Si celebra oggi la Giornata mondiale per la lotta alla Tubercolosi, patologia che a tutt’oggi provoca ogni anno la morte di due milioni e mezzo di persone.
Radio Vaticana - Questo appuntamento ricorre nell'anniversario dell'annuncio della scoperta del bacillo della Tbc, il 24 marzo 1882, da parte del dr. Robert Koch, poi insignito del Premio Nobel. Eliana Astorri ha intervistato il professor Roberto Cauda, ordinario di Malattie infettive del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma:
R. – L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che nel 2009 nel mondo ci sono stati 14 milioni di soggetti colpiti dalla Tbc, pari a 200 casi per 100 mila abitanti. E’ chiaro che i continenti più colpiti sono l’Asia – con la metà dei casi, in percentuale – mentre l’Africa, e l’India e la Cina contano circa il 35 per cento dei casi di tubercolosi di tutto il mondo.
D. – Perché una malattia come la Tbc interessa anche un’area come l’Europa, teoricamente al riparo da cattive condizioni igieniche o da situazioni che costringono molte persone a vivere in ambienti ristretti e quindi senza il ricambio d’aria adeguato?
R. – In Europa, nel 2008 – sempre nella fredda logica dei numeri – 50 dei 54 Paesi della regione europea hanno riportato 461.645 casi di tubercolosi, quindi 52 per 100 mila: dunque, da 200 a 52, un quarto di meno. La nostra quindi è una situazione sicuramente migliore rispetto a quella della restante parte del mondo. E’ chiaro che anche per l’Europa ci sono differenze: ci sono delle aree dell’Europa, soprattutto dell’Europa dell’Est, dove tubercolosi è più presente rispetto ad altre aree, tra cui l’Italia, in cui la malattia è molto meno presente.
D. – Quali sono le terapie, oggi, che possono combattere la tubercolosi?
R. – Oggi la tubercolosi si combatte con i farmaci. I farmaci sono stati introdotti nella pratica clinica dopo la Seconda guerra mondiale. Sono dei chemioterapici, degli antibiotici e la prima osservazione che è stata fatta è che un solo farmaco antitubercolare non basta; bisogna associare tre-quattro farmaci perché se noi dessimo un farmaco di per sé efficace, questo farmaco in breve tempo ingenera nel bacillo, nel “microbacterium” di Koch, delle resistenze per cui il germe non regredisce con l’antibiotico ma continua a prosperare. Il segreto è fare una terapia lunga – nelle forme polmonari la terapia dura sei mesi, nelle forme extra-polmonari può arrivare fino a nove-dodici mesi - magari riducendo il carico dei farmaci, ma facendo sempre una terapia associata. (gf)
Radio Vaticana - Questo appuntamento ricorre nell'anniversario dell'annuncio della scoperta del bacillo della Tbc, il 24 marzo 1882, da parte del dr. Robert Koch, poi insignito del Premio Nobel. Eliana Astorri ha intervistato il professor Roberto Cauda, ordinario di Malattie infettive del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma:R. – L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che nel 2009 nel mondo ci sono stati 14 milioni di soggetti colpiti dalla Tbc, pari a 200 casi per 100 mila abitanti. E’ chiaro che i continenti più colpiti sono l’Asia – con la metà dei casi, in percentuale – mentre l’Africa, e l’India e la Cina contano circa il 35 per cento dei casi di tubercolosi di tutto il mondo.
D. – Perché una malattia come la Tbc interessa anche un’area come l’Europa, teoricamente al riparo da cattive condizioni igieniche o da situazioni che costringono molte persone a vivere in ambienti ristretti e quindi senza il ricambio d’aria adeguato?
R. – In Europa, nel 2008 – sempre nella fredda logica dei numeri – 50 dei 54 Paesi della regione europea hanno riportato 461.645 casi di tubercolosi, quindi 52 per 100 mila: dunque, da 200 a 52, un quarto di meno. La nostra quindi è una situazione sicuramente migliore rispetto a quella della restante parte del mondo. E’ chiaro che anche per l’Europa ci sono differenze: ci sono delle aree dell’Europa, soprattutto dell’Europa dell’Est, dove tubercolosi è più presente rispetto ad altre aree, tra cui l’Italia, in cui la malattia è molto meno presente.
D. – Quali sono le terapie, oggi, che possono combattere la tubercolosi?
R. – Oggi la tubercolosi si combatte con i farmaci. I farmaci sono stati introdotti nella pratica clinica dopo la Seconda guerra mondiale. Sono dei chemioterapici, degli antibiotici e la prima osservazione che è stata fatta è che un solo farmaco antitubercolare non basta; bisogna associare tre-quattro farmaci perché se noi dessimo un farmaco di per sé efficace, questo farmaco in breve tempo ingenera nel bacillo, nel “microbacterium” di Koch, delle resistenze per cui il germe non regredisce con l’antibiotico ma continua a prosperare. Il segreto è fare una terapia lunga – nelle forme polmonari la terapia dura sei mesi, nelle forme extra-polmonari può arrivare fino a nove-dodici mesi - magari riducendo il carico dei farmaci, ma facendo sempre una terapia associata. (gf)
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