Al via oggi a Roma il terzo Forum Mondiale dei popoli indigeni.
Radio Vaticana - L’incontro è nella sede dell’Ifad, l’agenzia dell’Onu per lo sviluppo agricolo. I rappresentanti di 30 popoli autoctoni si ritrovano, fino a lunedì, a discutere di comunità, risorse, sviluppo, mentre anche stand di prodotti tipici ricordano l’importanza di sostenere culture e tradizioni particolari. Il servizio di Fausta Speranza: ascolta
Lo chiamano “supporto integrale”: è il tipo di aiuto che le comunità indigene chiedono al resto del mondo e che, a ben guardare, può essere motivo di profonda riflessione per tutti. Significa, infatti, non considerare solo gli indici economici ma tutto ciò che rende migliore una comunità e una società, a partire da un sano rapporto tra generazioni e dall’attenzione all’ambiente. E’ quanto si legge nei documenti di base del terzo Forum mondiale dei popoli indigeni, a 10 anni dalla Dichiarazione dell’Onu sui diritti di questa fetta di popolazione mondiale.
Antonella Cordone, responsabile dell’Ufficio dedicato ai popoli indigeni dell’Ifad:
“Negli articoli della Dichiarazione, i popoli richiedono un’effettiva partecipazione nei processi che riguardano lo sviluppo nei loro territori”.
Pacifico, Asia, Caraibi, America Latina: da tutte queste macro-regioni del mondo arrivano i rappresentanti di 30 popolazioni indigene. Non sorprende che sia l’agenzia per lo sviluppo agricolo dell’Onu a promuovere l’incontro, se si pensa che nella maggior parte dei casi è la terra la prima risorsa per queste popolazioni. E la terra, infatti, è anche la prima rivendicazione: basti pensare alle tribù dell’Amazzonia. Ma sono tanti, i popoli indigeni rappresentati a Roma. Ancora Antonella Cordone:
“I pastori Masai, i popoli Maya dell’America Latina; abbiamo i rappresentanti dei popoli Igorot delle Filippine; i Baka, definiti più comunemente come i pigmei; i cacciatori delle foreste, i raccoglitori delle foreste”.
Nei documenti in discussione in questi giorni si legge che i popoli indigeni chiedono il rispetto del loro diritto all’accesso alle risorse e chiedono che debba passare attraverso il loro consenso qualunque decisione significativa che governi e multinazionali prendano sui territori che li interessano. E colpisce l’invito a dare spazio alle esigenze dei giovani e delle donne:
“Che si abbia un approccio integrale, un approccio olistico, che integri la dimensione sociale, la dimensione spirituale, la dimensione ambientale, secondo le loro conoscenze tradizionali. Un altro aspetto fondamentale è il trasferimento di questi saperi tra gli anziani e i giovani: che possano diventare importanti realtà economiche”.
Fa pensare tutto il capitolo dedicato alla reciprocità sociale. Ancora Antonella Cordone:
“Reciprocità sociale ma anche solidale; reciprocità che per loro include non soltanto gli esseri umani, ma include la madre terra, include le risorse che la terra mette a disposizione dell’umanità, e che devono essere utilizzate in maniera sostenibile. Perché, come appunto loro dicono, noi le prendiamo in prestito dalle generazioni successive. Un approccio solidale reciproco con la natura, in cui le risorse non debbano essere sfruttate finché si esauriscono con la nostra generazione, ma debbano essere preservate e nutrite, per poterle passare poi alle generazioni successive”.
Radio Vaticana - L’incontro è nella sede dell’Ifad, l’agenzia dell’Onu per lo sviluppo agricolo. I rappresentanti di 30 popoli autoctoni si ritrovano, fino a lunedì, a discutere di comunità, risorse, sviluppo, mentre anche stand di prodotti tipici ricordano l’importanza di sostenere culture e tradizioni particolari. Il servizio di Fausta Speranza: ascolta
Lo chiamano “supporto integrale”: è il tipo di aiuto che le comunità indigene chiedono al resto del mondo e che, a ben guardare, può essere motivo di profonda riflessione per tutti. Significa, infatti, non considerare solo gli indici economici ma tutto ciò che rende migliore una comunità e una società, a partire da un sano rapporto tra generazioni e dall’attenzione all’ambiente. E’ quanto si legge nei documenti di base del terzo Forum mondiale dei popoli indigeni, a 10 anni dalla Dichiarazione dell’Onu sui diritti di questa fetta di popolazione mondiale.
Antonella Cordone, responsabile dell’Ufficio dedicato ai popoli indigeni dell’Ifad:
“Negli articoli della Dichiarazione, i popoli richiedono un’effettiva partecipazione nei processi che riguardano lo sviluppo nei loro territori”.
Pacifico, Asia, Caraibi, America Latina: da tutte queste macro-regioni del mondo arrivano i rappresentanti di 30 popolazioni indigene. Non sorprende che sia l’agenzia per lo sviluppo agricolo dell’Onu a promuovere l’incontro, se si pensa che nella maggior parte dei casi è la terra la prima risorsa per queste popolazioni. E la terra, infatti, è anche la prima rivendicazione: basti pensare alle tribù dell’Amazzonia. Ma sono tanti, i popoli indigeni rappresentati a Roma. Ancora Antonella Cordone:
“I pastori Masai, i popoli Maya dell’America Latina; abbiamo i rappresentanti dei popoli Igorot delle Filippine; i Baka, definiti più comunemente come i pigmei; i cacciatori delle foreste, i raccoglitori delle foreste”.
Nei documenti in discussione in questi giorni si legge che i popoli indigeni chiedono il rispetto del loro diritto all’accesso alle risorse e chiedono che debba passare attraverso il loro consenso qualunque decisione significativa che governi e multinazionali prendano sui territori che li interessano. E colpisce l’invito a dare spazio alle esigenze dei giovani e delle donne:
“Che si abbia un approccio integrale, un approccio olistico, che integri la dimensione sociale, la dimensione spirituale, la dimensione ambientale, secondo le loro conoscenze tradizionali. Un altro aspetto fondamentale è il trasferimento di questi saperi tra gli anziani e i giovani: che possano diventare importanti realtà economiche”.
Fa pensare tutto il capitolo dedicato alla reciprocità sociale. Ancora Antonella Cordone:
“Reciprocità sociale ma anche solidale; reciprocità che per loro include non soltanto gli esseri umani, ma include la madre terra, include le risorse che la terra mette a disposizione dell’umanità, e che devono essere utilizzate in maniera sostenibile. Perché, come appunto loro dicono, noi le prendiamo in prestito dalle generazioni successive. Un approccio solidale reciproco con la natura, in cui le risorse non debbano essere sfruttate finché si esauriscono con la nostra generazione, ma debbano essere preservate e nutrite, per poterle passare poi alle generazioni successive”.
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