lunedì, luglio 27, 2009
In Iran si complica la crisi politica scoppiata dopo la contestata rielezione del conservatore Ahmadinejad.

Radio Vaticana - Oltre alle continue proteste dell’opposizione, che ha chiesto alle autorità di poter commemorare le vittime delle manifestazioni dei giorni scorsi, anche all’interno della maggioranza la situazione è tesa. Dopo il suo vice, Ahmadinejad ha dovuto licenziare altri quattro ministri per volere della guida spirituale, Alì Khamenei. Che significato dare a questa situazione? Gabriella Ceraso lo ha chiesto al giornalista iraniano Bijan Zarmandili:

R. - Più che un cambiamento dei programmi e delle alleanze all’interno, io direi che a questo punto le dimissioni di questi ultimi ministri seguono in realtà quelle del vice di Ahmadinejad. Costui è stato costretto a rinunciare al proprio vice e questo per ordine diretto di Ali Khamenei, la guida della rivoluzione. Ciò significa che si è spostato, in un certo senso, il conflitto tra l’opposizione e il regime di Ahmadinejad. Si è spostato all’interno dello stesso regime, nel senso che gli ultraconservatori - quelli che hanno finora sostenuto la candidatura e la presidenza di Ahmadineajd - pensano a questo punto che lui sia il personaggio più debole e, quindi, in qualche modo vogliono ostacolare la sua ulteriore ascesa.

D. - Come risponderà il regime alla richiesta di commemorare le vittime delle proteste?

R. - Probabilmente, cercheranno di non accentuare il conflitto in atto e tuttavia non possono neppure lasciare che ci siano di nuovo milioni di persone che criticano il regime. Questo, in realtà, è un dilemma del governo e del regime e di questo dilemma sta giustamente approfittando anche l’opposizione, nel senso che alla scadenza precisa chiede di scendere in piazza per mostrare la propria forza.


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