Legambiente: troppa chimica in tavola.
Eco51.it - Il PAN (Pesticide Action Network) insieme alla sezione tedesca di Greenpeace ha promosso un’importante indagine sull’uso di pesticidi in agricoltura e la conseguente sicurezza alimentare nei 5 paesi presi in esame: Italia, Germania, Ungheria, Francia e Olanda. L’ipotesi della ricerca è stata piuttosto semplice: i cambiamenti climatici hanno comportato un aumento dei rischi legati alle coltivazioni e ciò, neanche troppo velatamente, ha indotto i contadini ad usare maggiormente agenti chimici volti da un lato a migliorare le rese in condizioni avverse e dall’altro a debellare parassiti ed erbacce. L’indagine ha preso in esame i prodotti ortofrutticoli di 5 catene di supermercati e di grande distribuzione presenti in tutte le nazioni in oggetto.
Il frutto al centro delle analisi più approfondite è stata l’uva ed i risultati non sono né incoraggianti né rassicuranti: dei 124 campioni presi in esame soltanto uno è risultato assolutamente “pulito”. I rimanenti 123 hanno invece presentato tracce considerevoli di uno o più principi attivi chimici dovuti ai trattamenti che le viti hanno subito. A dire il vero, i residui chimici sono molteplici e, cosa che preoccupa non poco le autorità sanitarie e gli ambientalisti, spesso compresenti in un singolo campione: se si escludono due uve risultate “positive” ad un solo principio chimico, le altre 121 hanno presentato tracce di più sostanze tossiche, con il non invidiabile primato di un’uva francese in cui ne sono stati rinvenuti ben 16!
Secondo le normative vigenti, però, solo 3 di questi 123 campioni sono da ritenersi nocivi: il rapporto è piuttosto dettagliato e suddivide in maniera più specifica i livelli di tossicità di ogni singola uva, ma in pratica, a parte quelle 3, tutte le altre finiranno sulle nostre tavole. Ciò è ancor più grave se si pensa che con i limiti europei del 2005 i campioni fuorilegge sarebbero stati ben 37: tre anni fa, infatti, si è avuta una “armonizzazione” dei limiti nei vari paesi della Comunità Europea con un sostanziale rialzo dei livelli di tolleranza.
Sono dati che fanno pensare, spiega il responsabile di Legambiente per l’agricoltura Ferrante, perché mostrano una preoccupante indifferenza dei produttori e dei commercianti alle esigenze dell’ambiente e della salute pubblica. L’Italia non si classifica male rispetto agli altri paesi ma i motivi per gioire non sono tanti: alcuni supermercati italiani, ad esempio, tollerano un presenza di pesticidi pari al 75% dei limiti consentiti che, come detto, sono stati recentemente ritoccati al rialzo. La ricerca ha però rilevato come i pesticidi prossimi al divieto sono già rarissimi, il che tranquillizza i consumatori recentemente spaventati dalle associazioni degli agricoltori, che avevano paventato una vertiginosa impennata dei prezzi nel momento in cui si fossero messi al bando alcuni dei pesticidi più tossici.
L’obiettivo è il dimezzamento dei pesticidi entro 10 anni. Non basta infatti eliminare quelli che hanno dimostrato un’elevata tossicità: gli studi sugli effetti a lungo termine sono ancora troppo scarsi e ancora meno indicativi risultano quelli che indaghino le attività sinergiche dei vari residui chimici. Un obiettivo che deve essere raggiunto ad ogni costo: circa il 30% delle malattie nel mondo occidentale sono attribuibili all’alimentazione e una buona parte di queste è dovuta alla troppa chimica che ci finisce nel piatto.
Eco51.it - Il PAN (Pesticide Action Network) insieme alla sezione tedesca di Greenpeace ha promosso un’importante indagine sull’uso di pesticidi in agricoltura e la conseguente sicurezza alimentare nei 5 paesi presi in esame: Italia, Germania, Ungheria, Francia e Olanda. L’ipotesi della ricerca è stata piuttosto semplice: i cambiamenti climatici hanno comportato un aumento dei rischi legati alle coltivazioni e ciò, neanche troppo velatamente, ha indotto i contadini ad usare maggiormente agenti chimici volti da un lato a migliorare le rese in condizioni avverse e dall’altro a debellare parassiti ed erbacce. L’indagine ha preso in esame i prodotti ortofrutticoli di 5 catene di supermercati e di grande distribuzione presenti in tutte le nazioni in oggetto.Il frutto al centro delle analisi più approfondite è stata l’uva ed i risultati non sono né incoraggianti né rassicuranti: dei 124 campioni presi in esame soltanto uno è risultato assolutamente “pulito”. I rimanenti 123 hanno invece presentato tracce considerevoli di uno o più principi attivi chimici dovuti ai trattamenti che le viti hanno subito. A dire il vero, i residui chimici sono molteplici e, cosa che preoccupa non poco le autorità sanitarie e gli ambientalisti, spesso compresenti in un singolo campione: se si escludono due uve risultate “positive” ad un solo principio chimico, le altre 121 hanno presentato tracce di più sostanze tossiche, con il non invidiabile primato di un’uva francese in cui ne sono stati rinvenuti ben 16!
Secondo le normative vigenti, però, solo 3 di questi 123 campioni sono da ritenersi nocivi: il rapporto è piuttosto dettagliato e suddivide in maniera più specifica i livelli di tossicità di ogni singola uva, ma in pratica, a parte quelle 3, tutte le altre finiranno sulle nostre tavole. Ciò è ancor più grave se si pensa che con i limiti europei del 2005 i campioni fuorilegge sarebbero stati ben 37: tre anni fa, infatti, si è avuta una “armonizzazione” dei limiti nei vari paesi della Comunità Europea con un sostanziale rialzo dei livelli di tolleranza.
Sono dati che fanno pensare, spiega il responsabile di Legambiente per l’agricoltura Ferrante, perché mostrano una preoccupante indifferenza dei produttori e dei commercianti alle esigenze dell’ambiente e della salute pubblica. L’Italia non si classifica male rispetto agli altri paesi ma i motivi per gioire non sono tanti: alcuni supermercati italiani, ad esempio, tollerano un presenza di pesticidi pari al 75% dei limiti consentiti che, come detto, sono stati recentemente ritoccati al rialzo. La ricerca ha però rilevato come i pesticidi prossimi al divieto sono già rarissimi, il che tranquillizza i consumatori recentemente spaventati dalle associazioni degli agricoltori, che avevano paventato una vertiginosa impennata dei prezzi nel momento in cui si fossero messi al bando alcuni dei pesticidi più tossici.
L’obiettivo è il dimezzamento dei pesticidi entro 10 anni. Non basta infatti eliminare quelli che hanno dimostrato un’elevata tossicità: gli studi sugli effetti a lungo termine sono ancora troppo scarsi e ancora meno indicativi risultano quelli che indaghino le attività sinergiche dei vari residui chimici. Un obiettivo che deve essere raggiunto ad ogni costo: circa il 30% delle malattie nel mondo occidentale sono attribuibili all’alimentazione e una buona parte di queste è dovuta alla troppa chimica che ci finisce nel piatto.
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