Il Marocco ha deciso di legalizzare – a determinate condizioni – l’interruzione volontaria di gravidanza. Una decisione giunta dopo due mesi di dibattito nazionale e consultazioni che hanno coinvolto la società civile come le istituzioni religiose.
Misna - Alla fine – secondo il quotidiano Al Ahdath al Maghrebiya – la legge emendata prevede la possibilità di ricorrere all’aborto solo in casi precisi e inderogabili, chre prevedono malformazioni del feto, stupro o incesto. Misure “insufficienti” secondo le associazioni femminili e della società civile, ma che, di fatto, introducono cambiamenti significativi in un paese musulmano, governato dalla maggioranza islamista del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Pjd).
Lo stesso sovrano Mohammed VI era intervenuto sull’argomento, chiedendo ai rappresentanti politici e al Consiglio superiore degli ulema una legge capace di contrastare il fenomeno diffuso degli aborti clandestini, documentato da un servizio del canale satellitare France 2, diffuso a dicembre 2014, che ha contribuito ad alimentare il dibattito nel paese.
Finora, in Marocco, l’aborto era punito da uno a cinque anni di carcere, tranne nel caso in cui la gravidanza comportasse un rischio di vita per la madre.
Secondo Najwa Koukous dell’associazione Bayt Al Hikmabisogna andare oltre: “La donna dev’essere libera di disporre del proprio corpo. È lei che ne paga tutto il prezzo. Se una madre non vuole il proprio figlio, immaginate come quest’ultimo può essere cresciuto. Bisogna riconoscere che esistono delle relazioni extramatrimoniali e che possono portare a gravidanze indesiderate. Bisogna sollevare il velo dell’ipocrisia”.
Misna - Alla fine – secondo il quotidiano Al Ahdath al Maghrebiya – la legge emendata prevede la possibilità di ricorrere all’aborto solo in casi precisi e inderogabili, chre prevedono malformazioni del feto, stupro o incesto. Misure “insufficienti” secondo le associazioni femminili e della società civile, ma che, di fatto, introducono cambiamenti significativi in un paese musulmano, governato dalla maggioranza islamista del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Pjd).
Lo stesso sovrano Mohammed VI era intervenuto sull’argomento, chiedendo ai rappresentanti politici e al Consiglio superiore degli ulema una legge capace di contrastare il fenomeno diffuso degli aborti clandestini, documentato da un servizio del canale satellitare France 2, diffuso a dicembre 2014, che ha contribuito ad alimentare il dibattito nel paese.
Finora, in Marocco, l’aborto era punito da uno a cinque anni di carcere, tranne nel caso in cui la gravidanza comportasse un rischio di vita per la madre.
Secondo Najwa Koukous dell’associazione Bayt Al Hikmabisogna andare oltre: “La donna dev’essere libera di disporre del proprio corpo. È lei che ne paga tutto il prezzo. Se una madre non vuole il proprio figlio, immaginate come quest’ultimo può essere cresciuto. Bisogna riconoscere che esistono delle relazioni extramatrimoniali e che possono portare a gravidanze indesiderate. Bisogna sollevare il velo dell’ipocrisia”.
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