Nelle aree urbane vive il 51,3% della popolazione, pari a 690,8 milioni di individui. In un decennio una crescita del 14%. Il dato favorito dal boom economico e da nuove possibilità di impiego. L’emigrazione interna causa squilibri e danni ambientali. Studiosi cinesi: tutelare le fasce più deboli della società
AsiaNews - Per la prima volta nella storia, i
n Cina il numero degli abitanti di metropoli e città ha superato quello delle aree agricole. Nuove opportunità di impiego e migliori occasioni lavorative hanno favorito l’esodo verso i centri urbani, causando al contempo pesanti ripercussioni sull’ecosistema ambientale. Come mostrano i dati forniti dall’Ufficio nazionale di statistica (Nbs), riferiti al 2011, oggi vi sono 690,8 milioni di persone che vivono in città, pari al 51,3% del totale della popolazione che supera il miliardo e 300 milioni.
Fra i 21 milioni di cinesi che lo scorso anno hanno lasciato le campagne vi sono moltissimi lavoratori migranti. Nelle aree rurali vivono – ancora oggi spesso in condizioni di disagio e povertà estrema – 656,6 milioni di cinesi.
La notizia del ribaltamento degli equilibri fra popolazione urbana e rurale in Cina non coglie di sorpresa analisti e commentatori. Nell’aprile 2011, quando Pechino ha diffuso i primi dati della ricerca – che viene condotta ogni 10 anni – emergeva già una consistente inversione di tendenza rispetto al passato, con un aumento deciso degli abitanti di città e metropoli. Nell’ultima decade la popolazione urbana cinese – che è doppia rispetto al totale degli abitanti degli Stati Uniti – è cresciuta del 14%, a causa dello spostamento di intere masse di lavoratori verso le aziende e nelle industrie delle aree costiere, le più sviluppate del Paese.
Sempre per la prima volta, il censimento considera i lavoratori migranti quali abitanti a tutti gli effetti delle città in cui risiedono; in passato, invece, erano ritenuti parte integrante delle campagne di origine e nei cui elenchi risultano registrati. Chang Jian, economista alla Barclays Capital di Hong Kong, conferma che “l’urbanizzazione è stato un motore fondamentale” per la crescita cinese e non ha ancora esaurito una forza propulsiva che “potrebbe andare avanti per altri 20 anni”.
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n Cina il numero degli abitanti di metropoli e città ha superato quello delle aree agricole. Nuove opportunità di impiego e migliori occasioni lavorative hanno favorito l’esodo verso i centri urbani, causando al contempo pesanti ripercussioni sull’ecosistema ambientale. Come mostrano i dati forniti dall’Ufficio nazionale di statistica (Nbs), riferiti al 2011, oggi vi sono 690,8 milioni di persone che vivono in città, pari al 51,3% del totale della popolazione che supera il miliardo e 300 milioni.Fra i 21 milioni di cinesi che lo scorso anno hanno lasciato le campagne vi sono moltissimi lavoratori migranti. Nelle aree rurali vivono – ancora oggi spesso in condizioni di disagio e povertà estrema – 656,6 milioni di cinesi.
La notizia del ribaltamento degli equilibri fra popolazione urbana e rurale in Cina non coglie di sorpresa analisti e commentatori. Nell’aprile 2011, quando Pechino ha diffuso i primi dati della ricerca – che viene condotta ogni 10 anni – emergeva già una consistente inversione di tendenza rispetto al passato, con un aumento deciso degli abitanti di città e metropoli. Nell’ultima decade la popolazione urbana cinese – che è doppia rispetto al totale degli abitanti degli Stati Uniti – è cresciuta del 14%, a causa dello spostamento di intere masse di lavoratori verso le aziende e nelle industrie delle aree costiere, le più sviluppate del Paese.
Sempre per la prima volta, il censimento considera i lavoratori migranti quali abitanti a tutti gli effetti delle città in cui risiedono; in passato, invece, erano ritenuti parte integrante delle campagne di origine e nei cui elenchi risultano registrati. Chang Jian, economista alla Barclays Capital di Hong Kong, conferma che “l’urbanizzazione è stato un motore fondamentale” per la crescita cinese e non ha ancora esaurito una forza propulsiva che “potrebbe andare avanti per altri 20 anni”.
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