Il Signore affida ogni giorno alla Chiesa quanti sono afflitti nel corpo e nello spirito.
Radio Vaticana - E’ quanto affermato da Papa Francesco nell’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro dedicata al Sacramento dell’Unzione degli Infermi. Il Papa ha messo in guardia dalla ricerca ossessiva del miracolo nella pretesa di ottenere sempre la guarigione. Al momento dei saluti ai pellegrini, un pensiero speciale è andato dunque alle persone affette da malattie rare. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Il Sacramento dell’Unzione degli infermi “ci permette di toccare con mano la compassione di Dio per l’uomo”. Papa Francesco ha iniziato così la sua catechesi, sottolineando che l’unzione dei malati richiama immediatamente alla parabola del Buon Samaritano che si prende cura dell’uomo sofferente, versando sulle ferite olio e vino, per poi affidarlo all’albergatore:
“Ora, chi è questo albergatore? È la Chiesa, la comunità cristiana, siamo noi, ai quali ogni giorno il Signore Gesù affida coloro che sono afflitti, nel corpo e nello spirito, perché possiamo continuare a riversare su di loro, senza misura, tutta la sua misericordia e la sua salvezza”.
Il Papa ha soggiunto quindi che, fin dai tempi degli Apostoli, c’era questa prassi di pregare per i malati, ungendoli con olio nel nome del Signore:
“Gesù ha insegnato ai suoi discepoli ad avere la sua stessa predilezione per i malati e per i sofferenti e ha trasmesso loro la capacità e il compito di continuare ad elargire nel suo nome e secondo il suo cuore sollievo e pace, attraverso la grazia speciale di tale Sacramento. Questo però non ci deve fare scadere nella ricerca ossessiva del miracolo o nella presunzione di poter ottenere sempre e comunque la guarigione”.
Il Papa ha ribadito l’importanza della vicinanza di Gesù al malato, anche all’anziano, “perché ogni anziano, ogni persona di oltre 65 anni - ha rammentato - può ricevere questo Sacramento, è Gesù che si avvicina”:
“... quando uno è malato, si pensa: ‘Ma, chiamiamo il prete, il sacerdote perché venga’ – ‘No, no, ma poi porta mala fortuna, poi, no, non lo chiamiamo’, o ‘Poi si spaventerà, l’ammalato’… Perché? Perché c’è un po’ l’idea che, quando c’è un ammalato e viene il sacerdote, dopo di lui arrivano le pompe funebri: e quello non è vero! Il sacerdote viene per aiutare il malato o l’anziano: per questo è tanto importante la visita dei sacerdoti ai malati”.
Ecco perché il sacerdote deve essere chiamato dal malato, “perché è Gesù che arriva per sollevarlo, per dargli forza, per dargli speranza, per aiutarlo. Anche per perdonargli i peccati”. “E questo – ha detto – è bellissimo!”:
“E non pensiate che questo sia un tabù, perché sempre è bello sapere che nel momento del dolore e della malattia noi non siamo soli: il sacerdote e coloro che sono presenti durante l’Unzione degli infermi rappresentano infatti tutta la comunità cristiana che, come un unico corpo, con Gesù, si stringe attorno a chi soffre e ai familiari, alimentando in essi la fede e la speranza, e sostenendoli con la preghiera e il calore fraterno”.
Il conforto più grande, ha detto ancora, “deriva dal fatto che a rendersi presente nel Sacramento è lo stesso Signore Gesù, che ci prende per mano, ci accarezza come faceva con i malati”. Dopo la catechesi il Papa ha rivolto un pensiero speciale proprio alle persone affette da malattie rare in vista della Giornata a loro dedicata:
“…auspico che i pazienti e le loro famiglie siano adeguatamente sostenuti nel loro non facile percorso, sia a livello medico che legislativo”.
In Piazza San Pietro, gremita da 50 mila fedeli, anche tanti bambini che indossavano le maschere per Carnevale. Francesco ne ha baciati alcuni, tra cui uno con l’abito da Guardia Svizzera e perfino un piccolo vestito da Papa. Al momento dei saluti, il Pontefice ha dunque rivolto un saluto speciale ai comunicatori cattolici che partecipano al Congresso Signis, ai direttori delle radio cattoliche in Polonia giunti a Roma per gli esercizi spirituali. E ancora, alle delegazioni di Confedilizia, Confagricoltura e Associazione stampa romana.
Radio Vaticana - E’ quanto affermato da Papa Francesco nell’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro dedicata al Sacramento dell’Unzione degli Infermi. Il Papa ha messo in guardia dalla ricerca ossessiva del miracolo nella pretesa di ottenere sempre la guarigione. Al momento dei saluti ai pellegrini, un pensiero speciale è andato dunque alle persone affette da malattie rare. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Il Sacramento dell’Unzione degli infermi “ci permette di toccare con mano la compassione di Dio per l’uomo”. Papa Francesco ha iniziato così la sua catechesi, sottolineando che l’unzione dei malati richiama immediatamente alla parabola del Buon Samaritano che si prende cura dell’uomo sofferente, versando sulle ferite olio e vino, per poi affidarlo all’albergatore:
“Ora, chi è questo albergatore? È la Chiesa, la comunità cristiana, siamo noi, ai quali ogni giorno il Signore Gesù affida coloro che sono afflitti, nel corpo e nello spirito, perché possiamo continuare a riversare su di loro, senza misura, tutta la sua misericordia e la sua salvezza”.
Il Papa ha soggiunto quindi che, fin dai tempi degli Apostoli, c’era questa prassi di pregare per i malati, ungendoli con olio nel nome del Signore:
“Gesù ha insegnato ai suoi discepoli ad avere la sua stessa predilezione per i malati e per i sofferenti e ha trasmesso loro la capacità e il compito di continuare ad elargire nel suo nome e secondo il suo cuore sollievo e pace, attraverso la grazia speciale di tale Sacramento. Questo però non ci deve fare scadere nella ricerca ossessiva del miracolo o nella presunzione di poter ottenere sempre e comunque la guarigione”.
Il Papa ha ribadito l’importanza della vicinanza di Gesù al malato, anche all’anziano, “perché ogni anziano, ogni persona di oltre 65 anni - ha rammentato - può ricevere questo Sacramento, è Gesù che si avvicina”:
“... quando uno è malato, si pensa: ‘Ma, chiamiamo il prete, il sacerdote perché venga’ – ‘No, no, ma poi porta mala fortuna, poi, no, non lo chiamiamo’, o ‘Poi si spaventerà, l’ammalato’… Perché? Perché c’è un po’ l’idea che, quando c’è un ammalato e viene il sacerdote, dopo di lui arrivano le pompe funebri: e quello non è vero! Il sacerdote viene per aiutare il malato o l’anziano: per questo è tanto importante la visita dei sacerdoti ai malati”.
Ecco perché il sacerdote deve essere chiamato dal malato, “perché è Gesù che arriva per sollevarlo, per dargli forza, per dargli speranza, per aiutarlo. Anche per perdonargli i peccati”. “E questo – ha detto – è bellissimo!”:
“E non pensiate che questo sia un tabù, perché sempre è bello sapere che nel momento del dolore e della malattia noi non siamo soli: il sacerdote e coloro che sono presenti durante l’Unzione degli infermi rappresentano infatti tutta la comunità cristiana che, come un unico corpo, con Gesù, si stringe attorno a chi soffre e ai familiari, alimentando in essi la fede e la speranza, e sostenendoli con la preghiera e il calore fraterno”.
Il conforto più grande, ha detto ancora, “deriva dal fatto che a rendersi presente nel Sacramento è lo stesso Signore Gesù, che ci prende per mano, ci accarezza come faceva con i malati”. Dopo la catechesi il Papa ha rivolto un pensiero speciale proprio alle persone affette da malattie rare in vista della Giornata a loro dedicata:
“…auspico che i pazienti e le loro famiglie siano adeguatamente sostenuti nel loro non facile percorso, sia a livello medico che legislativo”.
In Piazza San Pietro, gremita da 50 mila fedeli, anche tanti bambini che indossavano le maschere per Carnevale. Francesco ne ha baciati alcuni, tra cui uno con l’abito da Guardia Svizzera e perfino un piccolo vestito da Papa. Al momento dei saluti, il Pontefice ha dunque rivolto un saluto speciale ai comunicatori cattolici che partecipano al Congresso Signis, ai direttori delle radio cattoliche in Polonia giunti a Roma per gli esercizi spirituali. E ancora, alle delegazioni di Confedilizia, Confagricoltura e Associazione stampa romana.
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