Il varo delle nuove colonie avviene a poche ore dall’incontro fra Netanyahu e Barack Obama. Critiche da Abbas e da organizzazioni israeliane come “Pace adesso”. Sempre più difficile la costruzione di uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme est.
Gerusalemme (AsiaNews) – Una commissione israeliana ha approvato ieri la costruzione di 1520 nuovi insediamenti in due quartieri di Gerusalemme est, la zona palestinese occupata da Israele dal 1967. L’annuncio pubblico avviene alla vigilia del viaggio del primo ministro Benjamin Netanyahu a Washington e a poche ore dal discorso del presidente Usa Barack Obama, che ha chiesto negoziati di pace, che garantiscano sicurezza per Israele e uno Stato per la Palestina all’interno dei confini del 1967 (che comprende Gerusalemme est). Era la prima volta che un presidente americano si pronunciava a favore di uno Stato palestinese specificando i confini del 1967.
Il portavoce dell’associazione israeliana Ir Amim ha confermato che il ministero degli Interni ha dato il via alla costruzione di 620 alloggi nel quartiere-colonia di Pisgat Zeev e altri 900 a Har Homa, vicino a Betlemme. Nabil Abou Roudeina, portavoce del presidente Mahoud Abbas, ha condannato la decisione israeliana definendola “la risposta immediata al discorso del presidente Obama”. Anche “Pace adesso”, organizzazione israeliana per i diritti umani, che combatte la colonizzazione israeliana, ha condannato la decisione per i nuovi insediamenti alla vigilia dei colloqui fra Netanyahu e Obama.
A rincarare la dose di una tensione fra Netanyahu e Barack Obama, il giornale Haaretz oggi annuncia che alcuni ministri del governo si preparano a festeggiare nei prossimi giorni il complesso di Ma'aleh Hazeitim, una colonia ebraica nel cuore della Gerusalemme vecchia, vicina al quartiere di Ras al-Amud.
Ma'aleh Hazeitim è stata costruita alla fine degli anni ’90 e secondo gli israeliani il terreno è stato comprato da loro 100 anni prima. Le famiglie palestinesi hanno invano presentato ricorsi alla corte per vedersi riconoscere i loro diritti di proprietà.
La colonia, insieme a nuovi progetti in corso a Ras al-Amud rende difficile costruire un corridoio fra la città vecchia e la West Bank, separando Gerusalemme dal resto di un possibile Stato palestinese.
Alla conquista di Gerusalemme est nel giugno del 1967, la città era a maggioranza araba. Israele ha costruito insediamenti per almeno 200 mila israeliani e ha proclamato la città la sua “capitale eterna e indivisibile”.
Secondo “Pace adesso” vi sono almeno 121 colonie riconosciute da Israele nei Territori occupati; in più, esistono 102 “avamposti” non riconosciuti da Tel Aviv, ma che aspettano prima o poi il riconoscimento. Dal 2001, la popolazione israeliana in queste colonie è cresciuta del 5-6% all’anno.
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Il portavoce dell’associazione israeliana Ir Amim ha confermato che il ministero degli Interni ha dato il via alla costruzione di 620 alloggi nel quartiere-colonia di Pisgat Zeev e altri 900 a Har Homa, vicino a Betlemme. Nabil Abou Roudeina, portavoce del presidente Mahoud Abbas, ha condannato la decisione israeliana definendola “la risposta immediata al discorso del presidente Obama”. Anche “Pace adesso”, organizzazione israeliana per i diritti umani, che combatte la colonizzazione israeliana, ha condannato la decisione per i nuovi insediamenti alla vigilia dei colloqui fra Netanyahu e Obama.
A rincarare la dose di una tensione fra Netanyahu e Barack Obama, il giornale Haaretz oggi annuncia che alcuni ministri del governo si preparano a festeggiare nei prossimi giorni il complesso di Ma'aleh Hazeitim, una colonia ebraica nel cuore della Gerusalemme vecchia, vicina al quartiere di Ras al-Amud.
Ma'aleh Hazeitim è stata costruita alla fine degli anni ’90 e secondo gli israeliani il terreno è stato comprato da loro 100 anni prima. Le famiglie palestinesi hanno invano presentato ricorsi alla corte per vedersi riconoscere i loro diritti di proprietà.
La colonia, insieme a nuovi progetti in corso a Ras al-Amud rende difficile costruire un corridoio fra la città vecchia e la West Bank, separando Gerusalemme dal resto di un possibile Stato palestinese.
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