domenica, giugno 28, 2009
del nostro redattore Carlo Mafera

L’acqua è un bene che dovrebbe essere a disposizione di tutti. Sembra un’affermazione banale e invece non corrisponde a verità. Infatti ho usato il condizionale perché un abitante su cinque nel mondo non è collegato ad alcuna rete idrica. Persino nel nostro Paese ci sono delle città dove, specie in estate, l’acqua viene a mancare, per non parlare delle piccole isole dove l’acqua è razionata. La mancanza d’acqua nel mondo è diventata veramente preoccupante, tanto che aumentano le aree di siccità e di desertificazione.

Il divario nord-sud del mondo, in questo settore diventa ancora più evidente. Infatti, se la media del consumo d’acqua pro-capite è di 150 litri nel mondo industrializzato, nei paesi poveri è di appena 20 litri a persona. Nel contesto di questo problema così emergente, si insinua la possibilità del business. Infatti, per la sua distribuzione, il volume di affari è pari a 400 miliardi di dollari l’anno. Cioè a dire che, intorno all’acqua gravita una ricchezza pari al 40% del settore petrolifero. E ciò avvalora la tesi secondo la quale sarà la materia prima del XXI secolo e soppianterà il petrolio che lo è stato del XX. Sarà l’elemento determinante la ricchezza e il potere delle nazioni.
Uno dei problemi più gravi, attualmente, è la distribuzione e il trasporto di questo bene prezioso per la sopravvivenza. Le reti idriche non hanno seguito la crescita caotica delle città e delle migrazioni da un’aerea all’altra. Un altro aspetto preoccupante è quello relativo all’irrigazione che interessa il 75% dei consumi mondiali. Se pensiamo che per produrre un chilo di riso è necessario un metro cubo d’acqua, possiamo farci un’idea di quanta acqua occorra per l’agricoltura. Ed è in questo campo che si sta lavorando per economizzare almeno il 10% dell’acqua che si impiega nei campi e fare in modo che, con tale risparmio, nei prossimi anni si possa soddisfare le esigenze dei grandi centri urbani.
In questo senso si stanno realizzando dei lavori di ingegneria faraonici nel mondo: per esempio, il grande sbarramento delle “Tre Gole” in Cina, dei “Due Acquedotti” che dissetano la California, o del canale spagnolo “Canal Infanta Isabel”, che porta l’acqua dal Nord al Sud della Spagna.
Uno dei temi forti è proprio quello delle privatizzazioni. L’acqua infatti è prevalentemente in mano pubblica. Solo il 4% della popolazione mondiale è servita da società private, il resto dallo Stato con tutto ciò che ne consegue: innanzi tutto una gestione molto più onerosa per la collettività. Ad Atlanta, per citare un caso eclatante, la città spendeva 42 milioni di dollari per l’acqua quando questa veniva fornita dallo Stato e proprio la metà era la spesa quando l’amministrazione della città ricorse ai servizi di una società privata.
Occorre comunque una maggiore collaborazione tra pubblico e privato e una maggiore solidarietà tra Nord e Sud del mondo al fine di evitare gli sprechi. Basterebbe poco per risparmiare l’acqua come in alcuni luoghi dove certe fontane pubbliche funzionano con delle carte di credito a scalare. E’ quindi importante comprendere che il servizio va pagato da tutti per responsabilizzare tutti.

Infine, un altro problema : quello tecnologico legato alla depurazione dell’acqua che non è poi tanto marginale. Si calcola che tale costo incide per circa mezzo euro al giorno per metro cubo. Attualmente sono impegnati 400 ricercatori e investiti 100 milioni di euro da parte di una società privata francese che ha realizzato le membrane a filtro per il monitoraggio e un chip molto sofisticato che individua immediatamente i microorganismi nocivi.

La speranza è che, con tutti questi interventi, si possa scongiurare il pericolo della mancanza d’acqua per oltre 50 paesi entro il 2025 come le nefaste previsioni lasciano pensare.

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