“Lumen fidei”, “La luce della fede”: si intitola così la prima Enciclica di Papa Francesco, pubblicata oggi. Indirizzata a vescovi, presbiteri, diaconi, consacrati e a tutti i fedeli laici, e suddivisa in quattro capitoli, l’Enciclica – spiega Papa Francesco – era già stata “quasi completata” da Benedetto XVI. A quella “prima stesura” l’attuale Pontefice ha aggiunto “ulteriori contributi”. Obiettivo del documento è recuperare il carattere di luce proprio della fede, capace di illuminare tutta l’esistenza umana. Il servizio di Isabella Piro:
Radio Vaticana - Chi crede, vede. Chi crede, non è mai solo, perché la fede è un bene per tutti, un bene comune che aiuta a distinguere il bene dal male, a edificare le nostre società, donando speranza. È questo il cuore della Lumen fidei: quello di una fede che non separa l’uomo dalla realtà, ma lo aiuta a coglierne il significato più profondo. In un’epoca come quella moderna- scrive il Papa- in cui il credere si oppone al cercare e la fede è vista come un’illusione, un salto nel vuoto che impedisce la libertà dell’uomo, è importante fidarsi ed affidarsi, umilmente e con coraggio, all’amore misericordioso di Dio che raddrizza le storture della nostra storia.
Testimone affidabile della fede è Gesù, attraverso il quale Dio opera veramente nella storia. Chi crede in Gesù non solo guarda a Lui, ma anche dal Suo punto di vista. E come nella vita quotidiana ci affidiamo all’architetto, al farmacista, all’avvocato, che conoscono le cose meglio di noi, così per la fede ci affidiamo a Gesù, esperto nelle cose di Dio, colui che ci spiega Dio. La fede non è un fatto privato- sottolinea il Pontefice- perché si confessa all’interno della Chiesa, come comunione concreta dei credenti. E in questo modo, l’esistenza credente diventa esistenza ecclesiale.
Quindi, il Papa dimostra lo stretto legame tra fede, verità e amore, quelle affidabili di Dio. La fede senza verità non salva –dice il Pontefice- Resta solo una bella fiaba, soprattutto oggi in cui si vive una crisi di verità a causa di una cultura che crede solo alla tecnologia o alle verità del singolo, a vantaggio dell’individuo e non del bene comune. Il grande oblio del mondo contemporaneo- evidenzia il Papa- è il rifiuto della verità grande, è il dimenticare la domanda su Dio, perché si teme il fanatismo e si preferisce il relativismo. Al contrario, la fede non è intransigente, il credente non è arrogante perché la verità che deriva dall’amore di Dio non si impone con la violenza e non schiaccia il singolo. Per questo è possibile il dialogo tra fede e ragione: innanzitutto, perché la fede risveglia il senso critico ed allarga gli orizzonti della ragione; in secondo luogo, perché Dio è luminoso e può essere trovato anche dai non credenti che lo cercano con cuore sincero. Chi si mette in cammino per praticare il bene- sottolinea il Papa- si avvicina già a Dio.
Altro punto essenziale della Lumen fidei è l’evangelizzazione: chi si è aperto all’amore di Dio- dice il Pontefice- non può tenere questo dono solo per sé. Come una fiamma si accende dall’altra, così la luce di Gesù brilla sul volto dei cristiani e si trasmette di generazione in generazione, attraverso i testimoni della fede. È forte, quindi, il legame tra fede e memoria, perché l’amore di Dio tiene uniti tutti i tempi e ci rende contemporanei a Gesù.
C’è, però, un mezzo speciale con cui la fede può trasmettersi: sono i Sacramenti. Innanzitutto, il Battesimo, che ci ricorda che la fede deve essere ricevuta, in comunione ecclesiale, perché nessuno battezza se stesso, e che mette in risalto la sinergia tra la Chiesa e la famiglia, nella trasmissione della fede. Poi, l’Eucaristia, nutrimento prezioso della fede che ci insegna a vedere la profondità del reale. E ancora, la confessione di fede del Credo e la preghiera del Padre Nostro, che coinvolgono il credente nelle verità che confessa e lo fanno vedere con gli occhi di Cristo. Infine, i Dieci Comandamenti, che non sono un insieme di precetti negativi, ma indicazioni concrete per entrare in dialogo con Dio. La fede è una, sottolinea ancora il Papa, e l’unità della fede è l’unità della Chiesa.
Nel suo ultimo capitolo, la Lumen fidei spiega il legame tra il credere e il costruire il bene comune: la fede, che nasce dall’amore di Dio, rende saldi i vincoli tra gli uomini e si pone al servizio della giustizia, del diritto, della pace. Essa non allontana dal mondo, scrive il Papa, anzi: se la togliamo dalle nostre città, perdiamo la fiducia tra noi e restiamo uniti solo per paura o per interesse. Sono tanti, invece, gli ambiti illuminati dalla fede: la famiglia fondata sul matrimonio, inteso come unione stabile tra uomo e donna; il mondo dei giovani che desiderano ”una vita grande” e ai quali “l’incontro con Cristo dona una speranza solida che non delude”. “La fede non è un rifugio per gente senza coraggio- afferma il Pontefice- ma la dilatazione della vita” e in quest’ambito le GMG permettono ai giovani di mostrare la gioia della fede e l’impegno a viverla in modo saldo e generoso.
La fede illumina anche la natura, ci aiuta a rispettarla, a “trovare modelli di sviluppo che non si basino solo sull’utilità o sul profitto, ma che considerino il creato come un dono”; ci insegna ad individuare forme giuste di governo, in cui l’autorità viene da Dio ed è a servizio del bene comune; ci offre la possibilità del perdono che porta a superare i conflitti. “Quando la fede viene meno, c’è il rischio che anche i fondamenti del vivere vengano meno”, ricorda il Papa. Per questo, non dobbiamo vergognarci di confessare pubblicamente Dio, in quanto la fede illumina tutto il vivere sociale.
Anche la sofferenza e la morte ricevono un senso dall’affidarsi a Dio, scrive il Pontefice: all’uomo che soffre il Signore non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua presenza che accompagna. In questo senso, la fede è congiunta alla speranza. E qui il Papa lancia un appello: “Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino”. L’Enciclica si conclude, quindi, con una preghiera a Maria, “icona perfetta” della fede, affinché ci insegni a guardare con gli occhi di Gesù.
Radio Vaticana - Chi crede, vede. Chi crede, non è mai solo, perché la fede è un bene per tutti, un bene comune che aiuta a distinguere il bene dal male, a edificare le nostre società, donando speranza. È questo il cuore della Lumen fidei: quello di una fede che non separa l’uomo dalla realtà, ma lo aiuta a coglierne il significato più profondo. In un’epoca come quella moderna- scrive il Papa- in cui il credere si oppone al cercare e la fede è vista come un’illusione, un salto nel vuoto che impedisce la libertà dell’uomo, è importante fidarsi ed affidarsi, umilmente e con coraggio, all’amore misericordioso di Dio che raddrizza le storture della nostra storia.
Testimone affidabile della fede è Gesù, attraverso il quale Dio opera veramente nella storia. Chi crede in Gesù non solo guarda a Lui, ma anche dal Suo punto di vista. E come nella vita quotidiana ci affidiamo all’architetto, al farmacista, all’avvocato, che conoscono le cose meglio di noi, così per la fede ci affidiamo a Gesù, esperto nelle cose di Dio, colui che ci spiega Dio. La fede non è un fatto privato- sottolinea il Pontefice- perché si confessa all’interno della Chiesa, come comunione concreta dei credenti. E in questo modo, l’esistenza credente diventa esistenza ecclesiale.
Quindi, il Papa dimostra lo stretto legame tra fede, verità e amore, quelle affidabili di Dio. La fede senza verità non salva –dice il Pontefice- Resta solo una bella fiaba, soprattutto oggi in cui si vive una crisi di verità a causa di una cultura che crede solo alla tecnologia o alle verità del singolo, a vantaggio dell’individuo e non del bene comune. Il grande oblio del mondo contemporaneo- evidenzia il Papa- è il rifiuto della verità grande, è il dimenticare la domanda su Dio, perché si teme il fanatismo e si preferisce il relativismo. Al contrario, la fede non è intransigente, il credente non è arrogante perché la verità che deriva dall’amore di Dio non si impone con la violenza e non schiaccia il singolo. Per questo è possibile il dialogo tra fede e ragione: innanzitutto, perché la fede risveglia il senso critico ed allarga gli orizzonti della ragione; in secondo luogo, perché Dio è luminoso e può essere trovato anche dai non credenti che lo cercano con cuore sincero. Chi si mette in cammino per praticare il bene- sottolinea il Papa- si avvicina già a Dio.
Altro punto essenziale della Lumen fidei è l’evangelizzazione: chi si è aperto all’amore di Dio- dice il Pontefice- non può tenere questo dono solo per sé. Come una fiamma si accende dall’altra, così la luce di Gesù brilla sul volto dei cristiani e si trasmette di generazione in generazione, attraverso i testimoni della fede. È forte, quindi, il legame tra fede e memoria, perché l’amore di Dio tiene uniti tutti i tempi e ci rende contemporanei a Gesù.
C’è, però, un mezzo speciale con cui la fede può trasmettersi: sono i Sacramenti. Innanzitutto, il Battesimo, che ci ricorda che la fede deve essere ricevuta, in comunione ecclesiale, perché nessuno battezza se stesso, e che mette in risalto la sinergia tra la Chiesa e la famiglia, nella trasmissione della fede. Poi, l’Eucaristia, nutrimento prezioso della fede che ci insegna a vedere la profondità del reale. E ancora, la confessione di fede del Credo e la preghiera del Padre Nostro, che coinvolgono il credente nelle verità che confessa e lo fanno vedere con gli occhi di Cristo. Infine, i Dieci Comandamenti, che non sono un insieme di precetti negativi, ma indicazioni concrete per entrare in dialogo con Dio. La fede è una, sottolinea ancora il Papa, e l’unità della fede è l’unità della Chiesa.
Nel suo ultimo capitolo, la Lumen fidei spiega il legame tra il credere e il costruire il bene comune: la fede, che nasce dall’amore di Dio, rende saldi i vincoli tra gli uomini e si pone al servizio della giustizia, del diritto, della pace. Essa non allontana dal mondo, scrive il Papa, anzi: se la togliamo dalle nostre città, perdiamo la fiducia tra noi e restiamo uniti solo per paura o per interesse. Sono tanti, invece, gli ambiti illuminati dalla fede: la famiglia fondata sul matrimonio, inteso come unione stabile tra uomo e donna; il mondo dei giovani che desiderano ”una vita grande” e ai quali “l’incontro con Cristo dona una speranza solida che non delude”. “La fede non è un rifugio per gente senza coraggio- afferma il Pontefice- ma la dilatazione della vita” e in quest’ambito le GMG permettono ai giovani di mostrare la gioia della fede e l’impegno a viverla in modo saldo e generoso.
La fede illumina anche la natura, ci aiuta a rispettarla, a “trovare modelli di sviluppo che non si basino solo sull’utilità o sul profitto, ma che considerino il creato come un dono”; ci insegna ad individuare forme giuste di governo, in cui l’autorità viene da Dio ed è a servizio del bene comune; ci offre la possibilità del perdono che porta a superare i conflitti. “Quando la fede viene meno, c’è il rischio che anche i fondamenti del vivere vengano meno”, ricorda il Papa. Per questo, non dobbiamo vergognarci di confessare pubblicamente Dio, in quanto la fede illumina tutto il vivere sociale.
Anche la sofferenza e la morte ricevono un senso dall’affidarsi a Dio, scrive il Pontefice: all’uomo che soffre il Signore non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua presenza che accompagna. In questo senso, la fede è congiunta alla speranza. E qui il Papa lancia un appello: “Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino”. L’Enciclica si conclude, quindi, con una preghiera a Maria, “icona perfetta” della fede, affinché ci insegni a guardare con gli occhi di Gesù.
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