“E’ un passo avanti verso la giustizia. Speriamo e auspichiamo che sia fatta giustizia in un caso che ha sconvolto la comunità cristiana in Pakistan”
Radio Vaticana - Così padre Waseem Walter, direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan, commenta all’agenzia Fides la notizia che un tribunale antiterrorismo ha incriminato ufficialmente 106 persone per l'omicidio di una coppia cristiana, Shahzad e Shama Masih, linciati e bruciati vivi dopo essere stati accusati di blasfemia a novembre del 2014 nella città di Kot Radha Kishan, in Punjab.
Tre capi religiosi delle moschee locali sono accusati di aver istigato la folla I due avevano quattro figli e Shama era incinta.
Sono stati segregati, percossi e bruciati in un forno di mattoni da un folla di musulmani che li accusavano di aver bruciato pagine del Corano. L'incidente suscitò l'indignazione internazionale. Secondo la ricostruzione basata su alcune testimonianze acquisite dal tribunale, tre capi religiosi delle moschee locali sono accusati di aver istigato una folla di circa 400 musulmani a linciare i due coniugi, dopo aver rinvenuto alcune pagine del Corano bruciate nei pressi della loro abitazione. La folla avrebbe chiesto a Masih e alla moglie di convertirsi all'islam o di affrontare le conseguenze di un’azione di blasfemia. I due si sono rifiutati. Sono stati rinchiusi e sequestrati per una notte, poi dati in pasto alla folla che li ha uccisi.
Un passo fondamentale per mostrare che la giustizia in Pakistan è uguale per tutti
Le 106 persone accusate ieri sono state condotte dinanzi al giudice di Lahore fra rigorose misure di sicurezza. Si ritiene che altri 32 sospetti siano ancora a piede libero. Il tribunale ha confermato l’incriminazione per l'omicidio. Non tutti si sono dichiarati colpevoli. Secondo la polizia, oltre ai tre imam Mohammad Hussain, Arshad Baloch e Noorul Hassan, anche Yousaf Gujjar, il padrone della fornace di mattoni, ha incitato la folla. Come appreso da Fides, gli avvocati cristiani ritengono questo processo un passo fondamentale per mostrare che la giustizia in Pakistan è uguale per tutti e non fa discriminazioni quando le vittime appartengono alle minoranze religiose. (P.A.)
Radio Vaticana - Così padre Waseem Walter, direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan, commenta all’agenzia Fides la notizia che un tribunale antiterrorismo ha incriminato ufficialmente 106 persone per l'omicidio di una coppia cristiana, Shahzad e Shama Masih, linciati e bruciati vivi dopo essere stati accusati di blasfemia a novembre del 2014 nella città di Kot Radha Kishan, in Punjab.
Tre capi religiosi delle moschee locali sono accusati di aver istigato la folla I due avevano quattro figli e Shama era incinta.
Sono stati segregati, percossi e bruciati in un forno di mattoni da un folla di musulmani che li accusavano di aver bruciato pagine del Corano. L'incidente suscitò l'indignazione internazionale. Secondo la ricostruzione basata su alcune testimonianze acquisite dal tribunale, tre capi religiosi delle moschee locali sono accusati di aver istigato una folla di circa 400 musulmani a linciare i due coniugi, dopo aver rinvenuto alcune pagine del Corano bruciate nei pressi della loro abitazione. La folla avrebbe chiesto a Masih e alla moglie di convertirsi all'islam o di affrontare le conseguenze di un’azione di blasfemia. I due si sono rifiutati. Sono stati rinchiusi e sequestrati per una notte, poi dati in pasto alla folla che li ha uccisi.
Un passo fondamentale per mostrare che la giustizia in Pakistan è uguale per tutti
Le 106 persone accusate ieri sono state condotte dinanzi al giudice di Lahore fra rigorose misure di sicurezza. Si ritiene che altri 32 sospetti siano ancora a piede libero. Il tribunale ha confermato l’incriminazione per l'omicidio. Non tutti si sono dichiarati colpevoli. Secondo la polizia, oltre ai tre imam Mohammad Hussain, Arshad Baloch e Noorul Hassan, anche Yousaf Gujjar, il padrone della fornace di mattoni, ha incitato la folla. Come appreso da Fides, gli avvocati cristiani ritengono questo processo un passo fondamentale per mostrare che la giustizia in Pakistan è uguale per tutti e non fa discriminazioni quando le vittime appartengono alle minoranze religiose. (P.A.)
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