenza interna. Questa si può evincere da tutti i temi affrontati da Benedetto XVI nel corso della sua vita di studio: dalla tesi di dottorato su Sant’Agostino, dove sono esposte le intuizioni essenziali sulla natura della Chiesa (ecclesiologia cristologica e sacramentale, la Chiesa come popolo di Dio e come corpo mistico), e poi sul rapporto tra Chiesa e Stato. Dalla tesi su Bonaventura: intuizioni essenziali sul luogo della Storia, sul pensiero cristiano, sulla centralità dell’escatologia e sulla distinzione tra utopia ed escatologia con le conseguenze per la teologia politica e per la teologia della liberazione “ Il dott. Lang ha sottolineato quest’ultimo aspetto affermando l’importanza di questa teologia politica Ratzingeriana che ha avuto il merito di riportare nel giusto alveo il vero senso della Speranza cristiana che è soprattutto escatologica ed ultramondana. Il sesto punto verte sulla Verità e il Dialogo (lectio magistralis del 12 settembre 2006 a Ratisbona). Il settimo, ottavo e nono punto vertono sulla Pastorale, sulla Preghiera-Spiritualità, e sulla Gioia. Quest’ultima chiave di lettura del pensiero del Papa mi sembra molto interessante perché rappresenta la fonte suprema da cui scaturisce l’impegno del cristiano prima ancora che dalla preghiera e dallo studio. Il Sommo Pontefice ci lascia una confidenza giovanile per testimoniare che il Cristianesimo è prima di tutto un incontro con una Persona e un incontro gioioso, semplice, istintivo. Un incontro che deve lasciare il segno e deve essere ricordato per tutta la vita (alla stessa maniera del famoso ricordo citato dal grande Proust quando l’odore dei biscotti gli fece venire alla mente il suo passato nella Recherche du temp perdu). Così Benedetto XVI, grandissimo teologo, ci racconta questo episodio sicuramente alla base della sua fede vissuta e pensata, la chiave di lettura più profonda, a mio avviso, per capire la teologia del nostro Papa: “Devi osare tutto ciò che puoi: tributargli la lode dovuta… Sento ancora il profumo che emanava dalle aiuole e dalle fresche betulle: ne fanno parte gli ornamenti di tutte le case, le bandiere, i canti… i mortaretti… salutavano proprio così il Cristo, come un capo di stato, anzi, come il capo supremo, come il Signore del mondo”.

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