La tradizione islamica rischia di morire per la paura della modernità, vista come anti-religiosa. Da tempo l’estremismo islamico propone solo un passato mitico, quello dei primi quattro “califfi ben guidati”, riproponendo modi di vivere sclerotizzati ed esteriori. Il cristianesimo si confronta da secoli con la modernità e può aiutare l’islam a compiere il necessario discernimento.
Venezia (AsiaNews) – Più di 70 personalità, da venti diversi Paesi, si sono radunati presso l’isola di san Giorgio a Venezia per l’annuale incontro del Comitato scientifico della rivista Oasis, fondata dal patriarca Angelo Scola per costruire “luoghi comuni” di dialogo fra cristiani e musulmani (v. (www.oasiscenter.eu ).
Il raduno di quest’anno, il 22 e il 23 giugno, ha avuto come tema “Interpretare le tradizioni al tempo del meticciato”. Il termine “meticciato”, caro al card. Scola, sottolinea il modo in cui le culture e le religioni dialogano fra loro paragonandosi, copiandosi, integrandosi e scontrandosi, ma in ogni caso facendosi cambiare dall’incontro con l’altro.
Il tema di quest’anno, sulla tradizione ha messo in luce l’importanza della trasmissione della fede e della propria cultura in un mondo sempre più multiculturale. Un aspetto molto importante è la trasmissione della propria tradizione da parte degli emigranti (v. musulmani in occidente) o vivendo in situazione di minoranza (v. cristiani in Medio Oriente). Tutti i relatori – anche alcune personalità islamiche da Francia, Tunisia, Stati Uniti – hanno sottolineato l’importanza delle scuole come ambito di trasmissione e di confronto culturale.
Fra gli interventi più rilevanti vi è stato quello di p. Samir Khalil Samir, che ha fatto notare la difficoltà dell’islam contemporaneo diviso fra una sclerotizzazione del passato – riproposto come “vero” Islam dall’estremismo musulmano – e le difficoltà di affrontare tutti i temi della modernità. Tale difficoltà è vissuta in parte anche dai cristiani, dato che la modernità è portatrice anche di secolarismo e rifiuto della fede. Ma la tradizione cristiana è in dialogo con il mondo moderno da più tempo e per questo può aiutare l’Islam a paragonarsi con la società contemporanea, disinnescando il pericolo dell’estremismo, che celebra solo “il seppellimento dell’islam”.
Presentiamo qui l’intervento di p. Samir (traduzione dal francese di AsiaNews).
1. Tradizione è continuità, identità, rinnovamento
Tradizione (tradere) significa trasmettere un prezioso deposito, perché esso sia a sua volta ritrasmesso ad altri. La tradizione suppone quindi una continuità in vista dell’oggi. Essa non può essere un cammino all’indietro, ma cerca di ritrovare nelle sue proprie radici l’ispirazione per garantire la continuità. Rafforzare l’identità e rinnovare il presente: continuità, identità, rinnovamento.
Se la tradizione si identifica con il passato e cessa di ispirare il presente, allora essa muore. La si sacralizza perché essa non esiste più: è un modo di seppellirla, perché non la si comprende più.
Le nostre società arabe e musulmane si trovano spesso in questa situazione: non abbiamo più avvenire e nemmeno un presente. Non ci resta che il passato. Torniamo al passato per mitizzarlo e sacralizzarlo perché non abbiamo nient’altro.
In tal modo, in realtà noi rafforziamo la nostra morte culturale e spirituale. Nel mondo musulmano attuale, il concetto di tradizione suggerisce in pratica un ritorno agli usi del 7° secolo, che vengono sacralizzati. Ci si ferma agli aspetti esteriori: la barba, il velo o il niqab, il miswak (una specie di lungo stuzzicadenti, preso da una radice usata dal profeta dell’islam), la lunga tunica bianca, ecc…
Al contrario i cristiani (soprattutto nel mondo occidentale) tendono a rifiutare la tradizione. Alcuni pensano che per essere moderni bisogna dimenticare il passato, rifiutarlo. Il rischio è di perdere le proprie radici e l’autenticità: è il pericolo che io constato in Europa. Questa situazione può spingere alcuni a divenire tradizionalisti, a barricarsi su alcuni dettagli (per esempio il latino della messa, la veste, ecc…). Lo sviluppo degli adepti di mons. Lefebvre è parallelo allo sviluppo del rifiuto della tradizione.
La questione non è dunque solo propria al mondo musulmano, anche se oggi essa è più visibile e più vissuta nel mondo musulmano.
2. La paura della modernità che appare anti-religiosa
Una causa evidente di questo atteggiamento è anche la paura della modernità. È quanto si contata nel mondo arabo. La modernità di oggi proviene dall’occidente; nel 9° -11° secolo proveniva dal mondo musulmano.
Oggi l’occidente fa paura e repulsione a causa del suo allontanamento dalla religione e della diffusa secolarizzazione. Di colpo la modernità appare a molti musulmani come una nuova Jâhiliyyah (ignoranza, termine usato nel Corano per i miscredenti), che il Corano e il profeta dell’islam combattono con veemenza. La modernità è un neo-paganesimo.
Di conseguenza, molti musulmani si rifugiano nel passato e nella religione che ad essi appare come capace di offrire valori sicuri e durevoli e comportamenti sicuri. In questo modo a tutt’oggi si è sacralizzato il periodo dei primi quattro califfi (i successori di Maometto), che vengono definiti i “califfi ben guidati” (al-khulafâ’ al-râshidîn) : Abū Bakr il giusto (al-Siddîq) (632-634), ‘Umar Ibn al-Khattâb (634-644), ‘Uthman Ibn ‘Affân (644-656) e ‘Ali Ibn Abî Tâlib (656-661). Questo periodo (dal 632 al 661) è una specie di epoca paradisiaca.
Ciò rappresenta un grave pericolo perchè il paradiso, il modello da imitare e riprodurre, è allora dietro di noi, e non davanti a noi, verso il quale noi tendiamo.
Da notare che, eccetto il primo califfo, gli altri tre sono tutti morti assassinati. ‘Umar è morto assassinato il 4 novembre 644; ‘Uthman nel 656, ‘Ali nel gennaio 661 per mano dei Kharigiti.
Se vogliamo rinnovare l’islam, occorre accettare la sfida che il mondo moderno lancia a tutte le religioni: ebraismo, cristianesimo, islam e le altre. Il cristianesimo (soprattutto in occidente) deve affrontare ogni giorno questa situazione: se si ripiega sul passato, morirà. È lo stesso per l’islam. Più di frequente il mondo musulmano preferisce rinviare il problema a più tardi e questo rende solo più difficile la soluzione.
D’altra parte, non si tratta di adottare ogni novità senza discernimento, solo perché esse sono novità. Il discernimento si impone ed è la condizione per la sopravvivenza.
3. Conclusione (continua a leggere)
Venezia (AsiaNews) – Più di 70 personalità, da venti diversi Paesi, si sono radunati presso l’isola di san Giorgio a Venezia per l’annuale incontro del Comitato scientifico della rivista Oasis, fondata dal patriarca Angelo Scola per costruire “luoghi comuni” di dialogo fra cristiani e musulmani (v. (www.oasiscenter.eu ).
Il raduno di quest’anno, il 22 e il 23 giugno, ha avuto come tema “Interpretare le tradizioni al tempo del meticciato”. Il termine “meticciato”, caro al card. Scola, sottolinea il modo in cui le culture e le religioni dialogano fra loro paragonandosi, copiandosi, integrandosi e scontrandosi, ma in ogni caso facendosi cambiare dall’incontro con l’altro.
Il tema di quest’anno, sulla tradizione ha messo in luce l’importanza della trasmissione della fede e della propria cultura in un mondo sempre più multiculturale. Un aspetto molto importante è la trasmissione della propria tradizione da parte degli emigranti (v. musulmani in occidente) o vivendo in situazione di minoranza (v. cristiani in Medio Oriente). Tutti i relatori – anche alcune personalità islamiche da Francia, Tunisia, Stati Uniti – hanno sottolineato l’importanza delle scuole come ambito di trasmissione e di confronto culturale.
Fra gli interventi più rilevanti vi è stato quello di p. Samir Khalil Samir, che ha fatto notare la difficoltà dell’islam contemporaneo diviso fra una sclerotizzazione del passato – riproposto come “vero” Islam dall’estremismo musulmano – e le difficoltà di affrontare tutti i temi della modernità. Tale difficoltà è vissuta in parte anche dai cristiani, dato che la modernità è portatrice anche di secolarismo e rifiuto della fede. Ma la tradizione cristiana è in dialogo con il mondo moderno da più tempo e per questo può aiutare l’Islam a paragonarsi con la società contemporanea, disinnescando il pericolo dell’estremismo, che celebra solo “il seppellimento dell’islam”.
Presentiamo qui l’intervento di p. Samir (traduzione dal francese di AsiaNews).
1. Tradizione è continuità, identità, rinnovamento
Tradizione (tradere) significa trasmettere un prezioso deposito, perché esso sia a sua volta ritrasmesso ad altri. La tradizione suppone quindi una continuità in vista dell’oggi. Essa non può essere un cammino all’indietro, ma cerca di ritrovare nelle sue proprie radici l’ispirazione per garantire la continuità. Rafforzare l’identità e rinnovare il presente: continuità, identità, rinnovamento.
Se la tradizione si identifica con il passato e cessa di ispirare il presente, allora essa muore. La si sacralizza perché essa non esiste più: è un modo di seppellirla, perché non la si comprende più.
Le nostre società arabe e musulmane si trovano spesso in questa situazione: non abbiamo più avvenire e nemmeno un presente. Non ci resta che il passato. Torniamo al passato per mitizzarlo e sacralizzarlo perché non abbiamo nient’altro.
In tal modo, in realtà noi rafforziamo la nostra morte culturale e spirituale. Nel mondo musulmano attuale, il concetto di tradizione suggerisce in pratica un ritorno agli usi del 7° secolo, che vengono sacralizzati. Ci si ferma agli aspetti esteriori: la barba, il velo o il niqab, il miswak (una specie di lungo stuzzicadenti, preso da una radice usata dal profeta dell’islam), la lunga tunica bianca, ecc…
Al contrario i cristiani (soprattutto nel mondo occidentale) tendono a rifiutare la tradizione. Alcuni pensano che per essere moderni bisogna dimenticare il passato, rifiutarlo. Il rischio è di perdere le proprie radici e l’autenticità: è il pericolo che io constato in Europa. Questa situazione può spingere alcuni a divenire tradizionalisti, a barricarsi su alcuni dettagli (per esempio il latino della messa, la veste, ecc…). Lo sviluppo degli adepti di mons. Lefebvre è parallelo allo sviluppo del rifiuto della tradizione.
La questione non è dunque solo propria al mondo musulmano, anche se oggi essa è più visibile e più vissuta nel mondo musulmano.
2. La paura della modernità che appare anti-religiosa
Una causa evidente di questo atteggiamento è anche la paura della modernità. È quanto si contata nel mondo arabo. La modernità di oggi proviene dall’occidente; nel 9° -11° secolo proveniva dal mondo musulmano.
Oggi l’occidente fa paura e repulsione a causa del suo allontanamento dalla religione e della diffusa secolarizzazione. Di colpo la modernità appare a molti musulmani come una nuova Jâhiliyyah (ignoranza, termine usato nel Corano per i miscredenti), che il Corano e il profeta dell’islam combattono con veemenza. La modernità è un neo-paganesimo.
Di conseguenza, molti musulmani si rifugiano nel passato e nella religione che ad essi appare come capace di offrire valori sicuri e durevoli e comportamenti sicuri. In questo modo a tutt’oggi si è sacralizzato il periodo dei primi quattro califfi (i successori di Maometto), che vengono definiti i “califfi ben guidati” (al-khulafâ’ al-râshidîn) : Abū Bakr il giusto (al-Siddîq) (632-634), ‘Umar Ibn al-Khattâb (634-644), ‘Uthman Ibn ‘Affân (644-656) e ‘Ali Ibn Abî Tâlib (656-661). Questo periodo (dal 632 al 661) è una specie di epoca paradisiaca.
Ciò rappresenta un grave pericolo perchè il paradiso, il modello da imitare e riprodurre, è allora dietro di noi, e non davanti a noi, verso il quale noi tendiamo.
Da notare che, eccetto il primo califfo, gli altri tre sono tutti morti assassinati. ‘Umar è morto assassinato il 4 novembre 644; ‘Uthman nel 656, ‘Ali nel gennaio 661 per mano dei Kharigiti.
Se vogliamo rinnovare l’islam, occorre accettare la sfida che il mondo moderno lancia a tutte le religioni: ebraismo, cristianesimo, islam e le altre. Il cristianesimo (soprattutto in occidente) deve affrontare ogni giorno questa situazione: se si ripiega sul passato, morirà. È lo stesso per l’islam. Più di frequente il mondo musulmano preferisce rinviare il problema a più tardi e questo rende solo più difficile la soluzione.
D’altra parte, non si tratta di adottare ogni novità senza discernimento, solo perché esse sono novità. Il discernimento si impone ed è la condizione per la sopravvivenza.
3. Conclusione (continua a leggere)
| Tweet |

Nicolò Renna, chitarrista palermitano, sbanca il web con il suo singolo Breathing. Lo abbiamo incontrato a Palermo. L'intervista di Paolo A.Magrì
Domenico Fioravanti, la Leggenda di Sydney 2000. Una vita da rincorrere a bracciate.Il ranista, prima medaglia d’oro azzurra alle Olimpiadi di Sydney 2000, intervistato da Emanuela Biancardi.
"L'intelligenza umana è la nostra principale risorsa". Parla Ermete Realacci, tra attivismo e sfide economiche
mons. Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara, intervistato per LPL News 24 da Patrizio Ricci su politica europea ed immigrazione.
Max Cavallari della coppia 'I Fichi d'India', intervistato per LPL News 24 da Emanuela Biancardi.
Laura Efrikian, Attrice, scrittrice, promotrice di 'Laura For Afrika', intervistata per LPL News 24 da Emanuela Biancardi.
Patty Pravo festeggia cinquant’anni di successi intramotabili nel mondo della musica, tirando fuori ancora una volta pezzi da ‘90. Intervista di S. Santullo
Sergio Caputo celebra i trent’anni di “ Un Sabato Italiano”, con un nuovo omonimo album. Intervista a Sergio Caputo, di Simona Santullo
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.