Le autorità annunciano che presto sarà approvata una legge speciale per lo Xinjiang. Esperti: da anni in Cina ogni legge speciale sull’ordine pubblico significa più poteri alla polizia e meno libertà.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le autorità della regione autonoma dello Xinjiang vogliono approvare in fretta leggi speciali contro il separatismo. La notizia, riportata ieri dai principali quotidiani senza meglio spiegare, conferma che Pechino vuole reagire in modo durissimo contro le proteste esplose il 5 luglio, che hanno causato almeno 197 morti e 1700 feriti, secondo fonti ufficiali. Analisti osservano che la Cina già ha severe leggi antisecessione ed è probabile che la nuova legge voglia prevedere punizioni ancora più severe e aumentare i poteri della polizia. Costoro esprimono il timore che la legge possa limitare ulteriormente le libertà civili.
Eligen Imibakhi, presidente del Comitato permanente dell’Assemblea regionale dello Xinjiang, ha ripetuto ieri all’agenzia Xinhua che le proteste sono state fomentate dalle “tre forze” dell’estremismo, del separatismo e del terrorismo: la giustificazione con cui da anni la Cina perseguita gli uiguri accusandoli di essere pericolosi terroristi. Le autorità ripetono di continuo che le dimostrazioni non sono state spontanee, ma organizzate da gruppi rivoltosi.
Ieri il Quotidiano del Popolo, giornale ufficiale del Partito comunista cinese, ha accusato che le violenze erano ben organizzate e pianificate da tempo, facendo intravedere l’accusa contro una mano straniera, come il Congresso Uiguri del mondo con sede a Monaco o la leader in esilio Rebiya Kadeer. Accusa oggi ripresa da Xinhua.
Gli uighri rispondono che le loro manifestazioni erano pacifiche e che sono diventate violente solo in reazione all’intervento della polizia. Ilham Mahmut, rappresentante in Giappone del Congresso Uiguri, invita Pechino a consentire un’indagine indipendente di organi internazionali.
Intanto Urumqi rimane una polveriera. Nella capitale dello Xinjiang gli uiguri sono una minoranza, spesso confinata nei quartieri meno ricchi, mentre il 70% dei 2,3 milioni di residenti sono etnici han, di cui Pechino ha favorito la massiccia immigrazione anche con facilitazioni nei commerci e nell’ascesa a posti di potere. Entrambe le etnie sono scosse e dicono che la realtà è comunque diversa da quanto descritto sui media.
Le autorità dicono che sono stati arrestati 1400 uiguri, responsabili delle proteste. Ma gli uiguri denunciano che gli arresti sono molti di più, forse 20mila, e che la polizia cinese in molti casi ha portato via con la violenza i passanti solo perché si trovavano per strada, senza dare spiegazioni.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le autorità della regione autonoma dello Xinjiang vogliono approvare in fretta leggi speciali contro il separatismo. La notizia, riportata ieri dai principali quotidiani senza meglio spiegare, conferma che Pechino vuole reagire in modo durissimo contro le proteste esplose il 5 luglio, che hanno causato almeno 197 morti e 1700 feriti, secondo fonti ufficiali. Analisti osservano che la Cina già ha severe leggi antisecessione ed è probabile che la nuova legge voglia prevedere punizioni ancora più severe e aumentare i poteri della polizia. Costoro esprimono il timore che la legge possa limitare ulteriormente le libertà civili.Eligen Imibakhi, presidente del Comitato permanente dell’Assemblea regionale dello Xinjiang, ha ripetuto ieri all’agenzia Xinhua che le proteste sono state fomentate dalle “tre forze” dell’estremismo, del separatismo e del terrorismo: la giustificazione con cui da anni la Cina perseguita gli uiguri accusandoli di essere pericolosi terroristi. Le autorità ripetono di continuo che le dimostrazioni non sono state spontanee, ma organizzate da gruppi rivoltosi.
Ieri il Quotidiano del Popolo, giornale ufficiale del Partito comunista cinese, ha accusato che le violenze erano ben organizzate e pianificate da tempo, facendo intravedere l’accusa contro una mano straniera, come il Congresso Uiguri del mondo con sede a Monaco o la leader in esilio Rebiya Kadeer. Accusa oggi ripresa da Xinhua.
Gli uighri rispondono che le loro manifestazioni erano pacifiche e che sono diventate violente solo in reazione all’intervento della polizia. Ilham Mahmut, rappresentante in Giappone del Congresso Uiguri, invita Pechino a consentire un’indagine indipendente di organi internazionali.
Intanto Urumqi rimane una polveriera. Nella capitale dello Xinjiang gli uiguri sono una minoranza, spesso confinata nei quartieri meno ricchi, mentre il 70% dei 2,3 milioni di residenti sono etnici han, di cui Pechino ha favorito la massiccia immigrazione anche con facilitazioni nei commerci e nell’ascesa a posti di potere. Entrambe le etnie sono scosse e dicono che la realtà è comunque diversa da quanto descritto sui media.
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