Vescovi, sacerdoti, suore e laici di tutto il Paese chiedono al governo guidato da Park Geun-hye di aprire una “vera indagine” sulle “attività criminali del Servizio nazionale di Intelligence”. Il Nis è accusato di aver manipolato le elezioni presidenziali dello scorso dicembre e di vendere i segreti del Paese in cambio di commesse economiche. Il vescovo di Suwon: “Il clima sembra quello della dittatura che abbiamo già sconfitto”.
Asianews - Un regno senza giustizia "è solo un furto. Siamo davanti a cose che non sono mai accadute nella storia del nostro governo, almeno da quando è divenuto un governo costituzionale. La nostra politica sembra essere tornata a quella degli anni '70. Ma oggi come allora noi non staremo a guardare". Citando Sant'Agostino, il vicario generale della diocesi di Suwon mons. Lino Lee Seong-hyo ha chiuso la "messa di emergenza" che si è svolta nella cattedrale cittadina Jeongja per protestare contro le ingerenze e i brogli commessi dalla Commissione nazionale di intelligence (Nis, i servizi segreti di Seoul). Alla cerimonia erano presenti circa 100 sacerdoti e più di 600 fedeli. Prima della funzione eucaristica è stato presentato il Manifesto cattolico, redatto e firmato da centinaia di sacerdoti e religiose di tutto il Paese, che denuncia l'atteggiamento del Nis. Nel testo si legge che proprio i servizi segreti "sono intervenuti per falsare le elezioni presidenziali di dicembre [vinte per un soffio da Park Geun-hye, candidata conservatrice e figlia dell'ex dittatore Park ai danni del cattolico Moon Jae-in ndr] e continuano a ingerire in maniera insopportabile nella politica nazionale".
Secondo i firmatari, "anche il Partito al governo, i conservatori del Saenuri, ha approfittato di queste ingerenze per rendere pubbliche alcune trascrizioni degli incontri inter-coreani, che invece il nostro Paese aveva promesso di tenere segreti, e per vendere documenti sensibili in cambio di un tornaconto economico. Il presidente Park deve aprire un'inchiesta onesta e fare in modo che i colpevoli siano puniti, garantendo inoltre che casi del genere non si ripeteranno mai più".
Il Manifesto è stato poi consegnato a tutti i fedeli a nome della diocesi di Suwon. Anche le arcidiocesi di Busan, Musan e Gwangju - insieme alle diocesi di Incheon e Jeonju - hanno sottoscritto l'appello. Il Segretario esecutivo della Conferenza episcopale, padre Taddeo Lee Ki-rak, e la Commissione Giustizia e Pace hanno inviato un messaggio in cui scrivono: "La Chiesa è chiamata a intervenire per un motivo molto importante, ovvero mantenere la fiducia del popolo nel suo governo. Si tratta di una questione morale fondamentale".
Il vescovo di Suwon, mons. Mattia Ri Iong-hoon, ha poi detto ai fedeli: "Siamo davanti a un presidente e un Parlamento irresponsabili, che a loro volta si appoggiano ai colossi dell'informazione nazionale per distorcere l'opinione pubblica e fare finta che tutto vada bene. Mi appello proprio al presidente Park: si confronti con il Nis e chieda loro conto di quello di cui li stiamo accusando. Non si può pensare che facciano pulizia da soli, visto che non sono più in grado di farlo".
La questione non ha sconvolto soltanto la Chiesa cattolica. Nelle ultime settimane si sono svolte sette veglie a lume di candela davanti agli uffici nazionali del Saenuri a Seoul per chiedere "giustizia e verità". Ad esse hanno preso parte sindacati, partiti di opposizione e funzionari statali di ogni grado. Anche i buddisti della setta won hanno indetto uno "sciopero della fame" a intermittenza fra i propri monaci "fino a che non si saprà la verità".
Secondo i firmatari, "anche il Partito al governo, i conservatori del Saenuri, ha approfittato di queste ingerenze per rendere pubbliche alcune trascrizioni degli incontri inter-coreani, che invece il nostro Paese aveva promesso di tenere segreti, e per vendere documenti sensibili in cambio di un tornaconto economico. Il presidente Park deve aprire un'inchiesta onesta e fare in modo che i colpevoli siano puniti, garantendo inoltre che casi del genere non si ripeteranno mai più".
Il Manifesto è stato poi consegnato a tutti i fedeli a nome della diocesi di Suwon. Anche le arcidiocesi di Busan, Musan e Gwangju - insieme alle diocesi di Incheon e Jeonju - hanno sottoscritto l'appello. Il Segretario esecutivo della Conferenza episcopale, padre Taddeo Lee Ki-rak, e la Commissione Giustizia e Pace hanno inviato un messaggio in cui scrivono: "La Chiesa è chiamata a intervenire per un motivo molto importante, ovvero mantenere la fiducia del popolo nel suo governo. Si tratta di una questione morale fondamentale".
Il vescovo di Suwon, mons. Mattia Ri Iong-hoon, ha poi detto ai fedeli: "Siamo davanti a un presidente e un Parlamento irresponsabili, che a loro volta si appoggiano ai colossi dell'informazione nazionale per distorcere l'opinione pubblica e fare finta che tutto vada bene. Mi appello proprio al presidente Park: si confronti con il Nis e chieda loro conto di quello di cui li stiamo accusando. Non si può pensare che facciano pulizia da soli, visto che non sono più in grado di farlo".
La questione non ha sconvolto soltanto la Chiesa cattolica. Nelle ultime settimane si sono svolte sette veglie a lume di candela davanti agli uffici nazionali del Saenuri a Seoul per chiedere "giustizia e verità". Ad esse hanno preso parte sindacati, partiti di opposizione e funzionari statali di ogni grado. Anche i buddisti della setta won hanno indetto uno "sciopero della fame" a intermittenza fra i propri monaci "fino a che non si saprà la verità".
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