Settantacinque anni fa, esattamente il 19 novembre del 1938, il parlamento italiano, sotto il regime fascista, promulgava le Leggi razziali.
Radio Vaticana - Sulla reazione della Chiesa a questi provvedimenti persecutori nei confronti degli ebrei – e sulla figura del Pontefice di allora, Pio XII – Antonella Pilia ha sentito il gesuita padre Peter Gumpel, relatore della Causa di beatificazione di Papa Pacelli: ascolta
R. – Innanzitutto, si deve far presente che la Chiesa è sempre stata contro l’antisemitismo e non potrebbe essere diversamente, perché Gesù Cristo era ebreo, la Beatissima Vergine Maria era ebrea, gli Apostoli erano ebrei. La tradizione di tutta la Chiesa cattolica era quella di difendere gli ebrei contro le ingiuste persecuzioni. Pio XI dava ordine al cardinale Pacelli, suo segretario di Stato, di salvare quanti più ebrei possibili dalle persecuzioni: furono, per esempio, inviati messaggi a tutti le Nunziature nel mondo libero per ricevere gli ebrei perseguitati. Alcuni di essi furono presi direttamente al servizio della Santa Sede e questo naturalmente irritava molto Mussolini.
D. – A molti anni dalla morte di Pio XII, ancora si parla del suo silenzio…
R. – Ogni protesta pubblica contro Hitler era controproducente: aggravava la situazione dei perseguitati e questo è stato detto da tanti ebrei eruditi, dai migliori specialisti della Shoah. Martin Gilbert, ebreo convinto, ha detto che ogni protesta era perfettamente inutile. Quindi, Pio XII molto saggiamente non ha fatto questo, perché non era un uomo irresponsabile. Quello che, invece, Pio XII ha fatto, qui a Roma, in Italia e anche in Germania, è di dare rifugio: ha aperto i monasteri e ha persino dispensato la severissima legge che nei monasteri chiusi delle donne non potessero entrare degli uomini. Per me è un mistero come sia possibile ancora oggi, per esempio qui a Roma, continuare a mantenere quell’affermazione, secondo la quale non ha fatto niente. Questo è antistorico. La cosa è assolutamente chiara.
Radio Vaticana - Sulla reazione della Chiesa a questi provvedimenti persecutori nei confronti degli ebrei – e sulla figura del Pontefice di allora, Pio XII – Antonella Pilia ha sentito il gesuita padre Peter Gumpel, relatore della Causa di beatificazione di Papa Pacelli: ascolta
R. – Innanzitutto, si deve far presente che la Chiesa è sempre stata contro l’antisemitismo e non potrebbe essere diversamente, perché Gesù Cristo era ebreo, la Beatissima Vergine Maria era ebrea, gli Apostoli erano ebrei. La tradizione di tutta la Chiesa cattolica era quella di difendere gli ebrei contro le ingiuste persecuzioni. Pio XI dava ordine al cardinale Pacelli, suo segretario di Stato, di salvare quanti più ebrei possibili dalle persecuzioni: furono, per esempio, inviati messaggi a tutti le Nunziature nel mondo libero per ricevere gli ebrei perseguitati. Alcuni di essi furono presi direttamente al servizio della Santa Sede e questo naturalmente irritava molto Mussolini.
D. – A molti anni dalla morte di Pio XII, ancora si parla del suo silenzio…
R. – Ogni protesta pubblica contro Hitler era controproducente: aggravava la situazione dei perseguitati e questo è stato detto da tanti ebrei eruditi, dai migliori specialisti della Shoah. Martin Gilbert, ebreo convinto, ha detto che ogni protesta era perfettamente inutile. Quindi, Pio XII molto saggiamente non ha fatto questo, perché non era un uomo irresponsabile. Quello che, invece, Pio XII ha fatto, qui a Roma, in Italia e anche in Germania, è di dare rifugio: ha aperto i monasteri e ha persino dispensato la severissima legge che nei monasteri chiusi delle donne non potessero entrare degli uomini. Per me è un mistero come sia possibile ancora oggi, per esempio qui a Roma, continuare a mantenere quell’affermazione, secondo la quale non ha fatto niente. Questo è antistorico. La cosa è assolutamente chiara.
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